giovedì 29 aprile 2010

Coordinazione Andina di Organizzazioni Indigene

A Quito nella prima metà di marzo del 2010 si è riunito il II Congresso della Coordinazione Andina di Organizzazioni Indigene (CAOI), a cui hanno preso parte i rappresentanti dei popoli indigeni provenienti da Argentina, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Perù e Venezuela.
I temi affrontati in questo Congresso vanno dalla crisi planetaria all'emergenza climatica ed ambientale, alle condizioni di vita degli indio fino alla Ricostruzione dei Popoli e degli Stati plurinazionali.

Le cause della crisi economica globale,secondo il CAOI, è legata alle drammatiche condizioni del clima e dell'ambiente.
L'economia basandosi sull'accumulo senza freno di potere e denaro, da parte di pochi individui, insieme allo sfruttamento incondizionato delle risorse, conservate dalla Madre Terra (Pacha Mama), porta inevitabilmente al disastro ambientale che osserviamo oggi. Il cambiamento climatico non si combatte con gli aiuti economici ma proponendo nuovi modelli di sviluppo e di rispetto dell'ambiente e la vita delle persone. Secondo l'assemblea è importante resistere ed essere coesi contro ogni attacco che mina la dignità degli uomini e ne minaccia la propria vita; quindi è necessario che i movimenti indigeni ed i movimenti sociali si uniscano per dare vita a proposte e progetti per modificare la società.
Il tema de "La ricostruzione dei Popoli indigeni" è fondamentale ed inizia in ogni villaggio per ricordare e capire da dove ogni individuo proviene, chi è e chi sono i propri avi. Tutto ciò e si sviluppa fino alla creazione di un modello transnazionale; l'unico in grado di combattere la pseudo cultura che non rispetta la Pacha Mama e le tradizioni dei popoli.
Per difendere la Madre Terra dai cambiamenti climatici e dall'avidità delle imprese dall'assemblea è emerso che sarebbe utile ed importante la creazione dei Tribunali Indigeni di Giustizia Climatica che riescano ad emettere delle sentenze vincolanti per sanzionare e bloccare le società che non rispettano gli accordi e devastano il territorio. Altro punto su cui il CAOI si batterà è quello redarre una Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra alle Nazioni Unite, di far rispettare le indicazioni della Corte Interamericana dei Diriti Umani.

Per riuscire ad attuare tutto ciò le comunità indigene dovranno essere presenti anche a livello politico nei parlamenti dei vari paesi in cui vivono e successivamente riuscire a ritagliarsi uno spazio nelle conferenze politiche internazionali per essere capaci di difendere finalmente la Pacha Mama.

lunedì 26 aprile 2010

Chevron Vs. Ecuador

Il contenzioso tra Chevron e gli agricoltori delle comunità indigene della regione di Lago Agrio iniziò nel 1993 quando questi ultimi denunciarono la Texaco (acquistata nel 2001 dalla Chevron) per aver inquinato i fiumi della regione amazzonica, causato gravi malattie alle popolazioni per non aver correttamente smaltimento i residui dell'estrazione del greggio.

Nel settembre 2009 la multinazionale USA si era rivolta ad un tribunale federale statunitense per richiedere l'autorizzazione a sottoporre il contenzioso ad un arbitrato internazionale come previsto dagli accordi bilaterali per gli investimenti tra Ecuador e USA.
La volontà di portare davanti ad arbitrato internazionale la richiesta di risarcimento di 27 miliardi di dollari è una chiara strategia difensiva che mira ad estromettere la giustizia ecuadoriana. La contromossa del Governo di Quito è stata quella di presentare un ricorso contro l'istanza della Chevron.

Precedentemente la Chevron aveva richiesto ad alcuni tribunali federali statunitensi l'autorizzazione a rivolgersi ad un organo di giustizia diverso ma non era mai stata accolta la richiesta della multinazionale per cui rimaneva legittimo e poteva continuare il processo nel tribunale di Quito.
Le varie risposte negative ricevute dalla Chevron hanno portato la multinazionale a protestare decisamente contro i giudici statunitensi, queste proteste hanno portato alla destituzione di alcuni giudici ed all'invalidazione dell'ultima sentenza che rendeva ancora valida l'istanza della multinazionale.
Grazie a questi fatti il giorno 11 marzo 2010 la Corte federale di New York ammetteva le richieste Chevron sull'arbitrato.

I legali della Chevron hanno dichiarato: "la compagnia è lieta che il giudice Sand abbia negato uno stallo e che l'arbitrato ai sensi del trattato bilaterale per gli investimenti possa procedere". I legali continuano accusando il governo del paese latino americano di aver violato il trattato bilaterale degli investimenti tra Usa e Ecuador, più precisamente, nel punto due in cui questi deve forzare il tribunale ecuadoriano a rigettare la causa ambientale, per non competenza. Mentre i legali della comunità indigena hanno dichiarato che la decisione della corte statunitense non porta ad una sconfitta ma solo ad un allungamento dei tempi per avere giustizia.

Con l'ingresso nel contenzioso di un giudice internazionale vi è un'alta percentuale che l'organo sovranazionale non ammetta come parti lese le comunità indigene della regione di Lago Agrio ma limiti il procedimento giuridico al Ecuador ed alla Chevron perché i trattati bilaterali limitano al Governo di Quito, di Washington ed alle società che stipulano accordi commerciali nei due Paesi il diritto di ricorrere alla giustizia.

giovedì 22 aprile 2010

... e la chiamano democrazia

In Honduras la democrazia e la pace non ci sono ancora anche se il Governo, figlio del golpe, di Lobo si ostina ad affermare che il paese è tranquillo e vive nella piena democrazia, a Lobo fa eco il maggiore quotidiano nazionale, La Prensa di proprietà di un ex-ministro golpista, che manipola costantemente i fatti.

Le finte elezioni non hanno cambiato la politica di repressione verso gli oppositori del Golpe e del Governo.
Nel Paese la situazione si aggrava di giorno in giorno con sequestri, omicidi, atti di repressione sia fisica che psicologica. Gli obbiettivi di queste violenze sono i militanti ed i dirigenti del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP).
Sono ricomparsi alcuni squadroni della morte vicini all'attuale ministro della Pubblica Sicurezza, Oscar Alvarez.
Alvarez ricoprì la medesima carica nel governo Maduro (2002 - 2005) e rispolverò gli squadroni della morte per dare vita al suo programma di "limpieza social". Il fine di "limpieza social" doveva essere la sensibile diminuzione dei reati, invece portò a vere e proprie esecuzioni sommarie dei niños de la calle e giovani de las maras, adesso gli obbiettivi degli squadroni della morte sono coloro che aderiscono al FNRP.
Ulteriore prova che i bersagli di Óscar Álvarez sono gli esponenti del FNRP si è avuta quando il ministro ha dichiarato: "è necessario sradicare la resistenza in quanto non ha più ragione di esistere. Per farlo sono stati attivati anche i Servizi Segreti". La strategia dei servizi seegreti è quella di alimentare il terrore uccidendo e minacciando i dirigenti del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare. Questi atti segnano l'inizio di una "guerra a bassa intensità" tipica delle nazioni che usano il terrorismo di stato per spaventare, indebolire e dividere gli oppositori.

La "guerra a bassa intensità" ha già fatto le sue prime tre vittime; Claudia Larissa Brizuela (sindacalista e figlia di Pedro Brizuela noto dirigente del FNRP), Vanessa Zepeda e Julio Funes anche loro dirigenti del FNRP. I tre sono stati tutti uccisi mentre stavano uscendo dalle loro case.
Gli omicidi degli attivisti del FNRP sono le azioni di cui si servono i golpisti per terrorizzare chi cerca ostinatamente di ripristinare la democrazia in Honduras.

domenica 18 aprile 2010

Il massacro di Trelew

Trelew è una cittadina della Patagonia dove a seguito di una rivolta di numerosi prigionieri politici, che si opponevano alla deposizione del presidente Arturo Illia, nel carcere cittadino avvenne un feroce massacro.
La rivola nel penitenziario federale portò alla morte di un'agente, al tentativo di fuga di più di cento oppositori del regime che furono quasi tutti catturati; coloro che riuscirono a fuggire si misero in salvo in Cile.
I prigionieri politici che non riuscirono nella fuga furono rinchiusi in un carcere militare ed il 22 agosto 1972 diciotto di loro furono svegliati alle tre e mezza del mattino, obbligati a formare due file ed a fissare il pavimento; infine furono colpiti da alcune raffiche di mitra. I sopravvissuti ai colpi sparati dai mitra furono finiti uno ad uno con un colpo di pistola.
Tre prigionieri riuscirono a salvarsi.
A trentasei anni del massacro l'ex. tenente Roberto Bravo è stato arrestato negli Stati Uniti dove risiede dalla fine degli anni '70 e dirige un'azienda che collabora con l'esercito USA fornendogli servizi medici.
Bravo è accusato dai tre sopravvissuti di essere l'ufficiale che sparò i colpi di grazia ai feriti. L'arresto è avvenuto, a fine febbraio 2010, dopo che il giudice federale Hugo Sastre, di Rawson (Argentina) ha riaperto l'indagine a seguito di un'inchiesta del quotidiano Pagina12 che aveva scoperto che Bravo risiedeva negli Stati Uniti.
La testimonianza dei tre sopravvissuti risale addirittura al maggio del 1973 quando il poeta Francisco Paco Urondo gli intervistò nel carcere di Villa Devoto; nel loro racconto parlano anche di un commilitone chiamato Sosa che aiutò Bravo a finire i prigionieri. L'ex tenente e Sosa, secondo le testimonianze, prima di uccidere e feriti avrebbero chiesto loro se erano pronti a rispondere ad alcune domande ma questi rifiutandosi di sottoporsi ad un interrogatorio furono uccisi a sangue freddo.
Bravo e Sosa non sono gli unici accusati del massacro ma insieme a loro risultano accusati anche il capitano Jorge del Real ed il caporale Carlos Marandino per l'omicidio di sedici persone, con l'aggravante del tradimento, in quanto soldati, e della premeditazione.

mercoledì 14 aprile 2010

Il petrolio ecuadoriano e Agip

Alla fine degli anni '80 in Ecuador alcune esplorazioni del sottosuolo nella foresta amazzonica, precisamente nella provincia di Villano, scoprirono alcuni giacimenti di petrolio. Con questa scoperta lo stato ecuadoriano decise di mantenere propri i diritti sfruttamento dell'oro nero ma affidava a due compagnie, Arcoriente controllata da Petroecuador ed AGIP OIL, l'estrazione.
In questi venti anni Agip ha acquisito la maggioranza delle azioni di Arcoriente e di conseguenza oggi è l'unica società che estrae greggio nell'area di Villano.

Per poter estrarre l'oro nero Agip ha dovuto negoziare con le comunità indigena, che secondo la costituzione dell'Ecuador sono le legittime proprietarie delle terre da loro abitate sin da epoche ancestrali. Il compromesso a cui sono giunte le trattative dava il permesso al Agip di estrarre il petrolio a patto che giungessero nell'area degli investimenti che permettessero il locale sviluppo con nuove infrastrutture e con formazione tecnica.

L'estrazione del petrolio ha causato alcuni problemi sia a livello sociale che ambientale.
Gli accordi tra Agip e comunità indigene doveva creare nella regione alcune infrastrutture e migliorare la qualità della vita grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro con un buon salario, invece il miglioramento non vi è stato ed anzi la migrazione interna, attratta da nuove prospettive di lavoro, ha creato tensioni sociali ed ha aumentato addirittura la disoccupazione.
Sembra che molti leader indigeni si siano lasciati corrompere dall'azienda italiana per cercare di avere un certo controllo sulle manifestazioni di protesta e per limitare gli investimenti che secondo gli accordi doveva effettuare.

Oltre ai problemi sociali si sono avuti anche quelli legati all'ambiente a causa di versamenti dalle condutture, che trasportano il greggio e le acque reflue ancora non trattate, nei fiumi della provincia causando la morte di numerosissimi pesci, la formazione di schiume e macchie oleose ed infine rendendo impossibile per le comunità locali l'utilizzo delle acque dei fiumi per le irrigazioni.
La preoccupazione dei nativi sta aumentando; a fine 2009 il contratto tra Ecuador ed Agip scadeva ma le operazioni di estrazione e di esplorazione da parte della compagnia petrolifera sono continuate ed addirittura si ha notizia dell'apertura di tre nuovi pozzi. Dopo alcune proteste e manifestazioni contro l'apertura dei tre nuovi pozzi, non concordati con le comunità locali, l'azienda italiana ha affermato di essere in possesso di una proroga per l'estrazione del petrolio; questa proroga, però, per adesso non è stata ancora resa pubblica e non se ne trova traccia in alcun documento ufficiale dello stato ecuadoriano.
Lo scontro tra i nativi ed Agip è sfociato anche in una denuncia al tribunale di Puyo per per danni ambientali con la richiesta di risarcimento di molti milioni di dollari.

Il portavoce della comunità Villano Paparaua durante una manifestazione contro le trivellazioni ha dichiarato: "In questi anni l'azienda italiana ha ricavato notevoli utili dallo sfruttamento ma le promesse non si sono avverate. I soldi e lo sviluppo promesso sono rimasti sulla carta. [...] Oggi gli effetti dell'intervento occidentale, quali aver causato divisione nell'organizzazione indigena, alcolismo, contaminazione del suolo e conseguente povertà per mancanza di alternative sono elementi di cui le nuove generazioni chiedono conto. C'è effettivamente stato un accenno di sviluppo. La gente pero' non si è resa conto di aver pagato con la propria cultura, di aver perso la capacità di vivere la Natura. In un certo senso è corretto dire che ci siamo impoveriti tutti, perché ci è stato tolto il bene più prezioso che avevamo, un patrimonio tramandato a voce per secoli".

sabato 10 aprile 2010

Il petrolio delle Malvinas

A largo delle isole Malvinas secondo gli studi di alcuni esperti sembra che vi siano giacimenti di petrolio pari a 60 miliardi di barili. Dopo questa scoperta il governo britannico, che ha la sovranità dell'arcipelago, ha deciso di iniziare l'estrazione dell'oro nero e per questo ha inviato una piattaforma petrolifera a circa 100 km a nord delle Malvinas che è arrivata a destinazione alla fine di febbraio del 2010.
La piattaforma dovrebbe essere allestita e quindi iniziare le sue operazioni di trivellazione ed estrazione del petrolio entro la prima metà del 2010.

La decisione di sfruttare i giacimenti petroliferi delle Malvinas da parte del governo britannico ha scatenato le reazioni del governo argentino. Lo scontro politico sull'oro nero ha riaccendere la disputa, mai totalmente sopita, tra i due paesi per la sovranità dell'arcipelago sfociata nel marzo 1982 con l'invasione Argentina e la successiva risposta Britannica che nel giugno 1982 completò al riconquista delle Malvinas.

Il governo argentino ha ordinato di inasprire i controlli oltre a richiedere un'autorizzazione preventiva per tutte le imbarcazioni che sono dirette alle Malvinas e che transitano nelle proprie acque territoriali; inoltre la presidenta Cristina Fernandez ha protestato formalmente con il primo ministro Gordon Brown accusandolo di violare della sovranità territoriale dell'Argentina.
Il Ministro degli Esteri britannico David Miliband ha risposto dichiarando che "le operazione di preparazione ed estrazione del greggio è completamente in conforme al diritto internazionale. Inoltre tutte le operazioni che verranno effettuate sulla piattaforma saranno monitorate per assicurare la sicurezza degli abitanti delle isole Falkland."

martedì 6 aprile 2010

L'oro del Messico/2

Il progetto della Vista Gold, che aveva acquisito i diritti per poter creare una miniera per l'estrazione dell'oro nella Riserva della Biosfera Sierra de la Laguna, sembra che abbia avuto un duro colpo.

Il governatore di Baja California Sud, Narciso Agúndez, ha finalmente ricevuto per un colloquio il rappresentante del comitato di cittadini, Ariel Ruiz, che gli ha esposto tutte le preoccupazioni della popolazione della Sierra de la Laguna che ha manifestato, raccolto di firme e cercato di far conoscere tramite i media lo scempio che la Vista Gold stava per attuare.
Ruiz ha affermato: "Siamo molto preoccupati perché gli svantaggi che provocherebbe la miniera sono molti di più dei benefici. Un'intera regione ne sarebbe coinvolta, sconvolta e distrutta".
Dopo questo incontro il governatore ha capito e condiviso, finalmente, la preoccupazione della popolazione e si è impegnato per cercare di fermare la creazione della miniera d'oro che avrebbe sicuramente un impatto sociale e ambientale devastante.
Agúndez, insieme alle oltre quattromila firme raccolte dal comitato dei cittadini della Baja California Sud, ha invitato la Segreteria dell'Ambiente e delle Risorse Naturali a bloccare ogni possibile licenza per lo sfruttamento delle risorse del Riserva della Biosfera Sierra de la Laguna, che oltretutto l'Unesco riconosce come patrimonio dell'umanità.

Adesso si attende che il governo federale accolga la richiesta fatta dai cittadini della Baja California Sud e blocchi questo scempio.

venerdì 2 aprile 2010

L'intricata vicenda del Ejercito del Pueblo Paraguayo

La lotta intrapresa dal governo Lugo per cercare di fermare l'Ejercito del Pueblo Paraguayo non è solo di tipo militare ma anche diplomatico. Lugo ha chiesto a metà febbraio 2010 al presidente Lula di revocare lo status di rifugiato politico a tre uomini Juan Arrom, Anuncio Martì e Victor Colman accusati di far parte del EPP. I tre uomini prima di espatriare in Brasile erano i dirigenti di un piccolo partito dell'estrema sinistra paraguaiana ( Partido Patria Libre) che è considerato parte del Ejercito del Pueblo Paraguayo.
La richiesta di estradizione è stata motivata dal fatto che i rifugiati politici avrebbero partecipato ad alcune azioni del EPP tra cui sequestri di persona ed assalti a caserme su cui "esistono provati motivi per segnalare che si debba applicare la cancellazione o addirittura la revoca dello status di rifugiati a queste persone".

Nello scontro tra stato paraguaiano e EPP vi è una aspetto che complica la comprensione di tutta la situazione ed è il fatto che nel gennaio 2002 i tre dirigenti del Partido Patria Libre furono accusati di alcuni sequestri di persona a scopo d'estorsione e poco dopo queste denunce furono arrestati dalla Polizia Nazionale.
I familiari di Arrom, Martì e Colman non riuscirono a contattare i loro cari per circa tre settimane fino a che la madre di uno di loro non li ritrovò, casualmente, in casa di un commissario di polizia con palesi segni di tortura sui loro corpi.
Le indagini che vennero condotte dopo le denunce dei tre esponenti politici furono molto approssimative e portarono ad un processo farsa che assolse tutti i funzionari di polizia indagati; per la mancanza di un processo giusto decisero di chiedere asilo politico al Brasile da dove denunciarono alla Commissione interamericana dei diritti umani il trattamento a loro riservato dalla Polizia Nazionale.
L'avvocato difensore della Commissione dei diritti umani Martin Almada ha affermato: "Ci sono molte cose che lasciano perplessi. Quello che bisognerebbe fare è rivedere tutti i fatti dall'inizio perché le cose sono state fatte male. E molte altre cose in questa vicenda sono state occultate."