martedì 17 novembre 2015

Guatemala: arrestato Otto Pérez Molina

I primi giorni di settembre il giudice guatemalteco Gálvez ha ordinato l'arresto del ex-Presidente Otto Pérez Molina per corruzione.
L'inchiesta istruita dalla magistratura chiamata "La Línea" ha portato alla luce i comportamenti molto dubbi di Molina e della vicepresidente Baldetti, in carcere già da maggio, perché chiedevano compensi per milioni di dollari in cambio di impunità nei casi di evasione fiscale che vedevano protagoniste le maggiori imprese che operano nel paese.

Molina che è stato interrogato per molte ore ha sempre eluso le domande del giudice Gálvez ed si è proclamato innocente. 

La presidenza è stata affidata a Alejandro Maldonado che gestirà il periodo di transizione verso le elezioni di fine ottobre.

Le dimissioni di Molina sono state richieste dalla popolazione dopo che l'inchiesta aveva portato alla luce alcune sue responsabilità; per mesi i guatemaltechi hanno manifestato esigendo le dimissioni del Presidente ed una profonda riforma delle istituzioni. 

Il movimento popolare ha anche tentato di rimandare la prima chiamata alle urne per eleggere il nuovo Presidente fissata per il 6 settembre perché vi è un alto rischio di strumentalizzazione da parte delle oligarchie politico/economico del paese che mirano a cambiare volto del presidente ma non la politica.

mercoledì 4 novembre 2015

Le Maras in Honduras e El Salvador

In Honduras e ne El Salvador dopo un paio di anni di fragile tregua le Maras hanno ripreso vigore; i capi storici, quelli che avevano siglato la tregua, sono tutti in carcere e così i nuovi capi, a cui la tregua non è mai piaciuta, hanno preso vigore ed hanno ricominciato con gli scontri, estorsioni e le esecuzioni sommarie. 
Per risollevarsi le Maras hanno avuto necessità di denaro e dall'inizio del 2015 Ogni attività commerciale dei quartieri controlati da loro devono versare la "impuesto de guerra", chi non la onora muore crudelmente ( accoltellato, bruciato o torturato) per "educare" chi rimane.
Un caso emblematico è quello delle aziende dei trasporti di San Pedro Sula (Honduras) da cui i mareros riscuotono circa 10.000 dollari al mese oltre ai 20 dollari che gli autisti gli versano per arrivare a fine mese incolumi. 

Oramai chi vive nei quartieri governati dalle Maras l’unica maniera per sopravvivere è pagare, rivolgersi alla polizia per denunciare le violenze e le estorsioni non serve a niente, come è inutile l'invio periodico dell'esercito, stranamente nel periodo elettorale, per effettuare retate "pubblicitarie".

I dati resi pubblici dalle ONG raccontano che in Honduras, a causa delle maras, l'indice delle morti violente nel 2014 è uno dei più alti al mondo (68 su 100.000 abitanti) riferita alle zone non interessate da conflitti bellici. In El Salvador, dove opera la maras più violenta  MS 13 (Mara Salvatrucha) dalla fine della tregua l’indice degli omicidi nel è cresciuto notevolmente ed il progetto di smantellare le pandillas è fallito.
La pacificazione è fallita perché non sono stati accettati i mareros come attori nel dialogo con le istituzioni e così senza benefici, se non solo un regime carcerario più mite, i capi mareros non hanno più sostenuto e voluto la tregua.
Oltre a questo aspetto la guerra tra Maras e la violenza che la popolazione subisce permette ai Governi di promulgare leggi più autoritarie ed a spendere ingenti somme di denaro per armare gli eserciti e gestire l'emergenza; probabilmente vivere nell’emergenza rende alla politica.

venerdì 23 ottobre 2015

Uribe indagato per massacro di El Aro

La Sala di Giustizia e Pace del Tribunale Superiore di Medellínha ha aperto un'inchiesta a carico dell'ex presidente, Álvaro Uribe Vélez, per responsabilità e violazione dei diritti umani nel massacro perpetrato dai paramilitari a El Aro, un villaggio nel municipio di Ituango nel dipartimento di Antioquia. 
Il massacro risale al 22 ottobre del 1997 quando i paramilitari torturarono e uccisero oltre 15 persone, bruciarono alcune cascine, razziarono il villaggio e causarono il trasferimento forzato di centinaia di contadini; Uribe in quel periodo ricopriva il ruolo di governatore del dipartimento di Antioquia.

L'inchiesta che riguarda Uribe nasce lo scorso febbraio quando è stata letta la sentenza che ha condannato, l’ex capo paramilitare Ramiro "Cuco" Vanoy, per questo ed altri massacri, tutti avvenuti tra il 1995 ed il 1997. 
Le implicazione di Uribe nel massacro di El Aro emersero già a fine 2008 quando il paramilitare Francisco Villalba (detto "il professore degli squartatori") dichiarò che Uribe aveva ordinato l'intervento dei paramilitari ed aveva inviato un elicottero del governo per il trasporto dei paramilitari; l'elicottero fu visto sorvolare il villaggio di El Aro da numerosi cittadini durante il periodo in cui i paramilitari effettuarono l’incursione.
Nell'aprile del 2009, alcuni mesi dopo aver testimoniato, Villalba fu assassinato per evitare che continuasse a rendere pubblici i segreti tra paramilitari e politica e per questo motivo Ramiro “Cuco” Vanoy fu estradato a fine 2008 negli Stati Uniti.

Nel 2006 quando Uribe era governatore di Antioquia la Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha riconosciuto lo Stato colombiano corresponsabile del massacro, colpevole di omissione ed acquiescenza e di collaborazione da parte di membri della forza pubblica di Ituango.
Oggi, molti anni dopo, insieme alla condanna del CIDH, alle dichiarazioni dei condannati ed alle nuove testimonianze delle vittime del massacro emerse nel 2014 hanno spinto il Tribunale Superiore di Medellín ad aprire un'inchiesta su Uribe in quanto ex governatore del dipartimento di Antioquia e presunto mandante del massacro di El Aro.

mercoledì 7 ottobre 2015

Cile: Contreras è morto

E' morto Manuel Contreras, il generale cileno che ha diretto la polizia segreta di Pinochet, DINA, a cui il rapporto Rettig ha attribuito più di 1500 omicidi. Contreras ha sempre affermato di aver eseguito gli ordini impartitogli dal "presidente" Pinochete di aver operato nel pieno della legalità.
La sua ragione di vita era quella di "estirpare il marxismo dalla faccia della Terra" usando ogni mezzo dalle torture all'omicidio; sempre lui pianificò l'omicidio di Orlando Letelier ed insieme alla CIA quello del generale Prats, che non era sicuramente marxista.

Contreras era incarcerato dal 1995 quando gli comminarono una pena che nemmeno con dieci vite sarebbe riuscito a scontare; non si è mai pentito dei reati commessi o ordinati ma ha sempre rivendicando la legalità e la validità dei misfatti commessi, affermando che Villa Grimaldi non fu mai un centro di tortura, che la Dina non ha mai torturato nessuno, che i desaparecidos non esistono ma sono persone uccise in vari combattimenti e poi sepolte nel Cementerio General di Santiago ed infine che il golpe era indispensabile per salvare la patria. 
Il rapporto Rettig nel quale si elencano oltre 1500 persone uccise direttamente dalla Dina venne ritenuto da Contreras un documento pieno di menzogne; ha negato ogni fatto contestato in tribunale ed ogni evidenza creandosi la propria verità e rettitudine arrivando addirittura a chiedere i funerali con gli onori militari perché devoto servitore del suo Paese.

mercoledì 23 settembre 2015

Paraguay: inizia il processo per i fatti di Curuguaty

Il 22 luglio si è tenuta la prima udienza del nuovo processo per il massacro di Curuguaty avvenuto il 15 giugno 2012, quando più di trecento agenti di polizia in assetto anti-sommossa si scagliarono con violenza per sgomberare settanta campesinos che occupavano un terreno di Marina Kue. 
L’attacco della polizia contro l’asientamento di Marina Kue causò la morte di undici contadini e sei militari; gli accadimenti di Curuguaty furono il casus belli che la destra ( Colorados ) e l’oligarchia dei latifondisti aspettavano attaccare il presidente Fernando Lugo e destituirlo riappropriandosi della guida del Paraguay.

Le responsabilità delle violenze a Curuguaty sono incontrovertibili eppure dal giugno 2015 vi sono ancora sedici contadini agli arresti, perché accusati di essere i responsabili della morte dei sei poliziotti oltre all’accusa di occupazione indebita dei duemila ettari di terra di Marina Kue. Le terre occupate erano di proprietà della Marina paraguayana fino al 1990 anno in cui Blas Riquelme, imprenditore e senatore colorado, se ne impossessò arbitrariamente.
L’occupazione contadina spronare il presidente Fernando Lugo a promulgare una legge di riforma agraria in un paese dove il 2,5% della popolazione insieme alle multinazionali possiede l’85% della terra coltivabile. 

All'inizio dell'udienza è stato ricordato ciò che è accaduto a Vidal Vegas dove un contadino, che era tra i testimoni del massacro di Curuguaty, è stato assassinato da alcuni pistoleros che non andranno mai processo perché protetti dall'oligarchia latifondista e dal Governo la cui politica appoggia i grandi capitali e cerca di stroncare sul nascere ogni conflitto per la terra garantendo l’impunità dei pistoleros e di chi li finanzia.

domenica 6 settembre 2015

Imponenti manifestazioni in Guatemala/2

Il primo risultato delle imponenti manifestazioni del 25 aprile 2015 in Guatemala sono le dimissioni della vicepresidente del Guatemala, Roxana Baldetti che le ha rassegnate lo scorso 8 maggio.
I manifestanti chiedevano le dimissioni del presidente Otto Pérez Molina e della vicepresidente Baldetti perché accusati di corruzione e appropriazione indebita per una cifra che supera i 130 milioni di dollari e con l’aiuto della mafia.

Alle manifestazioni di piazza hanno partecipato persone di tutti gli strati sociali, non rappresentati dai partiti politici che erano totalmente assenti alle manifestazioni, uniti dall'indignazione per le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni del paese. 
Sono molti anni ormai che il potere politico ha stretto rapporti con le mafie e l’assenza dei partiti politici alle manifestazioni non è certo sorpresa; i due partiti principali del Guatemala, Libertad Democrática Renovada (Lider, di centrodestra), a cui appartiene anche il candidato presidenziale Manuel Baldizón, e Unidad Nacional de la Esperanza (Un, di centrosinistra) sono fortemente infiltrate dal narcotraffico e dalla mafia indi la loro credibilità nella lotta alla criminalità è pari a zero così come i giudici della Corte Suprema di Giustizia che indagheranno sulla ex-vicepresidente, Roxana Baldetti, appartengono ai due principali schieramenti politici del paese.

Le manifestazioni di aprile dovrebbero essere il primo passo per tentare di cambiare il clima di impunità che regna in Guatemala e riprendere la strada che porta a riprendere le indagini del genocidio e delitti di lesa umanità, durante la guerra civile, compiuti da torturatori di allora che oggi sono ancora nelle Forze armate e nei gruppi paramilitari. Un nuovo passo per il paese dovrebbe essere  l'applicazione degli accordi di pace come anche la fine dello sfruttamento ed esclusione sociale da parte della classe imprenditoriale che appoggia i due maggiori partiti politici.

Ad oggi le manifestazioni non hanno visto la partecipazione delle popolazioni indigene, fatto molto importante e preoccupante che sottolinea quanto si radicata l'esclusione delle comunità indigene alla vita sociale, ma si sono riviste le organizzazioni degli studenti universitari.
Altro fattore importante è la mancanza di gruppi politici di opposizione che non sono in grado di organizzare la protesta (anzi, preoccupa la linea settaria assunta dall’ex guerriglia della Urng e del suo braccio politico, il Maiz) e così l'unica speranza per intraprendere la via del rinnovamento in Guatemala è la nascita di un'organizzazione politica/sociale creata e "gestita" dai manifestanti dell'aprile 2015.

giovedì 27 agosto 2015

Imponenti manifestazioni in Guatemala/1

Il 25 aprile 2015 migliaia di guatemaltechi (indigeni, operai, professionisti, campesinos, gli operai e gli studenti delle università sia private che pubbliche) hanno manifestato per le strade di tutto il Paese ma anche in Messico, Cile, Costarica e Inghilterra chiedendo le dimissioni del presidente, Otto Pérez Molina, e della sua vice, Roxana Baldetti perché accusati di corruzione ed appropriazione indebita di circa 130 milioni di dollari di proprietà dello stato del Guatemala.

I manifestanti scesi in piazza chiedono le dimissioni del Presidente che dal giorno della sua elezione nel novembre 2011 ha soltanto soltanto usato la Presidenza per aumentare il proprio potere e le proprie ricchezze insieme a quelle degli imprenditori.
Le mobilitazioni in tutto il Paese ricordavano anche i massacri delle comunità maya avvenuti durante l’operazione Tierra Arrasada pianificata dall'allora presidente Rios Montt, gestita dall'allora generale Molina (detto "Mano Dura") ed appoggiata dalla classe imprenditoriale; nell'operazione l'esercito invase i villaggi indigeni che si opponevano all'estrazione mineraria a cielo aperto e alla costruzione delle centrali idroelettriche.
Nell'operazione Tierra Arrasada vi furono numerose violazioni dei diritti umani che ancora oggi non hanno avuto giustizia. 

Il governo temeva molto la manifestazione del 25 aprile dove le parole d'ordine erano "Hoy ponemos de moda la dignidad" e "Nuestro deber es defender a Guatemala" a causa della risonanza internazionale con cui sarebbero stati resi noti tutti gli scandali.

I guatemaltechi sono tornati a manifestare nelle strade anche se esiste sempre una repressione non molto diversa da quella degli anni Ottanta; durante la manifestazione sono stati lanciati slogan contro il saccheggio neoliberista del loro paese, l’impunità, l’ingiustizia sociale, la corruzione e contro il femminicidio. 

lunedì 3 agosto 2015

Perù: Continuano le proteste contro le miniera Tia Maria

Dal 23 marzo 2015 i contadini della provincia di Isly (nella provincia di Arequipa) hanno iniziato uno sciopero ad oltranza che già a fine marzo vi sono stati scontri tra polizia e manifestanti provocando un morto e decine di feriti (Perù: proteste contro la miniera Tia Maria). 
I manifestanti che si oppongono al progetto della compagnia Southern Copper hanno ottenuto il supporto e la solidarietà dei lavoratori edili, degli insegnanti e della Asociación de Urbanizaciones Populares de Arequipa (l’associazione dei quartieri popolari di Arequipa) mentre sono stati accusati dal responsabile delle Relazioni Istituzionali della Southern Copper, Julio Morriberón, di essere dei "terroristi anti-miniera".

I manifestanti già dal marzo 2011 erano a conoscenza della mancanza del rapporto di impatto ambientale e la mancanza di uno studio idrogeologico per l'area interessata dalla miniera ed a causa di questo il governo bloccò il progetto.
Anche se il progetto era stato bloccato il Ministero dell’Energia e delle Miniere nell'agosto 2014 approvò il nuovo studio di impatto ambientale presentato dalla Southern Copper; quest'ultima ha affermato che ogni riserva sollevata nel 2011 era ormai superata e ciò ha scatenato la protesta dei contadini della provincia di Isly che non credano sia possibile a causa delle 14 sanzioni comminate dall'Agenzia per la Valutazione ed il Controllo Ambientale alla Southern Copper per l'inquinamento ambientale del mare di Ilo.

Gli oppositori del progetto della società Southern Copper chiedono un referendum ma il governo si oppone e respinge la possibilità di fare una consultazione popolare sulla miniera perché sostiene, insieme ai media a lui vicini, che la popolazione della Valle del Tambo è presente una larga maggioranza silenziosa favorevole alla miniera la cui voce non viene udita a causa delle proteste dalla minoranza. 
A sostegno degli oppositori al progetto Tia Maria a fine aprile il giornale La República ha pubblicato un sondaggio a livello nazionale nel quale risultava che il 51% della popolazione riteneva che "i manifestanti hanno ragione, il progetto provocherà inquinamento e che le azioni predisposte dalla miniera per evitarlo non sono sufficienti”, contro il 32% che si diceva favorevole alla miniera.

L'industria mineraria non è un’attività qualsiasi ma è quello che comporta il più alto tasso di militarizzazione dei conflitti sociali. Il Perù è il paese in cui si ha il maggior numero di conflitti sociali legati all'industria mineraria di tutto il Sud America; l'invio dell'esercito per contrastare gli oppositori ha trasformato le regioni peruviane dove vivono le comunità indigene, rurali ed anche urbane in zone dove il governo impone lo stato di emergenza in modo quasi permanente criminalizzando di fatto coloro che dissentono e vogliono veder riconosciuti i propri diritti.

lunedì 13 luglio 2015

Nuovi accordi tra Brasile e Cina

A fine maggio 2015 la presidente del Brasile Dilma Roussef ha firmato con il Primo Ministro cinese Li Keqiang una serie di accordi economici fra cui quello con cui la Cina investirà circa 7 miliardi di 
dollari per entrare nel capitale della compagnia di stato Petrobras. 
Oltre all'accordo per la Petrobras la Cina parteciperà alla costruzione della linea ferroviaria che collega la costa Atlantica meridionale con l'oceano Pacifico peruviano; questo progetto sarà l'alternativa su ferro al canale di Panama e servirà per velocizzare ed aumentare lo scambio commerciale tra Brasile e Cina.
Il Brasile con questa opera punta all'aumento dell'esportazione dei prodotti agro-alimentari oltre ai prodotti dell'industria locale come i derivati dal greggio e delle estrazioni minerarie. 

Il tracciato della nuova via ferrata, che unirà l'oceano Pacifico e l'oceano Atlantico, sembra che sfiori solamente la Bolivia senza però coinvolgere il Paese andino che dalla sua realizzazione potrebbe abbattere, seppur parzialmente, la storica carenza di infrastrutture.

L'accordo promosso da Pechino conferma come la Cina reputi strategica l'alleanza con i paesi del Sud America che estraggono ed esportano minerali, idrocarburi ed alimenti e gli accordi per il loro commercio.

lunedì 29 giugno 2015

Honduras: ritrovati quattro studenti assassinati

A Tegucigalpa quattro ragazzi molto attivi politicamente tanto da essere tra gli organizzatori delle manifestazioni di piazza contro le riforme dell’educazione fortemente volute dal ministro dell’Educazione honduregno Marlon Escoto sono stati uccisi.
Le quattro vittime, la più giovane delle quali aveva solamente 13 anni, sarebbero state ritrovate in sacchi di plastica ed i loro corpi porterebbero inequivocabili tracce di tortura.

La riforma voluta dal ministro dell’Educazione honduregno, Marlon Escoto, fa molto discutere perché aggiunge cinque minuti per ogni "ora" dell'orario scolastico; tradotto significa che gli studenti dovrebbero lasciare le scuole alle sette di sera, orario che metterebbe in serio pericolo i bambini a causa della violenza che regna nel paese che è uno dei più pericolosi al mondo. Secondo gli studenti ed i loro genitori che si oppongono alla riforma di Escoto, il quale afferma di voler migliorare la qualità dell’educazione in Honduras, il ministro con la sua proposta vuole spostare l'attenzione dai veri problemi del sistema educativo come la carenza del materiale didattico e delle strutture.

Da molto tempo ormai gli studenti assieme ai genitori ed ai professori organizzano manifestazioni per chiedere cambiamenti sostanziali nel sistema educativo ed ogni volta la protesta pacifica sono represse con la forza dalla polizia e dagli squadroni della morte.

venerdì 19 giugno 2015

Cile: nuove manifestazioni studentesche

Il 14 maggio 2015 in Cile vi sono state numerose manifestazioni studentesche indette per protestare contro il sistema scolastico e l'immobilismo del governo cileno.
Il sistema scolastico è contestato perché, secondo gli studenti e non solo, classista ed ancora basato sulle leggi proposte ed approvate dal dittatore Augusto Pinochet e che la presidentessa Michelle Bachelet, nella sua campagna elettorale, aveva promesso di modificare appena insediata ma, ad oggi, non vi sono riforme all'orizzonte.
Uno dei punti su cui gli studenti e la società civile pongono l'accento è il costo dell'istruzione in Cile; ad oggi è gratuita solamente la scuola elementare, mentre già per frequentare le scuole medie gli studenti devono pagare rette molto alte perché lo Stato sostiene solo il 25% delle spese. 

Le manifestazioni del 14 maggio erano, come sempre, molto partecipate e pacifiche ma in alcune città come a Valparaìso la polizia si è contrapposta agli studenti impedendoli o cercando di modificare il percorso del corteo provocando tensioni e scontri. Durante queste scontri due ragazzi di 18 e 24 anni stavano scrivendo slogan su alcuni muri quando sono stati colpiti da alcuni colpi di pistola, sembra sparati da un residente a cui stavano scrivendo sul muro, che li hanno uccisi.
Il presunto omicida è stato arrestato ma in Cile oltre allo sgomento per la morte dei due studenti vi sono dubbi su come sono andati realmente i fatti relativi alla morte dei due studenti e sulla repressione attuata dalle forze dell’ordine.

mercoledì 3 giugno 2015

Il Paraguay e la sua memoria

Sono passati sette anni da quando la Comisión Verdad y Justicia del Paraguay nel 2008 denunciò che durante la dittatura di Stroessner, durata dal 1954 al 1989, ci furono almeno 423 desaparecidos, circa 20.000 casi di torture ed altrettanti esiliati ma ancora oggi in Paraguay regna il silenzio e l'impunità.
Oltre ai crimini elencati dal documento della Comisión Verdad y Justicia in Paraguay la dittatura ha sottratto numerosi beni agli oppositori ed ha partecipato attivamente al Plan Condor trasformando di fatto il Paraguay nel luogo migliore, dopo l'oceano, dove far sparire gli oppositori dei regimi sudamericani.

In Paraguay ad oggi non sono stati istruiti processi per dare un nome ai colpevoli dei delitti, delle torture e delle sparizioni e solo ad inizio 2015 è stato avviato un programma per l'identificazione dei molti corpi rinvenuti nel paese.
Il programma per l'individuazione dei corpi istituito dell’attuale presidente Cartes, dopo numerose pressioni dell'ONU e dei paesi confinanti, con tutta probabilità porterà alla luce il destino di molti desaparecidos non soltanto paraguayani ma anche argentini, brasiliani e cileni i quali furono vittime dalle rispettive dittature e del Plan Condor.

Sembra che nel paese la società civile ancora non abbia sviluppato una coscienza e non voglia fare i conti con la propria storia al contrario dei paesi confinati dove si sta affrontando la pesante eredità delle giunte militari. In Paraguay la maggioranza della popolazione, secondo alcuni intellettuali, è convinta che gli anni della dittatura appartengano al passato e quindi debbano essere dimenticati, di conseguenza non vi è memoria e senza memoria non è possibile provare ad avere giustizia.

Stroessner e del Partido Colorado grazie a decenni di violenze di un regime ferreo sono riusciti ad ammutolire i paraguayani fino al punto di rendere i Diritti Umani e la propria storia un tabù.

lunedì 25 maggio 2015

Brasile: presentato il rapporto della Commissione Nazionale per la Verità

Il rapporto redatto dalla Commissione nazionale per la Verità fa luce su molti crimini del regime militare che governò il paese tra il 1964 ed il 1984 ed addirittura identifica i torturatori di allora.

Il rapporto è frutto del lavoro di circa 3 anni (inizi nell'ottobre 2012 quando Dilma Rousseff era già alla presidenza del Brasile) e conta oltre 4300 pagine che inchiodano alle loro responsabilità i militari che portarono avanti i piani delle governo.
I militari coinvolti in sparizioni, sequestri, torture ed omicidi furono circa 380, 196 sono ancora in vita, e dovrebbero rispondere delle circa 430 persone assassinate e per un numero non ancora precisato di desaparecidos.
La Commissione è stata presieduta da Rosa Cardoso che ha invocato il diritto alla verità per i familiari dei desaparecidos, ricordando che nemmeno i governi guidati dal PT (Partido dos Trabalhadores) sono riusciti negli ultimi dodici anni a cancellare la legge di amnistia varata nel 1979 da Ernesto Geisel per assicurare l’impunità a tutti i repressori.
L’amnistia, ha sottolineato Cardoso, non può trasformarsi in impunità per i repressori di allora. 

Nelle pagine del rapporto la Commissione Nazionale per la Verità vi sono molte parti riguardanti il Plan Cóndor (piano multi-nazionale utilizzato dai governi militari latinoamericani con il fine di eliminare gli oppositori dei regimi e perseguitarli per tutto il continente e non solo) e del ruolo attivo degli USA nell'addestramento di militari e forze di polizia che fu effettuato nella Escuela de las Américas. Inoltre la Commissione, durante lo studio di testimonianze e documenti, ha appurato il coinvolgimento dell'organizzazione USAID nel golpe che permise ai militari di deporre il governo legittimo e salire al potere. 

Alla Escuela de las Américas (il cui nome fu cambiato nel 2001 per evitare di essere collegata ai vari metodi criminosi che venivano insegnati con il più presentabile Instituto del Hemisferio Occidental para la Cooperación en Seguridad) le forze armate e di polizia venivano addestrate all'uso di tecniche di controinsurgencia e di repressione (tortura fisica e psicologica) nei confronti degli oppositori dei regimi militari.

La presidenta Dilma Rousseff, che si è commossa per il grande lavoro della Commissione e perché anche lei fu torturata durante la dittatura militare, ha sottolineato che il paese merita giustizia e che per averla è necessario cancellare la legge di amnistia come l’Argentina ha insegnato.

Vi è una grande differenza tra Argentina e Brasile, per questo probabilmente sarà complicato chiudere con il passato, ed è fondamentale il percorso intrapreso della società civile Argentina che ha per prima combattuto contro l’impunità dei torturatori; questo percorso in Brasile sembra più complesso dall'avverarsi a causa delle grandi disuguaglianze sociali.

martedì 12 maggio 2015

Perù: proteste contro la miniera Tia Maria

In Perù vi è una protesta che va avanti dalla fine di Marzo 2015 e che sembra non volersi arrestare fino a che il progetto minerario Tia Maria nella provincia di Arequipa non sarà fermato.
Le proteste sono sempre state pacifiche fino a quando a metà aprile la polizia ha fronteggiato i manifestanti nella provincia di Islay nella regione di Arequipa che protestavano contro il progetto minerario. 
La vittima è un campesino che è stato colpito da uno dei tanti lacrimogeni che la polizia ha esploso per disperdere i manifestanti accalcati davanti alla miniera ed impedivano ai mezzi della polizia di giungere all'ingresso per creare un "cuscinetto" tra le due fazioni.

La miniera a cielo aperto Tia Maria dal 2017 produrrà circa 120.000 tonnellate di rame all'anno per circa 20 anni(la concessione è stata affidata alla società messicana Southern Copper Corporation che stima di investire circa 400 milioni di dollari per tutto il periodo di sfruttamento della miniera). 
I manifestanti sono certi che le attività minerarie (con i prodotti chimici utilizzati ed i materiali di scarto) contaminino le acque dei fiumi ed in particolare quelle del fiume Tambo; l'inquinamento delle acque e delle falde metterebbe a serio rischio tutte le coltivazioni e gli allevamenti della provincia.
Inoltre le popolazioni locali sono preoccupate anche per la possibilità che la miniera possa utilizzare oltre all'acqua di mare dissalata per i lavaggi di minerali estratti anche le acque dei fiumi. 

Oltre al progetto Tia Maria il Governo peruviano ha in calendario, per il 2015, l'analisi di altre 10 concessioni minerarie sempre nella provincia di Arequipa che molto probabilmente mineranno l'ecosistema e la sopravvivenza delle comunità locali che basano la loro vita sull'agricoltura ed l'allevamento.

venerdì 1 maggio 2015

Le esternazioni del segretario del Unasur

Il segretario generale dell’Unione delle Nazioni Sud Americane (Unasur), Ernesto Samper, durante un'intervista televisiva ha dichiarato che no degli ordini del giorno del Vertice delle Americhe di Panama dell'aprile 2015  sarà lo smantellamento delle basi militari nel continente.
Secondo Samper sarebbe "un buon punto della nuova agenda di relazioni (tra USA ed America Latina) il fatto che non ci siano basi militari nordamericane in America del Sud" Il segretario generale dell’Unione delle Nazioni Sud Americane (Unasur), Ernesto Samper, durante un'intervista televisiva ha dichiarato che uno degli ordini del giorno del Vertice delle Americhe di Panama del 10 e 11 aprile 2015  sarà lo smantellamento delle basi militari nel continente.
Sempre secondo il segretario generale del Unasur sarebbe "un buon punto della nuova agenda di relazioni (tra USA ed America Latina) il fatto che non ci siano basi militari nordamericane in America del Sud" perché ormai sono un retaggio del passato legato alla Guerra Fredda.

Samper prende posizione anche sulle sanzioni unilaterali che gli USA hanno emanato contro il Venezuela (il governo statunitense definisce il Paese del Presidente Maduro "una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti") affermando che "nessun paese ha il diritto di giudicare la condotta dell’altro, né moltissimo meno ad imporle sanzioni o punizioni per proprio conto", continua affermando che "un paese che non è entrato nel sistema interamericano dei diritti umani si arroghi il diritto di dare giudizi" e conclude affermando che "nel mondo globalizzato, uno stato non può chiedere regole del gioco globali per l’economia e mantenersi unilaterale nella politica".

Questa presa di posizione sottolinea come gli USA abbiano, da sempre, la volontà di affrontare solo i temi che minacciano i propri interessi mentre rimangono indifferenti ai diritti umani, alle disuguaglianze ed alla protezione dell'ambiente.

venerdì 24 aprile 2015

Guatemala: Il governo promuove lo sfruttamento incondizionato

Il Comité de Unidad Campesina del Guatemala (Cuc) denuncia come nel paese gli accordi economici stretti tra lo Stato e le multinazionali estere provochi enormi danni alla popolazione ed all'ecosistema del paese.

Il Guatemala vive dalla sua scoperta varie fasi di colonizzazione; dai massacri e dalle ruberie spagnole alle repressioni e guerre di Stato nella seconda metà del '900 fino ad arrivare ad oggi dove le multinazionali mirano ad impossessarsi delle terre per depredarle delle loro ricchezze.
Con il trattato commerciale tra Guatemala e USA firmato nel 2005 si è approvata una grande quantità di concessioni per sfruttamento del sottosuolo, dei corsi d'acqua e della terra; queste attività portano alla creazione di infrastrutture che cementificano imponenti ed importanti aree verdi del paese e portando allo sfruttamento del lavoro ed all'allontanamento delle popolazione che vivevano in quelle aree. 

Le multinazionali che hanno ottenuto le concessioni sono forti dell'appoggio del governo centrale il cui Presidente può, secondo un articolo della costituzione, dichiarare lo stato di emergenza e mobilitare l'esercito e la polizia ogni qual volta lo desideri; fatto puntualmente verificato quando le popolazioni locali hanno manifestato contro lo scellerato sfruttamento dell'ecosistema.
Oltre alle forze di polizia le aziende possono contare anche su imprese di sicurezza private che molto spesso si scagliano brutalmente contro gli oppositori ed alcuni di loro sono stati uccisi durante gli scontri scaturiti dalle violente aggressioni.

Il Governo sostiene lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali del paese al punto tale da proporre leggi, che il parlamento approva sempre, nelle quali si erodono i diritti dei lavoratori ed aumentano quelli delle imprese; una di queste leggi equipara gli oppositori che manifestano e bloccano il traffico o le attività produttive ai terroristi.

lunedì 13 aprile 2015

Messico: ucciso un dirigente del FPR

Il 6 febbraio è stato ucciso Gustavo Delgado Salgado, uno dei dirigenti del Frente Popular Revolucionario (FPR), a Ciudad Ayala nello Stato di Morelos (Messico).
Salgado è stato barbaramente torturato, gli sono state tagliate le mani ed infine decapitato.

Il FPR (è un’organizzazione democratica e rivoluzionaria che ha l'obbiettivo di creare un nuovo ordine sociale senza oppressi ed oppressori) ha da sempre sostenuto le lotte condotte dai braccianti contro i grandi proprietari terrieri che controllavano ogni singola fase della vita politica, economica e sociale nelle campagne del Morelos, Guerrero e Oaxaca; Salgado si occupava proprio dell'organizzazione dei contadini e movimenti sociali.
Il Frente Popular Revolucionario grazie anche al lavoro di Gustavo Delgado Salgado e di altri dirigenti aveva sostenuto immediatamente i familiari dei normalistas desaparecidos di Ayotzinapa, partecipando ed aiutando ad organizzare le manifestazioni in tutto il paese per la riconsegna in vita degli studenti e la formazione di una commissione indipendente che facesse luce sui crimini del 26 settembre 2014 ed indagasse sui legami tra il crimine organizzato e la politica.

L'omicidio di Salgado sarà l'ennesimo su cui la giustizia messicana probabilmente sarà combattuta tra il non spendere le proprie risorse ed il cercare alcuni capri espiatori come è accaduto per la vicenda di Ayotzinapa dove circa 90 tra poliziotti e narcotrafficanti sono stati arrestati arrestati dal procuratore Murillo Karam che considera il caso ormai risolto. 
Il caso di Ayotzinapa secondo l'opinione pubblica ed anche del Frente Popular Revolucionario è ancora ben lontano dall'essere chiuso perché mancano ancora molti tasselli per chiarire tutta la vicenda ed infine mancano tutti i mandanti. 

Oggi in Messico si assiste ad un aumento esponenziale di aggressioni, minacce e omicidi nei confronti di organizzazioni sociali che si battono per il rispetto dei diritti umani e contemporaneamente alla connivenza del Governo messicano che non si è mai adoperato per contrastare i narcos e le istituzioni corrotte.

giovedì 2 aprile 2015

Il rapporto Ciap

Nel 2014 nei paesi del Latino America sono stati uccisi trentuno giornalisti secondo il rapporto della Commissione investigatrice sugli attentati a giornalisti (Ciap) e dalla Federazione latinoamericana dei giornalisti (Felap).

Nel rapporto si legge che gli omicidi o gli attentati ai giornalisti sono commissionati nella maggioranza dei casi da sicari ingaggiati dalla esponenti della politica, dall'economia e dal crimine organizzato, perché implicati nel narcotraffico, contrabbando, nell'accumulo delle terre e nella costruzione di infrastrutture. 

Le nazioni più colpite sono il Messico (dove ci sono state anche 21 sparizioni forzate di giornalisti), l’Honduras (che dal colpo di Stato sono stati uccisi 30 giornalisti), il Brasile ed il Paraguay.
In Colombia oltre ai tre giornalisti uccisi nel 2014 (con questi ultimi tre omicidi sale a 172 il numero di giornalisti uccisi dal 1977 a oggi) vi sono stati anche 20 casi di aggressione e 57 minacce contro giornalisti e blogger.
Vi è un altro aspetto allarmante che è la bassissima percentuale di indagini su omicidi ed aggressioni che sono stati risolti; e quando i casi vengono risolti la giustizia è capace di inviare solamente gli assassini mentre i mandanti ne escono sempre indenni.

lunedì 23 marzo 2015

La scomparsa di Nisman/2

Nisman nel suo documento di oltre 300 pagine giunge ad accuse e ricostruzioni che risultano deboli per mancanza di solide prove o ricostruzioni parziali basate su dicerie infatti sono presenti molti riferimenti alle cronache dei quotidiani di quei giorni e citazioni riprese da fonti "ufficiose" e mai esplicitate in testimonianza.
Per esempio Nisman scrive che due agenti dei servizi segreti argentini che avrebbero rallentato e depistato le indagini smarrendo prove e/o testimonianze che avrebbero portato ad un coinvolgimento dell'Iran nell'attentato di Amia; ma a smontare la ricostruzione vi è un giornalista che ha intervistato il direttore della Secretaría de Inteligencia (Oscar Parrilli) chiedendo se le persone citate da Nisman fossero o non fossero state in forza all'intelligence ha avuto come risposta che nessuno dei due ha mai fatto parte della Secretaría de Inteligencia.

Inoltre ci sono molti riferimenti, nelle 300 pagine redatte da Nisman, alle cronache di quei giorni riprese dai media e vi sono note riprese da fonti "ufficiose" del ministero degli esteri israeliano; queste ultime molto probabilmente sono notizie create generate dai servizi segreti e non prove. 

Vi è un fatto che lascia perplessi e getta ombre sul resoconto redatto da Nisman, perché nel suo documento non vengono menzionati i riscontri su un coinvolgimento dei Servizi Segreti Siriani ed al tempo si ipotizzo che i servizi Siriani compirono due attentati (il primo all'ambasciata israeliana a Buenos Aires del 1992 dove morirono 29 persone e nel 1994 quello alla Amia) in risposta al mancato rispetto degli accordi del 1988 tra l'allora presidente Hafiz al Assad e Menem nei quali l'Argentina avrebbe dovuto fornire un reattore nucleare alla Siria.

Grazie ai rilievi della polizia l'ipotesi del suicidio è stata scartata, nonostante in casa sia stata ritrovata la calibro 22 dalla quale è partito il colpo che ha ucciso il procuratore, dato che non è stata trovata polvere da sparo nelle mani dell’uomo e che si è appurato che il colpo è partito da una distanza inferiore ai 20 centimetri. Inoltre la porta dell’abitazione è stata trovata chiusa dall'interno ed è stata scoperta una porta di servizio che collega la casa di Nisman alla casa confinante ed in questa zona sono state rinvenute alcune impronte di scarpe sul pavimento tra i due ingressi. 
Dopo circa 20 giorni di indagini vi è un solo uomo arrestato ed è Diego Lagomarsino (perito informatico da anni collaboratore di Nisman) il proprietario della pistola che l’ha ucciso il procuratore che durante i vari interrogatori ha sempre ha sempre sostenuto che fu Nisman a chiedergli l’arma per proteggersi al meglio e che fu Jaime Stiuso (ex-direttore del Operaciones de la Secretaría de Inteligencia) a suggerirgli di avere sempre un'arma con se.

Le molte sfaccettature della vicenda e la nebbia che si addensa attorno ad essa, partendo dalle prime indagini sugli attentati fino alla morte di Nisman, rendono difficile comprendere tutti gli "attori" ed i loro interessi che ne hanno preso e ne prendono parte.
Sicuramente vi sono interessi da parte delle forze politiche e gli organi di stampa di destra che hanno montato una campagna mediatica contro Cristina Fernández la quale ha rispedito al mettente ogni accusa ed ha affermato di essere la prima a non credere all’ipotesi del suicidio di Nisman scrivendo che "prima lo hanno usato da vivo, ora ne hanno bisogno da morto" e sarebbe vittima illustre della congiura contro la verità sul caso Amia, le cui menti vanno rintracciate all'interno dei servizi segreti o in elementi occulti dello Stato a essi collegati.

venerdì 13 marzo 2015

La scomparsa di Nisman

La morte (omicidio o suicidio) del procuratore Natalio Alberto Nisman avvenuta il 19 gennaio 2014, che al momento stava indagando sull'attentato avvenuto nel 1994 contro la mutua ebraica Amia a Buenos Aires (dove un’autobomba causò 85 morti e 300 feriti), sta causando alla Presindeta Cristina Fernández grossi problemi politico/legali e perdita di consenso tra gli argentini. 

Le indagini sull'attentato di Amia gli furono affidate nel 2004 dall'allora presidente Argentino Néstor Kirchner e lo portarono nel 2006 a chiedere l’estradizione di sette funzionari iraniani e di un membro libanese di Hezbollah che non furono mai estradati. I successivi nove anni di indagini Nisman le ha riassunte in un faldone di circa 300 pagine nel quale affermava di aver scoperto un piano ordito da alcune alte cariche dello Stato per nascondere le Responsabilità dell'Iran nell'attentato.
Secondo Nisman l’Iran avrebbe chiesto l'insabbiamento delle indagini ed in cambio avrebbe riaperto le relazioni commerciali che avrebbero portato alla firma del protocollo d’intesa in cui vendeva all'Argentina a prezzi vantaggiosi gas e petrolio. 
Per questo Nisman stava pensando di incriminare il Ministro degli Esteri ,Héctor Timerman autorevole membro della comunità ebraica argentina, e la Presidenta Cristina Fernández de Kirchner per aver tentato di insabbiare le indagini.

Alla luce di queste indagini e delle rivelazioni avvenute dopo la morte del magistrato le forze politiche e gli organi di stampa della destra hanno montato una campagna mediatica in cui hanno indicato la Presidenta Cristina Fernández come unica possibile mandante del presunto omicidio di Nisman e così anche una parte dell’opinione pubblica sostiene questa versione.

La campagna mediatica montata dalle forze politiche e dai media di destra non tiene conto, o meglio non ne vuol tener conto, dei rapporti che Nisman aveva con alcuni esponenti dell'ambasciata Statunitense con i quali discuteva i dettagli delle proprie indagini senza aver messo al corrente la Procura di Buenos Aires il tutto secondo i messaggi inviati dalla stessa ambasciata Usa a Washington e rivelati da WikiLeaks.
Così come non vengono resi noti i rapporti tra l'ex-direttore del Operaciones de la Secretaría de Inteligencia (SI, i servizi segreti Argentini), Antonio Stiles (conosciuto come Jaime Stiuso che è andato in pensione nel dcembre 2014 dopo 42 anni di servizio inclusi i 7 anni prestati sotto la dittatura militare ed il "Proceso de Reorganización Nacional" tra il 1976 ed il 1983). 
Sempre secondo i documenti forniti da Wikileaks le ambasciate di USA ed Israele esercitarono forti pressioni affinché le indagini si concentrassero sull'Iran ed affermavano di aver scoperto un "piano delittuoso e deliberato per lasciare impuniti gli iraniani accusati dell’attentato; questo piano è stato orchestrato da alte cariche dello Stato con la collaborazione di terzi".

Il motivo per cui vengono nascoste tutte le informazioni su Nisman ed i suoi rapporti con i servizi segreti ed l'Ambasciata USA probabilmente sono una strategia per un "golpe de Estado blando" o almeno per indebolire il Governo in carica che si è reso sempre più indipendente dalle politiche Statunitensi.

venerdì 6 marzo 2015

Honduras: continua la repressione

In Honduras a fine gennaio 2015 l'organizzazione La Vía Campesina che si batte per i diritti delle famiglie contadine, la sovranità alimentare e la riforma agraria integrale ha subito un nuovo attentato dimostrativo con l'esplosione di 15 colpi di pistola contro la sede dell'associazione.
L'attentato è stato ripreso da un telecamera di sorveglianza dalla quale si vede un'auto che di ferma davanti alla sede de La Vía Campesina e poi vengono esplosi i colpi di pistola che metteranno fuori uso anche la telecamera.

Dal colpo di Stato del 2009 questo è il quarto attentato contro la sede di La Vía Campesina; le altre tre volte gli uffici  erano stati saccheggiati e distrutti fortunatamente in tutti i casi non ci sono state né vittime né feriti.
Oltre agli attentati l'associazione ha ricevuto numerose minacce denunciate da Rafael Alegría, coordinatore di La Vía Campesina e deputato del partito Libertà e Rifondazione (Libre).

Gli attentati e le minacce all'associazione non sono sicuramente fatti isolati ma sono riconducibili ad una più ampia strategia finalizzata a generare paura nella popolazione, nei movimenti popolari e politici che da sempre si sono opposti alle forze politiche ed economiche che hanno attuato il colpo di Stato e che attualmente osteggiano il governo dittatoriale di Hernández.

A dimostrazione del clima in Honduras vi è stato un nuovo attacco ai membri dell’"Organizzazione fraternale negra honduregna", (Ofraneh) vicino alla città di La Ceiba, nel nord dell’Honduras, dove circa 50 abitanti della comunità Garífuna di Nueva Armenia sono stati bersaglio di numerosi colpi di arma da fuoco.
durante l'attacco è stato ferito gravemente alla testa ed al braccio un membro della comunità, Jesús Flores Satuye, che già nel 2011 fu vittima di un aggressione da parte della Forza Navale nella zona di Cayo Cochino (ad oggi ancora impunità).

Ofraneh si occupa di veder riconosciuto il diritto sulle terre di Armenia da parte del popolo Garífuna a cui furono sottratte negli anni '20 del XX secolo quando la multinazionale Standard Fruit Company (Dole) spostò con la forza la popolazione sulla sponda sinistra del fiume Papaloteca. 
Oggi queste terre non sono più in concessione Standard Fruit Company, che le ha restituite all'inizio del XXI secolo al comune di Jutiapa, ma sono diventate di proprietà di alcuni gruppi di contadini a cui, illegittimamente, il comune di Jutiapa le ha riassegnate. 

Il popolo Garífuna ha avviato un difficile processo di recupero delle proprie terre ma è osteggiata dalla violenza dei produttori di palma (protetti dalle autorità locali, nazionali e dal crimine organizzato); violenza che ha portato all'arresto di circa 80 membri della comunità per "usurpazione di terra" i quali hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione, come l'obbligo di dimora ed il relativo divieto di avvicinarsi all'era rivendicata dal Garífuna.

venerdì 27 febbraio 2015

I genitori dei 43 scomparsi di Ayotzinapa al ONU

I genitori dei 43 studenti della scuola di Ayotzinapa scomparsi e le organizzazioni dei diritti umani si sono recati al ONU per ottenere un aiuto concreto nel ritrovarli e fare giustizia.

La relazione ufficiale del governo messicano sottolinea tutti gli sforzi per scoprire la verità e far così giustizia; inoltre il governo sottolinea come la scomparsa degli studenti si figlia della povertà, dell’esclusione e della corruzione che rafforza le organizzazioni criminali che portano solamente violenza e d è per questo che il governo messicano afferma di impegnarsi nella lotta alla povertà.

I genitori degli studenti e le organizzazioni dei diritti umani contestano il Governo messicano che dopo oltre quattro mesi dai fatti le autorità messicane non sono arrivate a niente e non hanno mai smesso di scaricare e coprire le responsabilità dell'accaduto; per la delegazione messicana l'unica soluzione è l'appoggio internazionale per fare giustizia contro i responsabili.
Inoltre affermano: "ci hanno detto che erano stati sepolti in fosse, poi che erano stati bruciati, poi che erano stati buttati nel fiume, sempre con lo stesso inganno. Cercano di chiudere il caso e che non si parli più dei nostri figli. Non accetteremo una risposta qualsiasi dal Governo. Abbiamo molto appoggio sociale in Messico e sostegno internazionale. Questo ci da forza e continueremo la lotta per ritrovarli vivi [...] chiediamo a tutti i popoli e ai governi che facciano pressione sul governo messicano in modo da trovare una soluzione degna. Chiediamo semplicemente che continuino ad appoggiarci per aiutarci a ritrovare i nostri figli".

lunedì 16 febbraio 2015

Guatemala: Condannato ex capo del Comando Sei

La Corte Suprema del Guatemala ha condannato a 90 anni di carcere Pedro García Arredondo, ex capo del Comando Sei della oramai disciolta Polizia Nazionale, per l'incendio dell'ambasciata Spagnola in cui morirono 37 persone il 31 gennaio 1980.
Nel rogo rimasero uccisi otto cittadini spagnoli (tra cui alcuni diplomatici ed impiegati dell'ambasciata), 22 contadini del Quiché, cinque studenti universitari e due ex funzionari guatemaltechi in visita all'ambasciata.
La struttura diplomatica fu occupata pacificamente dai contadini Quiché per denunciare le violenze che l'esercito e della polizia stavano perpetrando nella regione del Quiché.

Il giudice ha affermato che l'accusa è riuscita a fornire prove inconfutabili che dimostrano come il 31 gennaio 1980 l'ambasciata fosse stata occupata pacificamente e che ai circa 150 ufficiali, alle dirette dipendenze di García Arredondo, erano impartiti ordini per effettuare lo sgombero dell'ambasciata e far uscire tutti i manifestanti. "L'ambasciata fu presa con violenza dalle forze di sicurezza, che entrarono senza il permesso dell'ambasciatore. La polizia non aveva alcun interesse a negoziare, ma solamente a scacciare gli occupanti fuori dell'ambasciata. L'imputato sapeva che cosa stava per accadere e non ha impedito che gli agenti di polizia sotto il suo comando agissero violentemente contro gli occupanti dell'ambasciata" ha affermato il giudice durante la lettura della sentenza.
Inoltre ha aggiunto che è stato dimostrato come l'incendio non abbia avuto origine da un piano suicida dei manifestanti Quiché che erano all'interno dell'ambasciata ma sia la conseguenza dell'assalto delle forze dell'ordine.

L'assalto all'ambasciata è avvenuta durante il regime del generale Fernando Romeo Lucas García (1978-1982) il quale è stato menzionato nella lettura della sentenza insieme all'ex ministro degli Interni Donaldo Alvarez Ruiz, che è latitante, ed Chupina Barahona, ex direttore della polizia nazionale ma scomparso, perché fra loro e Pedro García Arredondo ci furono numerose comunicazioni al fine di decidere come e quando avviare le operazioni all'interno dell'ambasciata.

lunedì 9 febbraio 2015

Iniziati i lavori per il Canale Interoceanico in Nicaragua

A fine 2014 alla foce del fiume Brito in Nicaragua sono iniziati i lavori per il canale interoceanico tra l’Atlantico e il Pacifico.
Per adesso si sono partiti i lavori che serviranno a costruire strade, alloggi per i migliaia di lavoratori che saranno impegnati nell'opera; sono tutte opere preliminari in attesa dello studio di impatto ambientale che ancora non pronto. Lo studio è ancora in fase di elaborazione e sarà presentato entro maggio 2015 anche se molti esperti indipendenti ritengono che ritengono l’opera disastrosa per l’ambiente. 
Uno dei nodi cruciali dal punto di vista ambientale sarà il lago Cocibolca, il secondo bacino lacustre per dimensioni più grande dell’America Latina, che verrà attraversato da tutte le navi per circa 105 km su un totale 280 km. 
Il "Mar Dulce", così lo chiamavano i conquistadores spagnoli, è un patrimonio ambientale unico ed il passaggio delle imbarcazioni porterà violenti stravolgimenti alla flora e fauna. 
Oltre alla distruzione di flora e fauna il canale stravolgerà la vita delle comunità indigene Miskito che saranno costrette a migrare perché le loro terre saranno invase da macchinari, operai e scarti delle lavorazioni.

A fronte delle proteste delle associazioni ambientaliste e delle popolazioni indigene ill governo nicaraguense e l’impresa cinese HKND, concessionaria del progetto, hanno presentato ai rappresentanti della Convenzione di Ramsar (la Convenzione di Ramsar è un accordo firmato nel 1971 da molti paesi, tra cui il Nicaragua, con le istituzioni scientifiche e organizzazioni internazionali per la conservazione e gestione delle zone umide e degli ecosistemi naturali) lo studio di impatto ambientale che l’opera potrebbe avere.
In questo studio sembra che la costruzione del canale impatterà solo marginalmente sulla riserva di San Miguelito, in quanto gli studi di fattibilità realizzati negli scorsi mesi avevano previsto di evitare qualsiasi tipo di danno all'ecosistema della zona. 
Sul possibile impatto che la costruzione del canale potrebbe avere sulle zone umide che si trovano lungo il percorso previsto dal progetto il governo nicaraguense ha deciso, per di ridurre al minimo i probabili impatti sociali e ambientali, una modifica al percorso del canale. Questa modifica permetterà di evitare il passaggio delle navi vicino alla comunità di El Tule (una delle comunità più attive nel protestare contro la costruzione del canale interoceanico) e dell'area protetta di San Miguelito; questa variazione riduce da 175mila a 85mila gli ettari di territorio interessati dal progetto.

venerdì 30 gennaio 2015

Guatemala: sospesa la ley Monsanto

La Corte Costituzionale guatemalteca ha temporaneamente sospeso l'entrata in vigore di una legge controversa nota come "ley Monsanto" che mira a regolamentare i diritti di proprietà intellettuale in varietà vegetali accogliendo il ricorso presentato dall'Alleanza Nazionale per la Protezione della Biodiversità che sostiene l'incostituzionalità del provvedimento perché viola i diritti dei popoli e risponde solamente agli interessi delle multinazionali.

Questa legge sulla protezione delle varietà vegetali è stato uno degli impegni assunti insieme al Guatemala ed è parte degli accordi di libero commercio (NAFTA firmato nel 2005 tra Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Stati Uniti).

La legge è stata duramente criticata dalle organizzazioni ambientaliste e sociali che si sono rivolte alla Corte Costituzionali per cercare di bloccarla. La legge secondo gli oppositori favorirà solamente le multinazionali (Monsanto, Duwest, Dupont, Bayer e Syngenta) che riusciranno ad avere il controllo tramite i brevetti su ogni semente modificato o classificato geneticamente e ciò obbligherà i piccoli commercianti o agricoltori a comprare i semi di questi grandi aziende.
Sempre secondo le organizzazioni ambientaliste e sociali la legge permette alle multinazionali di gestire le sementi e mettere a repentaglio la sovranità alimentare del Paese.

Con questa legge, figlia degli accordi del NAFTA, gli USA impongono alle popolazioni che coltivano le terre da migliaia di anni di pagare per la loro eredità culturale e per la propria storia.

venerdì 23 gennaio 2015

Perù: Altra condanna per Fujimori

L'Ex-presidente del Perù, Alberto Fujimori, è stato condannato agli inizi di gennaio 2015 ad otto anni di prigione per aver sottratto fondi allo Stato peruviano; inoltre la condanna lo interdice per tre anni da qualsiasi carica pubblica.
L'avvocato difensore ha annunciato che presenterà ricorso.

Fujimori, secondo l'accusa e le numerose prove con cui il giudice di Lima lo ha condannato, ha ordinato di sottrarre 150 milioni di dollari dalle casse dello Stato per poter finanziare la sua campagna elettorale per la rielezione a Presidente del Perù nel 2000. Questo denaro è servito per acquistare spazi sui quotidiani oltre che per assoldare giornalisti della carta stampata e della televisione che hanno sostenuto la sua candidatura.

Attuamente Fujimori sta scontando una condanna a 25 anni di prigione per violazione dei diritti umani commessi durante il suo governo tra il 1990 ed il 2000 come il sequestro e la tortura e le violenze commesse dalla polizia durante le operazioni nel  Barrios Altos e nella Universidad La Cantuta.

venerdì 16 gennaio 2015

Cile: condannati ex-agenti DINA

L'otto gennaio 2015 il tribunale di Santiago del Cile ha condannato 23 ex-agenti della polizia segreta di Pinochet (DINA) per il sequestro, la tortura e la successiva sparizione di un militante, Bernardo de Castro, del partito socialista nel 1974. 
Sono stati condannati a 13 anni sei ex-agenti per la sparizione del militante, altri 15 imputati dovranno scontare dai 10 ai 12 anni di prigione mentre il comandante della DINA, Contreras Sepúlveda, dovrà scontare altri 10 di prigione per violazione dei diritti umani ai già 400 già comminati dalla giustizia cilena.

Nel luglio del 1975 la stampa vicina al regime di Pinochet diffuse la notizia che 119 tra uomini e donne furono uccisi dal Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR); i quotidiani pubblicarono la notizia e battezzarono lo sterminio il "Caso de los 119". 
Ufficialmente, nei documenti della DINA, questa mattanza fu chiamata Operación Colombo; fu organizzata e messa in atto dalla polizia segreta con la collaborazione della polizia di stato al fine di colpire un gruppo di dissidenti ed incolpare della mattanza il MIR. 

Bernardo de Castro fu rintracciato insieme ad altri quattro suoi compagni (ad oggi desaparecidos), arrestati, torturati e poi uccisi.

venerdì 9 gennaio 2015

Messico: nuovi arresti per fatti di Ayotzinapa/3

A fine ottobre 2014 sono stati arrestati tre membri del cartello Guerreros Unidos (Patricio Reyes, Jonathan Osorio e Agustín García Reyeshanno) i quali hanno confessato di aver preso in consegna dalla polizia di Iguala e Cocula il 26 settembre gli studenti di Ayotzinapa.
Secondo la loro confessione circa quindici studenti sarebbero arrivati dai narcos già morti, sembra strangolati, mentre gli altri sarebbero stati torturati per estorcere informazioni non precisate, uccisi e successivamente i loro corpi dati alle fiamme in una discarica di Cocula.
Il rogo è stato alimentato per oltre 15 ore da benzina, legna, gomme e plastica per cercare di nascondere ogni traccia.

Il procuratore generale della repubblica, Jesus Murillo Karam, durante una conferenza stampa ha affermato che i narcos "li hanno seppelliti con tutto ciò che avevano, li han bruciati con tutti i vestiti" e le ricerche sull'area ha portato alla scoperta di "frammenti umani”; il procuratore ha continuato raccontando che le uno dei narcos, soprannominato "Terco" (il testardo), avrebbe ordinato di raccogliere in alcuni sacchi i resti rimasti dal rogo di romperli e infine di gettarli nel fiume San Juan ed anche queste indicazioni sembra essere vere dato che alcuni sacchetti con altri resti umani sono stati ritrovati ed inviati in Austria per realizzare studi approfonditi.

Alcuni giorni dopo questi ultimi tre arresti i quali si sommano ai 36 poliziotti dei comuni di Iguala e Cocula affiliati ai narcos, ai 27 narcotrafficanti ed alcuni capi dei Guerreros Unidos (i fratelli Sidronio e Mario Casarrubias) si aggiungono il 4 novembre i fermi del sindaco di Iguala, José Luis Abarca, e di sua moglie María Pineda dopo una latitanza durata quaranta giorni; sono accusati di essere gli autori intellettuali dell'attacco agli studenti di Ayotzinapa e della scomparsa di 43 loro.

Secondo la ricostruzione del procuratore generale della repubblica la notte del massacro Abarca e sua moglie erano ospiti di una festa ad Iguala mentre la polizia assaliva, uccideva, rapiva ed infine consegnava gli studenti ai narcos. Sembra che il sindaco non volesse subire un nuovo affronto dopo che nel luglio 2013, gli studenti di Ayotzinapa accorsero ad un evento organizzato dalla signora Maria Pineda per protestare per gli omicidi degli attivisti della Unidad Popular, organizzazione nemica di Abarca. Organizzazione talmente nemica che il narco-sindaco, secondo alcune testimonianze, avrebbe ucciso a sangue freddo un loro esponente, Arturo Hernandez Cardona.
Sempre secondo la ricostruzione del procuratore la sparizione degli studenti di Ayotzinapa è stata ordinata via radio da José Luis Abarca il quale usava lo pseudonimo A-5 per comunicare/ordinare alla polizia polizia ed ai narcos dei Gurreros Unidos, legati a sua moglie Maria Pineda, quando iniziare l'operazione.