mercoledì 31 dicembre 2014

Uruguay: Vasquez eletto Presidente

Il 30 novembre 2014 il candidato del Frente Amplio, Tabaré Vázquez, ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali con il 52,8% dei voti contro il 40,5% del candidato conservatore Luis Alberto Lacalle Poub del Partido Nacional.
Il ballottaggio si era reso necessario perché al primo turno Tabaré Vázquez aveva avuto il 47,8% mentre Lacalle Poub si era fermato al 30,8% e Pedro Bordaberry del Partito Colorato, figlio del dittatore Juan María Bordaberry che guidò il colpo di stato del 1973, sotto il 15%.

La campagna elettorale di Vasquez si è basata sulla continuità del progetto politico iniziato dal suo predecessore Josè "Pepe" Mujica ed ha sottolineato la volontà di lavorare per aumentare l'inclusione democratica, migliorare i servizi pubblici, la formazione professionale dalla quale si avrà una maggior valore alla produzione manifatturiera ed infine proverà a consolidare l'apparato economico dal quale il governo reperirà le risorse economiche per migliorare ancora la giustizia sociale e la redistribuzione delle ricchezze.
Sempre durante la campagna elettorale Vasquez ha ventilato la possibilità, sembra sempre molto più concreta, di farsi affiancare, da un nome nuovo del panorama politico nazionale, nel suo mandato da Raul Fernando Sendic (figlio di uno dei grandi leader del Movimento di Liberazione Nazionale-Tuparamos) che potrebbe essere il nuovo vice-presidente e/o presidente del parlamento. 
Oltre a questi punti di continuità con l'attuale presidente Josè "Pepe" Mujica (il cui mandato termina il 1 marzo 2015) vi sono alcuni aspetti che non lo fanno apprezzare completamente dall'elettorato più progressista, che ha sostenuto con forza Mujica durante il suo mandato, e riguardano le posizioni più conservatrici rispetto alla depenalizzazione dell’aborto, ai matrimoni tra persone dello stesso sesso ed alla legalizzazione della marijuana. Questi punti molto probabilmente saranno oggetto di modifiche legislative e/o dei loro protocolli attuativi.

Lo sconfitto Luis Lacalle Pou (figlio dell’ex presidente Luis Alberto Lacalle dal 1990 al 1995) che governò il paese con un programma neoliberista) ha basato la sua campagna elettorale sul rinnovamento e sul dialogo politico. 
I sui slogan sono che ha ripetuto come mantra durante gli incontri con la popolazione sono stati: "Uscire dall’Uruguay dell’assistenzialismo per entrare nel paese delle opportunità", "La povertà non solo genera vulnerabilità ma anche dipendenza e questa si combatte con l’educazione non con piani sociali" ed anche "deideologizzare le relazioni internazionali e aprire il paese agli investimenti stranieri". Andando oltre gli slogan politici il suo programma affonda le radici nella politica neoliberista la stessa politica che attuò suo padre e che portò l'Uruguay in una grave crisi economica e sociale. 

Le conquiste degli ultimi anni hanno posto l'Uruguay sotto i riflettori perché di fatto è un vero e proprio "laboratorio politico" che ha saputo dimezzare l'inflazione e la povertà (oggi rispettivamente al 9% e 11%), migliorare l’istruzione, migliorare le politiche sociali e raddoppiare i salari ed il loro potere d'acquisto. Inoltre con gli intensi contatti che Mujica ha saputo tessere con le Presidentesse dell'Argentina e del Brasile, ed anche con Obama, sono stati importanti ed hanno fatto guadagnare molta credibilità ed importanza nello scenario politico internazionale. Per queste ragioni la vittoria di Tabaré Vázquez nelle presidenziali in Uruguay ha una rilevanza internazionale e pone grandi aspettative e pressioni sul neo presidente.

lunedì 22 dicembre 2014

Guatemala: la tenacia del popolo maya Achi

La costruzione della diga di Chixoy in Guatemala ha portato con se anche una violenta repressione verso le popolazioni maya che si opponevano al progetto.
L'opera risale ai primi anni Ottanta e obbligò circa 4.000 persone, della popolazione maya Achi, ad abbandonare le proprie terre e portò alla morte di 444 maya Achi che si opposero ai piani di sviluppo dettati dalla dittatura militare o al reinsediamento forzato.

I maya Achi una volta costretti ad abbandonare le proprie terre sono stati costretti a vivere nell'estrema povertà oltre che nell'oblio dello Stato che ha violato numerosissime volte i loro diritti e la ricerca di verità e giustizia. 
La verità è stata accertata con grande chiarezza grazie allo studio indipendente effettuato dal Chixoy Dam Legacy Issues Study nel 2005 in cui rese pubbliche le prove, raccolte negli anni, con le quali furono collegate le violenze subite dal popolo Achi alla costruzione della diga, finanziata dalla Banca mondiale e dalla Banca interamericana per lo sviluppo, in maniera inequivocabile.

Nel 2006 il governo avviò i negoziati con l’associazione delle vittime di Chixoy (Cocahich) per risarcire le vittime ed i familiari delle persone torturate e poi uccise o desaparecide.
I negoziati sono continuati fino al 2010 anno in cui fu raggiunto l'accordo che però fu sottoscritto solo dal Cocahich ma non dal governo guatemalteco che si rifiutò di firmare e di conseguenza si sottrasse alle proprie responsabilità.
Dopo altri 4 anni di pressioni e manifestazioni il governo ha accettato di sottoscrivere l’accordo legale per il risarcimento delle vittime di Chixoy; in questo accordo il governo, che dovrà essere ratificato dal parlamento entro la fine del 2014, si impegna a stanziare 154 milioni di dollari alle famiglie maya, a restituire le terre sottratte illegittimamente e ricostruire case e ospedali distrutti per fare spazio alla diga. 

Dopo più di 30 anni, grazie alla tenacia del Cocahich lo stato guatemalteco, con la firma dell'accordo, si riconosce formalmente responsabile delle violenze subite dalle popolazioni maya Achi.

martedì 9 dicembre 2014

Honduras: Ucciso esponente Cinph

A fine agosto 2014 è stata assassinata vicino al villaggio El Planón, Villanueva (Honduras) Margarita Murillo, ex-esponente della Centrale nazionale dei lavoratori agricoli e del movimento contadino honduregno, membro della Direzione nazionale della Resistenza honduregna e fondatrice del partito Libertà e Rifondazione (Libre).
L'omicidio secondo alcuni testimoni sarebbe stato commesso da alcuni uomini a volto coperto ed armati (si parla di 4 persone) che l'avrebbero avvicinata alle spalle e uccisa a sangue freddo.

Margarita Murillo era già stata aggredita varie volte e l'ultima volta è accaduto il 26 luglio quando un gruppo di militari fece irruzione nella casa, a sud di San Pedro Sula, ed sequestrò suo figlio Samuel del quale ancora oggi non si hanno più notizie.
Il Coordinamento indigeno del potere popolare dell'Honduras, Cinph, in un suo comunicato ha condannato fermamente l'omicidio di Margarita Murillo e chiede con forza che tutte le istituzioni si impegnino in "una indagine veloce ed esaustiva al termine dei quali i responsabili materiali e intellettuali di questo orribile crimine scontino una giusta punizione".
Nel comunicato si ricorda come anche il marito di Murillo, Oscar, fu ferito con alcuni colpi di pistola alle gambe durante la violenta repressione attuata dai militari contro le comunità contadine che protestavano nella località di Choloma.

Questi atti criminali sono il frutto dell'ondata di violenza che vede protagonisti le organizzazioni criminali e dalle autorità (polizia ed esercito) che vedono minati i loro interessi (economici e politici) dalle lotte/proposte/denunce che il Cinph sta alimentando come per esempio la proposta di una Riforma Agraria Integrale, le denunce impunità rispetto ad aggressioni e violenze ed infine la violazione dei diritti delle comunità indigene e contadine.

Oltre alle violenze subite dalla famiglia di Margarita Murillo è doveroso ricordare come oltre 200 contadini sono stati uccisi dalle repressioni di polizia ed esercito ma anche da gruppi paramilitari ed anche come circa 800 contadine sono imputate, per reati pretestuosi, solo perché chiedono e manifestano per una equa redistribuzione della terra.

Fatto indiscutibile è la militarizzazione del Paese, la criminalizzazione del dissenso popolare e la violazione dei diritti umani attuato dal golpe del luglio 2009 (orchestrato dal Partido Nacional de Honduras) che ha come fine l'eliminazione di ogni forma di opposizione.

venerdì 28 novembre 2014

Brasile: Rieletta Dilma Rousseff alla Presidenza

La presidentessa uscente del Brasile, Dilma Rousseff del Partito dei Lavoratori (PT), ha vinto il ballottaggio per le elezioni presidenziali con il 51,7% dei voti contro il 48,3% di Aécio Neeves del Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB).

L’affluenza è stata alta ed è arrivata a circa l’80%, la differenza in voti tra Rousseff e Neeves si attesta su oltre 3.500.000 a vantaggio della prima e del suo partito (Partito dei Lavoratori) che ha vinto in 15 stati, mentre lo sfidante Neves si è imposto in 12.
Il Brasile con questi risultati appare diviso dal classico conflitto classista in cui il sud, più ricco, ha votato per le destre mentre il nord, povero, ha votato per la sinistra. Per esempio a Sao Paulo vince nettamente Aecio Neves con il 64% dei voti così come nello stato del Río Grande do Sul in cui ottiene il 53% mentre a Bahia ed a Río de Janeiro si impone Dilma rispettivamente con il 55% e 69% delle preferenze.

La campagna elettorale è stata molto dura ed è durata un anno cioè da quando i media (controllati da grandi gruppi economici che appoggiano il PSDB) hanno iniziato un vera e propria guerra mediatica cercando di delegittimare il Governo in carica ed accusandolo di corruzione ad ogni livello e di non riuscire a gestire il rallentamento dell’economia interna; accuse che hanno esasperato gli animi della popolazione la cui protesta è esplosa poco prima dei mondiali di calcio. 
Neeves ha puntato molto sul rallentamento dell’economia e sull'aumento delle imposte subite dall’elite e dalla classe media che hanno visto in pericolo il loro status; grazie a queste paure Neeves ha proposto un maggior liberalismo nell'economia ed una forte politica di austerità che avrebbe tagliato i fondi a tutte le politiche sociali e di inclusione nate con il primo Governo Lula.
Di contro Dilma Rousseff, la cui affermazione stata molto difficile ma che assume una grande importanza per il Brasile e per il continente Latino Americano, ha ricordato come la politica del PT, seppur con molti difetti, ha ridistribuito una parte importante della ricchezza interna a favore delle fasce della popolazione più povere, ha aumentato il salario minimo, ha finanziato progetti sociali come la "borsa famiglia" ed aumentando l'accesso all'istruzione. 
Dilma si è impegnata a dare una maggiore spinta a tutte le politiche di inclusione, sviluppo sociale e sviluppo economico che hanno già aiutato 50 milioni di brasiliani ad uscire dalla povertà; infine ha annunciato una nuova legge sugli idrocarburi con cui riuscirà a raddoppiare (dal 5% al 10%) la parte di PIL dedicato all'educazione.

venerdì 21 novembre 2014

Evo Morales vince le elezioni in Bolivia

Le elezioni del 12 ottobre in Bolivia hanno visto vincere il presidente uscente Evo Morales ed il suo partito (MAS) con oltre il 60% delle preferenze, seguito da Unidad Demócrata con circa il 18% e da Partido Demócrata Cristiano con il 17%
Morales vince in tutti i dipartimenti tranne in quello di Beni che preferisce il candidato Samuel Doria Medina della Unidad Demócrata.
L'affluenza è stata molto buona, sui circa 11 milioni di aventi diritto l'80% si è recata alle urne ed a questi si sommano anche i 275.000 boliviani residenti all'estero che hanno votato per eleggere 130 deputati e 36 senatori. 

Morales vince grazie ad una destra interna molto frammentata e debole e vince anche contro gli attacchi arrivati dall'estero come la vicenda dello scorso anno in cui gli è stato proibito di sorvolare diversi paesi europei durante il suo viaggio diplomatico nel vecchio continente e contro anche le campagne mediatiche che invadono gli organi di informazione boliviani. 
Queste campagne di disinformazione non si fermano mai; anche a poche ore dall'apertura delle urne è stata diffusa una falsa notizia in cui si affermava che Evo Morales fosse stato vittima di un incidente/aggressione in cui sarebbe rimasto seriamente ferito.

Morales durante la campagna elettorale ha promesso che avrebbe continuato il processo di cambiamento iniziato con la sua prima elezione avvenuta nel 2006 quando era anche il secondo paese più povero dell'America Latina dopo Haití.
Dopo otto anni di il governo di Evo Morales è riuscito a dare una buona stabilità politica, l'economia è cresciuta nonostante la crisi globale (il PIL si è triplicato tra il 2006 ed il 2014), l'indice di povertà estrema dei propri concittadini è sceso dal 4% circa al 32% grazie agli utili derivati dalla nazionalizzazione dei giacimenti di gas naturale e petrolio. L'esclusione sociale si è ridotta fortemente grazie all'approvazione della legge che ha portato il salario minimo da 65 a 210$

Oltre ai progressi economici vi sono stati numerosi Programmi Sociali che hanno migliorato l'accesso ai servizi come l'acqua potabile, l'educazione (La Bolivia è stata dichiarato dall'UNESCO paese libero dall'analfabetismo nel 2008) e la salute (grazie ad un programma istituito con il Governo Cubano sono state effettuate poco meno di 660.000 operazioni agli occhi per far recuperare la vista ai cittadini più indigenti); oggi questi servizi sono diventati diritti per i boliviani anche se vi è molto da lavorare dato che ancora il 10% circa di loro non riesce ad accedere.

Evo Morales in questi anni ha stravolto lo stato boliviano basato su regole colonialiste, razziate e guidato da una piccola oligarchia che nessun mai aveva messo in discussione con i principi del buen vivir.

martedì 11 novembre 2014

Messico: i desaparecidos di Ayotzinapa/2

I giorni successi all'attacco di Iguala pianificato da polizia e narcos si è fatta sentire la pressione della popolazione e dei media che chiedevano con fermezza l'individuazione dei responsabili. E grazie a queste pressioni la Procura Generale della Repubblica ha fatto arrestare 22 poliziotti, pagati dai narcos, e 8 narcos. Gli interrogatori portano alla luce alcune dinamiche dell'agguato ed inoltre rivelano l'esistenza di sei fosse comuni, alle pendici di un colle nella periferia della città di Iguala, in cui vengono trovati 28 studenti anche se i desaparecidos sono 43. 

La polizia di Iguala è stata disarmata e trasferita presso il centro militare del Dipartimento della difesa a Tlaxcala. Le loro armi sono state sequestrate e verranno effettuati test balistici per determinare se sono state utilizzate per atti criminali. 
I poterei della polizia sono stati affidati alle Forze Federali Messicane che sono giunte ad Iguala affinché, secondo le parole del commissario per la Sicurezza Nazionale Rubido García, "i crimini non restino impuniti e che i responsabili siano puniti secondo la legge". 

I poliziotti arrestati accusano il loro capo, Francisco Salgado, anche lui agli arresti per aver dato l'ordine di assaltare gli studenti alla stazione degli autobus mentre assicurano che il narcotrafficante, El Chucky, abbia ordinato di sequestrare i giovani. 
Secondo le indagini del procuratore dello stato di Guerrero, Iñaki Blanco, anche il sindaco Abarca è implicato anche se per adesso si parla solo di "omissioni" e chiederà la revoca della sua immunità; ma dalla sua ricostruzione non si comprende se esistono altri responsabili.
Il procuratore dovrebbe far luce su numerosi aspetti come chi ha ordinato questa operazione? per quale motivo il sindaco, sua moglie ed il capo della polizia siano fuggiti? La polizia è agli ordini dei narcos o fa parte del cartello dei Guerreros Unidos? 
Per quanto riguarda il sindaco, José Luis Abarca, e sua moglie, María Pineda, ci sono già alcune inchieste (mai concluse) e numerose prove che legano i due al cartello dei Beltrán Leyva ed anche di come le forze dell'ordine di Iguala sono gestite e controllate dai narcos. 

L'opinione pubblica messicana spera che Blanco possa fare giustizia e che anche lui non sia connivente, come la quasi totalità dell'apparato politico e di giuridico, con i narcotrafficanti che ormai governano il paese.

lunedì 3 novembre 2014

Messico: i desaparecidos di Ayotzinapa/1

Il pomeriggio del 26 settembre 2014 un gruppo di studenti (tutti tra i 17 e i 20 anni) della scuola Escuela Normal Rural de Ayotzinapa vuole dirigersi a Iguala per raccogliere del denaro per poter partecipare al corteo del 2 ottobre a Città del Messico che si svolge ogni anno.
La manifestazione è in ricordo della strage di stato del 1968 in cui l’esercito uccise oltre 320 tra studenti e manifestanti in Plaza Tlatelolco. 
Per raccogliere il denaro gli studenti decidono di "occupare" tre autobus che li porteranno ad Iguala; alla stazione degli autobus ci sono, però, un nutrito gruppo di poliziotti, con l’uniforme del comune di Iguala, in assetto da guerra. Gli studenti scendono e la polizia apre il fuoco senza nessun preavviso. 
La polizia non compie questo agguato da sola ma viene supportata da altri uomini anche loro ben armati che sparano anche loro sui ragazzi e che si scoprirà, poco dopo, che questo "gruppo di supporto" è stato inviato dai narcotrafficanti del cartello dei Guerreros Unidos.

Nell'agguato teso dalla polizia e narcos vengono uccisi tre studenti e 25 restano feriti di cui uno in stato di morte cerebrale. Gli studenti che fuggono vengono catturati dalla polizia che li carica sulle loro camionette verso una destinazione che nessuno conosce.
La polizia ed i narcos non impegnati nel rastrellare gli studenti si riversano nelle strade fuori dalla città per intercettare altri autobus carichi di studenti; nella strada che collega Ayotzinapa a Iguala viene bloccato un autobus di una squadra di calcio (los avispones). Anche questo viene assaltato, perché scambiato per un mezzo carico di studenti, la polizia spara ancora ed uccide David Josué García Evangelista (un giovane calciatore di quattordici); nell'assalto viene coinvolto anche un taxi  anni nel quale viaggiano il conducente ed una passeggera che saranno uccisi dai proiettili vaganti. 

Poche ore dopo il rastrellamento congiunto polizia-narcos mancano ancora all'appello 43 studenti ed in una via della città viene abbandonato il corpo dello studente Julio Cesar Mondragón ormai morto a cui è stata scorticata completamente la faccia ed cavato gli occhi, secondo l’usanza dei narcos.

venerdì 24 ottobre 2014

Argentina: non è un nuovo default

Analisti finanziari, fondi di investimento speculativi ed agenzie di rating hanno dichiarato per la seconda volta in 13 anni il default finanziario dell'Argentina.
Default che palesemente non esiste ma che è stato invocato da chi appoggia quei fondi speculativi che ad oggi detengono il 7.6% del debito argentino ed avvallata dalla corte suprema di un paese terzo (USA) che ha addirittura imposto all'Argentina di pagare i fondi speculativi ma non alle condizioni pattuite con il restante 92.4% di creditori.
Il tribunale statunitense ha riconosciuto ai fondi di investimento il loro diritto a veder saldato il debito anche se il debito contratto è frutto di un contratto usuraio sottoscritto da un governo corrotto, strutturato per depredarlo di ogni sua ricchezza ed appoggiato dai governi del paese terzo che oggi gli impone il pagamento dei "debiti".

Questo "default" nasce in un contesto molto particolare dato che l’Argentina in questi ultimi anni ha mantenuto fede ai propri impegni di pagamento e lo dimostra il fatto che nel 2014 abbia versato al Club di Parigi ben 650 milioni di dollari; probabilmente tutte queste manovre si pongono il fine di indebolire il "fronte" dei paesi latinoamericani che dal default argentino del 2001 si sono sempre più allontanati dai dogmi monetaristi e riuscire a decidere del loro destino.

La risposta del Governo argentino non è tardata e la presidenta Cristina Fernandez ha proposto la ley de Pago Soberano de la Deuda Local (legge che permette di pagare il debito in un altra sede rispetto agli Stati Uniti); Fernandez illustrando la legge ha affermato: "Siamo oggi in una situazione opposta a quella accaduta nel 2001 in Argentina [...] L'Argentina vuole pagare, può permettersi e pagherà tutti i suoi debiti a tutti gli obbligazionisti." 

La ley de Pago Soberano de la Deuda Local è stata impugnata dai "fondos buitre" ed il giudice Thomas Griesa ha bloccato i pagamenti che il Governo argentino intendeva effettuare ai creditori presso un istituto di credito a Buenos Aires; comunque la sovranità nazionale argentina sembra abbia avuto la meglio sulla folle ingerenza del giudice statunitense. 
L'Argentina è "un paese che è disposto a pagare e ha la capacità di pagare. E pagherà il suo debito, nonostante le “molestie” dei fondi avvoltoio", ha detto  Cristina Fernandez, "Non solo sono terroristi quelli che mettono le bombe. Sono terroristi anche quelli che destabilizzano l'economia di un paese e radere al suolo la sovranità".

giovedì 16 ottobre 2014

Il nagazionismo Guatemalteco

La condanna ad 80 anni di reclusione per genocidio e delitti di lesa umanità contro le popolazioni indigene Ixil commessi dal generale golpista Ríos Montt (link) è durata solo dieci giorni perché la Corte Costituzionale l'ha annullata perché avrebbe riscontrato alcuni passaggi incostituzionali durante i dibattimenti (link).

L'annullamento della condanna ha sancito che il processo dovrà essere rifatto e la data per il nuovo procedimento è fissata per il 5 gennaio 2015 quando ormai Ríos Montt avrà 88 anni; inoltre questa sentenza continua ad escludere lo da qualsiasi responsabilità per il lunghissimo "conflicto armado" che ha insanguinato il Guatemala tra il 1960 e il 1996 dato che i responsabili delle violazioni commesse ai danni delle popolazioni civili non siano mai stati puniti. 

Mentre in patria Montt gode dell'appoggio della destra reazionaria, che ha sempre appoggiato i suoi metodi sanguinari e la sua ossessione anticomunista arrivando a proteggerlo per oltre 15 anni facendolo eleggere come deputato al congresso ed addirittura candidandolo come presidente del paese, l'ONU lo ha inserito nell'elenco dei dittatori più sanguinari del XX secolo. 
Inoltre i sostenitori dell'ex-generale hanno dato mandato ad alcuni avvocati di cercare di far estendere anche a lui l’amnistia decretata nel 1986 per tutti i militari responsabili del genocidio maya e della guerra sporca contro la guerriglia perché Montt è stato dichiarato colpevole dell'omicidio dei di 1771 indigeni Ixiles.
Oltre ai sostenitori in patria Montt beneficia delle folli teorie negazioniste dello "storico" statunitense David Stoll il quale sostiene quanto non sia giusto parlare di genocidio maya; ma che sia corretto indicare come la guerra tra l'esercito nazionale e quello della guerriglia abbia coinvolto la popolazione civile che si è trovata nel mezzo ai due fuochi.
La teoria di Stoll ha da subito trovato l'appoggio incondizionato dei militari e della destra guatemalteca (appartenenti al Comité Coordinador de Asociaciones Agrícolas, Comerciales, Industriales y Financieras - Cacif); lo "storico" afferma anche che Montt non abbia mai ordinato di massacrare le popolazioni indigene ma che furono i comandanti dei battaglioni dell’esercito che agirono in tal senso perché godevano di un'ampia autonomia. 

Grazie a questo clima revisionista anche l'attuale presidente, Otto Pérez Molina, è riuscito a prendere le distanze e scagionarsi per i violenti interventi repressivi tra il 2012 e il 2013 a Totonicapán ed a Santa Cruz Barillasnche da lui ordinate. In questi ultimi episodi le comunità indigene manifestavano e si opponevano ai mega-progetti per lo sfruttamento minerario ed alla costruzione di nuove centrali idroelettriche. In quel periodo l'esercito intervenne numerose volte e sparò sui manifestanti provocando molti morti.
Anche Molina ha negato il genocidio Ixil affermando che l'unica soluzione per la pacificazione nazionale è quella della "reconciliación sin mirar al pasado"; in altre parole dimenticarsi dei delitti commessi dallo stato, non punire e/o scoprire i responsabili di tali atrocità e relegare all'oblio le scellerate scelte del governo che impose alla popolazione Ixil la migrazione forzata verso le montagne o la reclusione nelle "città modello", altro nome per i campi di concentramento, quando non furono passati alle armi.

martedì 7 ottobre 2014

Argentina: repressione e fracking

Nella provincia Argentina di Entre Rios vi è una forte resistenza contro la pratica estrattiva del fracking grazie alle numerose ordinanze municipali che la proibiscono nelle aree vicine ai centri urbani. 
In Argentina perforare pozzi di petrolio e di gas nelle città fino a penetrare nei quartieri periferici è possibile grazie ad una legislazione nazionale molto permissiva.

Le popolazioni di Entre Rios manifestano contro il fracking ed in una di queste manifestazioni è stata organizzata agli inizi di agosto 2014 sulla ruta 15 per intercettare solo i carichi eccezionali che trasportavano macchinari per le prove sismiche in Uruguay. 
Durante questa manifestazione che era pacifica e che non bloccava il traffico vicino alla frontiera con l'Uruguay sono intervenuti circa quaranta gendarmi che hanno usato la forza per disperdere i manifestanti ed hanno arrestato quattro membri delle assemblee territoriali della provincia di Entre Rios (Horacio de Carli de la Asamblea Popular Ambiental de Colon, Bernardo Zalisñak e Facundo Scattone Moullines dell’Assemblea di Concordia d il giornalista Francisco Larrocaalla) trasportandoli alla Gendarmeria di Concordia.
I quattro attivisti sono stati detenuti per quasi due giorni nei quali sono stati sempre ammanettati ed hanno subito numerose aggressioni oltre a non fornire i medicinali necessari per curare le ferite di Francisco. Gli attivisti durante la loro prigionia sono stati colpiti duramente anche se i segni sui loro corpi non sono ben evidenti ma alcuni come i calci nelle caviglie non son riusciti a nasconderli.
Quello che è accaduto a Concordia è un episodio tipico di una dittatura oltre che per gli illegittimi e senza nessun ordine giudiziario oltre ad utilizzare un televisore ad alto volume per non permettergli di comunicare e di dormire.

Durante la detenzione illegale dei quattro attivisti i movimenti sociali e di alcuni partiti, sindacati ed associazioni hanno effettuato pressioni sulla Gendarmeria con picchetti di protesta, manifestazioni, denunce all'autorità giudiziaria ed mozioni nelle varie sedi istituzionali. Le loro pressioni e denunce hanno fatto sì che la Gendarmeria abbia liberato i manifestanti anche se il loro atto intimidatorio contro le associazioni politiche e sociali che si oppongono al fracking ormai si era compiuto anche grazie alla protezione del governo locale e di alcuni esponenti politici nazionali che vedono nell'estrazione selvaggia una risorsa per arricchirsi ed estendere il proprio potere.

Questo nuovo atto di repressione fa seguito a quelli del 2011 subito dalle comunità Mapuche di Gelay Ko e del agosto 2013 a Neuquén Capital ma per adesso sembra non aver sortito l'effetto sperato perché le assemblee pubbliche e gli attivisti si sono moltiplicati ed la coesione sociale e la solidarietà fra gli abitanti è ancora più salda.

venerdì 26 settembre 2014

Guatemala: la resistenza della comunità di Monte Olivo

Nel mese di agosto 2014 sono state sgomberate con la forza oltre 160 famiglie della comunità di Monte Olivo (Alta Verapaz in Guatemala) che avevano occupato le fincas Santa Rita e Santa Rita Xalahá Canguini per protestare contro la multinazionale Hidro Santa Cruz che ha progettato la costruzione di una centrale idroelettrica.

L'organo di informazione Prensa Comunitaria ha dato voce a moltissime richieste di aiuto provenienti dalla comunità Q’Eqchí di Monte Olivo perché minacciati dalla polizia, dall'esercito e dai paramilitari. 
La finalità dello stato guatemalteco è quello di far abbandonare gli insediamenti 9 de Febrero, Concepción, Cristalina e Nuevo Amanecer dalle popolazioni Maya Q’Eqchí (nelle quali vivono grazie alle piccole coltivazioni lungo le rive del Río Dolores) per iniziare la costruzione della nuova diga che non porterà nessun beneficio alle popolazione ma servirà solamente ad attrarre nuovi investimenti delle multinazionali ed a distogliere l'attenzione sui problemi storici del paese come la malnutrizione cronica, la mancata assistenza sanitaria da parte dello stato e le pesanti carenze nell'istruzione.

Le comunità di Monte Olivo non conoscono pace da quando si sono mobilitate nel 2013; durante le manifestazioni del giugno 2013 intervennero i patrulleros dell’esercito che usarono lacrimogeni e spararono colpi di fucile ad altezza uomo tanto da uccidere due bambini che partecipavano alla manifestazione. La loro morte non destò nessun scalpore nel paese perché i media guatemaltechi, che sono di proprietà dei principali gruppi industriali del paese e strettamente legati al governo, non dettero la notizia e celarono le violazioni dei diritti umani degli indigeni maya affermando che l'intervento dell'esercito era volto a fermare gruppi di "terroristi e narcotrafficanti" protetti dalle popolazioni locali.

La politica del Guatemala mira allo sfruttamento di tutte le ricchezze del paese (dal sottosuolo all'aria) ed è per questo che alle multinazionali è stato concesso l'esenzione fiscale (per esempio sono state create aree free-tax dove sono state create le maquiladoras). Con questi obbiettivi il governo impone uno stato d’assedio come misura di repressione oltre a provare a dividere le comunità che si oppongono alle multinazionali ed ai piani governativi grazie ad un piano di cooptazione. Chi accetta il piano di sviluppo del paese viene foraggiato con pochi spiccioli mentre gli altri sono perseguitati quotidianamente. Grazie a questa tecnica l’organizzazione non governativa Ceder, messa in piedi e mantenuta dall’impresa Hidro Santa Cruz, è riuscita a dividere le comunità di Monte Olivo permettendo così di non effettuare la consultazione dei popoli nativi espressamente richiesta dalla legge (a causa del minor numero di persone che si opponevano al progetto rispetto a chi ha accettato un compenso in denaro e così favorevoli) per la costruzione della centrale idroelettrica. 

Dal 2012 ad oggi vi sono stati altri due precedenti simili a Monte Olivo; il primo a Santa Cruz Barillas dove vi è stata una forte opposizione alla costruzione di una centrale idroelettrica da parte di Hidro Santa Cruz che è stata fiaccata con l'omicidio di un leader della comunità locale, il ferimento in modo grave di due manifestanti e l'imposizione dello stato d'assedio per più di un mese. Il secondo caso si è svolto a Totonicapán dove otto indio furono uccisi dai militari durante una pacifica manifestazione contro alcune riforme anticostituzionali che il presidente Otto Perez Molina voleva far votare al parlamento.

martedì 16 settembre 2014

EZLN: ¡Galeano vive! /2

Il Subcomandante Insurgente Marcos durante l'incontro a La Realidad il 24 maggio 2014 ha annunciato la "morte" della sua figura che ha definito "un ologramma" il quale è riuscito a focalizzare l’attenzione del mondo. Nato per essere il portavoce dell’EZLN e divenuto una vera e propria arma di distrazione di massa.
Nel suo discorso si legge che la sua creazione era ed è "una manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meravigliosa, una giocata maligna del cuore indigeno", il personaggio creato ad hoc è stato amato ed odiato anche se in fondo  "hanno amato e odiato un ologramma".
"Il loro amore e il loro odio, dunque, è stato inutile, sterile, vuoto", spiega il Subcomandante Marcos. Oggi è fondamentale riconoscere la coerenza del movimento nel tempo; gli zapatisti hanno scelto di non alimentare le fila dell’esercito e di non comprare armamenti e "rinforzare la macchina da guerra" ma hanno deciso di costruire scuole ed ospedali autonomi "perché anche se non sembra, ci vuole più coraggio a vivere che a morire".
Il Subcomandante non rinnega l'origine del movimento che in origine si è fatto largo con un’insurrezione armata ma è stata una necessità, perché senza le armi non avrebbero mai conquistato l’autonomia e non avrebbero mai potuto costruire niente e non sarebbero mai divenuti così forti per resistere, anni dopo la ribellione, senza armi agli attacchi dei militarie dei  paramilitari.
Il comunicato con cui il Subcomandante Marcos annuncia la sua morte ricorda tutti i compagni scomparsi o uccisi, ma sempre vivi nella memoria della comunità e ricorda come grazie a loro la lotta sia sempre viva.

Le ultime parole del Subcomandante Insurgente Marcos sono "salud y hasta nunca o hasta siempre, chi ha capito saprà che questo non importa, che non ha mai importato" e poco dopo abbandonati i panni del Subcomandante Insurgente Marcos si presenta con "buongiorno, compañeras e compañeros. Il mio nome è Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano. Qualcun altro si chiama Galeano?". "Io sono Galeano" rispondono i compagni e così mentre muore Marcos, Galeano vive e con lui continua vivere ed espandersi la comunità zapatista.

martedì 2 settembre 2014

EZLN: ¡Galeano vive! /1

Il 2 maggio 2014 è stata compiuta un'altra aggressione alle comunità zapatiste nella zona di Caracol De La Realidad con un'azione paramilitare preparata minuziosamente dai membri della CIOAC-Histórica nella quale è stata distrutta la scuola e la clinica del villaggio oltre al ferimento di quindici uomini. Il maestro dell’Escuelita zapatista, José Solís López detto "Galeano", è stato circondato da una ventina di uomini armati di bastoni, machete e fucili, è stato colpito con bastoni e machete, poi da una pallottola nel petto ed infine giustiziato con un colpo alla testa.

Undici giorni dopo l'attacco alla comunità di Caracol De La Realidad il Subcomandante Marcos ha invitato chiunque avesse voluto rendere omaggio al compañero Galeano a raggiungere il Caracol de La Realidad il 24 maggio.
A La Realidad sono giunti oltre 4000 persone per commemorare Galeano e per ascoltare le parole dei membri dell’EZLN che si sono presentati sempre col capo coperto da passamontagna, berretto verde e paliacate (fazzoletto rosso); inoltre avevano l’occhio destro coperto da una benda, "per guardare il mondo solo da sinistra".
Prima dell'intervento del Subcomandante Insurgente Marcos è stato il turno del Subcomandante Moisés, suo portavoce dal 2013 , a leggere un comunicato.
Nel comunicato letto da Moisés vi sono stati numerosi passaggi importanti come l'apertura in cui si è trovato "Non vi offriamo molte comodità, ma la certezza di essere forti e ribelli. Benvenuti a questa terra umile e ribelle, benvenuti a La Realidad". Successivamente il passo in cui si sottolinea cosa le comunità zapatiste cercano: "Cerchiamo giustizia, non vendetta, chiediamo a tutti di non provocare e di non cercare la giustizia per mano propria, di usare la rabbia contro il sistema e non contro questi poveri paramilitari comprati dal malgoverno, che non hanno il cervello per pensare alla vita dei propri figli". Infine vi sono le accuse ai governi (locali e nazionale) formati da corrotti e assassini, che forma continuamente gruppi paramilitari con lo scopo di far "uccidere i loro fratelli", è per questo che il governatore dello stato del Chiapas, Manuel Velasco Coello, viene definito uno dei tanti capi paramilitari comandati dal "el vendepatria" Enrique Peña Nieto, attuale presidente del Messico. 

Dopo Moisés è il turno del Subcomandante Insurgente Marcos che elenca i nomi dei responsabili, sia politici sia paramilitari , che hanno ordito ed attuato l'attacco, ha sottolineato che questa "gente è manipolata e venduta al malgobierno che vuole che ci ammazziamo tra indigeni e che perdiamo la testa diventando pazzi come sono loro. Stanno facendo il lavoro di Peña Nieto e del demonio del neoliberismo. Chiediamo a questa gente, cosa insegnano ai loro figli? Ad ammazzare la propria gente in cambio di denaro? La nostra vendetta va oltre questa gente, è contro il capitalismo".
Marcos sottolinea come il desiderio di vendetta non esista nella comunità zapatista ma esiste solo la voglia di riprendere le attività delle Escuelitas ed il desiderio di ricostruire tutte le strutture distrutte dall'attacco del 2 maggio. Infine afferma che le comunità indigene del Messico hanno sempre più chiara la strategia del governo (fatta di provocazioni ed attacchi paramilitari) ed anche chi sono gli amici ed i nemici del EZLN.

mercoledì 20 agosto 2014

Argentina: rapire per reprimere

Le sentenze che hanno condannato i protagonisti del regime militare tra il 1976 ed il 1983 come per esempio Videla, Reynaldo Bignone, Santiago Riveros, Antonio Vañek, Jorge Acosta (detto "El Tigre") e Juan Antonio Azic per il rapimento dei figli dei desaparecidos portano alla luce del sole l'esistenza di un piano generale di annientamento di una parte della popolazione civile" 

Le gerarchie militari non hanno mai negato il rapimento dei figli degli oppositori politici ma hanno sempre affermato che furono sempre e solo episodi isolati.
Le sentenze e, prima ancora, le indagini della magistratura hanno dimostrato come vi era un progetto per far crescere i figli degli oppositori in un ambiente cristiano e lontano delle idee della "subversión" che potevano far breccia nelle menti dei bambini se fossero cresciuti con la famiglia d’origine.

Secondo le stime fatte dalla magistratura e dall'associazione Abuelas de Plaza de Mayo sono circa 500 i bambini che, ancora oggi, attendono di essere individuati dallo stato argentino e così recuperare le loro identità. Il percorso per scoprire le identità rubate ad oggi ha riscritto la storia per 110 figli di desaparecidos il cammino è ancora lungo ma le Abuelas de Plaza de Mayo hanno ancora la speranza di conoscere i loro nipoti che oggi sono uomini.
Con la speranza e l'ostinata ricerca Estela de Carlotto, presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, è riuscita dopo 36 anni conoscere suo nipote Guido.
Guido nacque a fine giugno del 1978 in un centro di detenzione clandestina a La Plata dove la madre Laura (figlia di Estela e militante della gioventù peronista) fu rinchiusa dopo il suo sequestro. Al momento del sequestro Laura era incinta di tre mesi.
agli inizi di settembre del 1978, i militari convocarono Estela per restituirle il corpo della figlia che fu giustiziata da una raffica di mitra sparata alle spalle. 
Da allora la nonna è diventata una nonna militante. E 35 anni dopo, la sua ricerca, come quella dei parenti di altri 110 bambini sequestrati ai desaparecidos, si è finalmente conclusa.

venerdì 8 agosto 2014

Paraguay: Franco conferma l’attenta pianificazione del golpe del 2012

Il presidente golpista paraguaiano Federico Franco ha reso pubblico, ciò che tutti sapevano, che la repressione e le violenze di Curuguaty (dove persero la vita sei militari e undici contadini) era stata attentamente preparata, dall'opposizione politica e dall'oligarchia paraguaiana, ed aveva come fine la destituzione di Lugo.

I fatti si avvennero il 15 giugno 2012: i campesinos avevano occupato le terre di Blas Riquelme, uno dei più grandi latifondisti del paese oltre che senatore del Partido Colorado. La polizia intervenne con la forza per disperdere gli occupanti ,che chiedevano il riconoscimento dei loro diritti sulle terre di Marina Cue, ed avvennero quello che gli oppositori del Presidente Lugo chiamarono "scontri" invece fu un vero e proprio attacco delle forze dell'ordine.
Per il massacro di Curuguaty furono arrestati 13 contadini, accusati di associazione a delinquere, invasione indebita della terra e tentato omicidio ai danni dei poliziotti. Solo nell'aprile 2014 i campesinos arrestati hanno potuto beneficiare degli arresti domiciliari grazie anche al lungo sciopero della fame; contemporaneamente il loro processo è sospeso in attesa dello spostamento al tribunale di Asunción ma è stato viziato da irregolarità, false testimonianze e manipolazioni di prove fino alla sparizione di un video che testimoniava la presenza di un elicottero che sorvolava la zona di Marina Cue da cui sarebbero stati esplosi numerosi colpi contro i contadini.

I fatti di Curuguaty accelerarono le mosse nei palazzi del governo per destituire il presidente Lugo il quale guidava una debole maggioranza che raggruppava molti partiti di centrosinistra ed altri tutt'altro che progressisti, come il Partido Liberal Radical Auténtico (Plra). 
Franco, che ricoprì la carica di vicepresidente con Fernando Lugo, sostiene di esser stato obbligato ad assumere la presidenza del paese, anche se prima della sua proclamazione non aveva mai nascosto le sue mire politiche per la carica di presidente, anche se firmò rapidamente il documento che avviava l’iter parlamentare per la destituzione di Lugo conclusa con il voto favorevole dei partiti Colorado e del Plra (partiti che poi lo hanno eletto Presidente). 

L'iter parlamentare per la destituzione del presidente Lugo fu votata in tempi record dal Parlamento, con maggioranza di destra, sfruttando l'onda emotiva dei fatti di Curuguaty. Lugo fu accusato di essere il responsabile della strage perché non aveva saputo gestire la situazione, inoltre l’Instituto de Desarrollo Rural y de la Tierra (Indert) aveva già richiesto la sospensione dello sgombero poiché le terre di Marina Cue non appartenevano più a Riquelme ma allo stesso ente dal 2004. 
Sfortunatamente l’inter non aveva ratificato il passaggio di proprietà e questa lacuna ha permesso l'utilizzo delle forze di polizia per disperdere i manifestanti dalle terre di "proprietà" di Riquelme.


venerdì 1 agosto 2014

Il diritto alla terra negato

Un documento della Coordinación Latinoamericana de Organizaciones del Campo (Cloc) pone l'accento sulla crescita dei conflitti per la terra (in centro America) che vanno di pari passo alla criminalizzazione mediatica dei movimenti indigeni e contadini.

In Honduras, per esempio,  dal 2011 sono stati uccisi 115 campesinos e circa tremila sono stati arrestati e processati per il loro impegno attivo nelle lotte sociali. Da quando si è insediato il regime di Porfirio Lobo si contano centinaia di campesinos assassinati solo nella zona del Bajo Aguan, dove le comunità contadine si battono per recuperare le terre a loro assegnate con la riforma agraria del 1972, ma attualmente occupate dall’imprenditore Miguel Facussé.
In Honduras, come in tutta la regione, vi sono pochi proprietari terrieri che detengono quasi tutte le terre produttive; questo porta a conflitti sociali ed alle legittime rivendicazioni dei contadini per il diritto alla terra.
I conflitti che derivano da questa situazione sfociano in cause legali che spesso vedono protagonisti giudici compiacenti e/o  legati ai grandi latifondisti che emettono, quasi sempre, sentenze a loro favore.

La compiacenza della giustizia con i grandi proprietari terrieri in Honduras ha portato all'insabbiamento di numerose indagini per omicidi e sparizioni di campesinos. Oltre ad insabbiare le indagini le forze di polizia e l'esercito armate sono stati schierati per difendere gli interessi dei ricchi latifondisti; per esempio il 16 luglio 2014 i membri dell’Operación Xatruch III (reparto speciale dell'esercito) ha sgomberato circa 100 famiglie dell’Empresa Asociativa Campesina 28 de Mayo nella comunità San Martin usando armi e gas lacrimogeni. 
La comunità aveva recuperato la terra dove viveva fino a quando nel 2005 subì uno sgombero; era poi riuscita a riappropriarsene tutte e sette le volte che erano stati sgomberati.

Anche il Guatemala ha problemi molto simili al Honduras, il governo ed alcune multinazionali hanno imposto alcune monocolture come la canna da zucchero e la palma africana e ponendo in enormi difficoltà moltissimi agricoltori e nativi che avevano basato la propria sussistenza sulla diversificazione delle colture. 
Oltre alle difficoltà introdotte con le monocolture migliaia di contadini sono stati costretti al desplazamiento a causa delle concessioni minerarie e alla costruzione delle centrali idroelettriche come per esempio nelle aree di Santa Cruz Barillas, Totonicapán e nella Valle del Polochic. 
Le proteste dei campesinos e delle popolazioni indio sono state represse dalla governo del presidente guatemalteco Otto Pérez Molina che ha  militarizzato intere aree del paese ed ha imposto lo stato d’assedio. Questo clima di violenza e repressione ha generato un vertiginoso aumento di atti intimidatori contro gli appartenenti allo storico Comité de Unidad Campesina (Cuc), da sempre impegnato sul versante della questione agraria. 

Il governo panamense di Ricardo Martinelli ha elargito numerose concessioni minerarie oltre a privatizzare di fatto le risorse idriche. Queste scelte hanno obbligato numerose comunità ad abbandonare le loro terre anche con la forza come nel caso in cui la proprietà della miniera Petaquilla Gold ha impiegato a guardie private ed armate per reprimere le proteste delle comunità indigene e contadine. 
Infine anche il Costarica ha violato i diritti di migliaia di suoi cittadini permettendo l'impianto di fatto della monocoltura dell’ananas che ha contaminato le terre e le acque.

Tutto il Centroamerica sta continuando a vivere la fase in cui non vi è nessuna volontà di regolamentare l’estrazione mineraria e proteggere le sovranità alimentari che oggi sono sempre più messe in pericolo dall'imposizione delle monocolture. Di conseguenza i Governi nazionali si schierano con le multinazionali che controllano le colture e l'estrazione mineraria attuando repressioni e criminalizzando i movimenti contadini che lottano per le proprie terre e diritti.

giovedì 24 luglio 2014

Honduras: Attentati contro oppositori del governo/2

In Honduras l'impresa "Desarrollos Energeticos, S.A. de C.V." (DESA) ha progettato e commissionato alla società cinese Sinohydro la costruzione della centrale idroelettrica Agua Zarca nella regione del Rio Blanco.
Questo progetto ha trovato però la ferma opposizione degli abitanti della regione e del popolo indio Lenca che vogliono difendere i territori e le risorse naturali grazie alle quali riescono a vivere; queste popolazioni hanno effettuato manifestazioni pacifiche ed chiesto al tribunale nazionale il blocco dei lavori perché, secondo loro, non sono state seguite tutte le procedure imposte dalla legge come per esempio l'analisi dell'impatto ambientale.

Lo scontro tra DESA e popolazioni locali si è fatto sempre più aspro, il progetto della società DESA ha il favore del governo e dell'oligarchia nazionale ed anche di alcune potenti società estere che vedono la possibilità di aumentare i propri introiti. 
Chi detiene il potere economico sta attuando una campagna mediatica per criminalizzare la protesta che difende i territori e l'ecosistema. 
Inoltre vi sono movimenti di truppe verso la frontiera con El Salvador e la presenza di militari statunitensi che secondo alcuni analisti politici non reputano casuale ma necessari per permettere alle multinazionali di realizzare studi per lo sfruttamento idro-minerario. 
Questo movimento di truppe ha innalzato la tensione a San Francisco Opalaca e provocato alcuni scontri tra popolazioni Indio e militari.

L'aumento della tensione ha portato alla morte di William Jacobo Rodriguez che il Copinh (Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell'Honduras) definisce il "difensore del fiume Gualcarque contro l’imposizione del progetto idroelettrico Agua Zarca"; il Copinh chiede anche "un'indagine seria e che sia fatta immediatamente giustizia per i casi dei compagni assassinati, feriti e detenuti ingiustamente. Chiede anche l’espulsione immediata delle delegazione di polizia dal territorio Lenca, in quanto fonte costante di minacce e repressione contro le comunità".

L’organizzazione indigena chiede infine uno stop alla repressione politica e alla criminalizzazione della difesa dei territori e dei beni comuni e manifesta che, tutte le azioni intraprese “fanno parte di un processo di difesa territoriale, per la costruzione dell'autodeterminazione e di una governance indigena”.
L'operativo di polizia realizzato dopo l'omicidio, più che alla ricerca dei responsabili si è dedicato alla persecuzione di vari membri delle comunità Lenca in resistenza contro il progetto idroelettrico.

venerdì 11 luglio 2014

Honduras: Attentati contro oppositori del governo

Nei giorni del 24 e 25 maggio 2014 sono stati compiuti due attentati contro i membri del partito Libre (Libertà e Rifondazione) e gli attivisti delle comunità indigene Lenca che hanno provocato due vittime (Irene Meza e William Jacobo Rodriguez ) numerosi feriti.

Il Copinh (Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell'Honduras) ha ricostruito l'attentato del 25 con un comunicato il giorno ha denunciato che "dopo la conclusione di un’importante assemblea nel municipio di San Francisco Opalaca, alcuni impiegati dell'ex sindaco Soccorro Sánchez hanno aperto il fuoco contro Irene Meza e Plutarco Bonilla, entrambi militanti del partito Libre, del FNRP (Fronte Nazionale di Resistenza Popolare) e simpatizzanti del Copinh. Meza è stato trasportato in ospedale dopo essere stato ferito da vari colpi di pallottola. Durante il tragitto, l’auto che lo stava trasportando è stata intercettata da un nuovo gruppo di persone armate e Meza è stato giustiziato con altri sei colpi di pistola e i suoi compagni sono stati feriti".

Questi attentati sono il frutto di oltre cinque mesi di lotta contro i brogli elettorali nella città di San Francisco Opalaca; grazie a questi brogli è stato rieletto il sindaco uscente ed appartenente al partito nazionalista Sánchez.
La rielezione fraudolenta ha generato proteste e manifestazioni fino all'occupazione del municipio; tutto questo con lo scopo di far riconoscere il sindaco eletto democraticamente. Le proteste hanno anche generato campagne mediatiche, repressioni ed attentati contro il partito Libre, del FNRP ed il Copinh come nel febbraio del 2014 in cui Justiniano Vasquez fu assassinato.

giovedì 3 luglio 2014

Cile: il governo blocca HidroAysén

Il governo cileno agli inizi di giugno pare abbia posto la parola fine alla costruzione della mega centrale idroelettrica HidroAysén che sarebbe stata costruita Patagonia cilena dal consorzio i cui due azionisti sono Enel-Endesa (con il 51% delle quote) e Colbún (con il 49%).
A sancire la revoca delle concessioni è stato Pablo Badenier, Ministro dell’Ambiente, con l'appoggio di tutto il governo Bachelet che ha dichiarato: "Abbiamo deciso di accogliere i ricorsi presentati dalla comunità e togliere effetto alla Licenza Ambientale".
Sulla revoca della concessione ha pesato anche l'impossibilità di reinsediamento delle popolazioni che sarebbero state inondate dalle acque del nuovo bacino artificiale circa 6000 ettari.
Il progetto prevedeva la costruzione di cinque dighe sui fiumi Baker e Pascua e l'erosione di alcune montagne che avrebbero devastato l'ambiente ed inoltre a causa dell'enorme quantità di acqua trattenuta dalle dighe si sarebbe verificato anche un pesante cambiamento climatico di una zona incontaminata e poco abitata.
Oltre allo scempio ambientale nell'area dove sarebbe dovuta sorgere la mega-diga l'impatto ambientale avrebbe interessato anche le aree dove sarebbero state installati gli oltre 6500 tralicci che avrebbero dovuto distribuito gli oltre 2750 MW di energia creati da HidroAysén in tutto il paese.

Gli attivisti del Consejo de Defensa de la Patagonia Chilena appresa la decisione del governo hanno festeggiato e dichiarato: "Festeggiamo il trionfo di tutte le persone e di tutte le organizzazioni che in questi sette anni hanno lottato contro il nefasto progetto HidroAysén".

giovedì 19 giugno 2014

Paraguay: il genocidio Anché

La comunità indigena Anché con l'aiuto dell'ex giudice spagnolo Baltasar Garzon ha presentato una denuncia al giudice argentino Norberto Oyarbide per il genocidio subito durante la dittatura di Alfredo Stroessner tra il 1954 ed il 1989. 
Garzón che attualmente presiede il Centro Internacional para la Promoción de los Derechos Humanos (Cipdh) ha affermato durante la presentazione della denuncia che "circa il 60% del popolo Anché fu ucciso ed un numero notevole risulta desaparecido, inoltre vi sono stati numerosi casi (circa 200 quelli appurati ufficialmente) di bambini venduti per lavorare come domestici o adottati illegalmente". L'inizio delle uccisioni di indigeni appartenenti alla comunità Anché e della requisizione delle loro terre inizia nel 1968 quando il governo Stroessner insieme ad una parte della popolazione non indigena ha requisito la terra nella zona di Rata de monte. La popolazione non indigena organizzò, secondo numerose testimonianze, vere e proprie battute di caccia contro i membri della comunità come fossero animali. Le donne ed i bambini che non venivano uccisi erano venduti come servi.

Perché la comunità Anché ed il Cipdh si sono rivolti alla giustizia argentina? La spiegazione la da Carlos Ortellado, il cui padre fu ucciso 38 anni fa dall'esercito paraguayano, ed è emblematica; "lo Stato paraguayano non ha dato risposta alle denunce presentate e per questo motivo e grazie al principio della giurisdizione universale abbiamo presentato le nostre denunce in Argentina dove le indagini sul Plan Condor sono ben avviate [...] Il problema in Paraguay è che molte delle famiglie legate alla dittatura occupano ancora oggi posizioni chiave nello Stato".

mercoledì 11 giugno 2014

Chiapas: nuovo attacco alle comunità Zapatiste/2

Gli attacchi del maggio 2014 alle comunità Zapatiste di Realidad non sono frutto di frizioni tra comunità confinanti ma di una strategia che coinvolge più livelli dal governo locale al governo nazionale che, 
utilizzando i gruppi paramilitari, cercano di distruggere i progressi raggiunti dalle comunità zapatiste e ciò che rappresentano. 

L’attacco a Realidad è stato pianificato proprio quando erano presenti i difensori dei diritti umani del Frayba (che stavano cercando di risolvere il "conflitto" derivante dall’uso della ghiaia comune e del furto/provocazione di un veicolo zapatista) e non è i primo subito dalla CIOAC.
La CIOAC “histórica” e “democrática”, anche se nate da settori popolari e progressisti della società nelgli anni '60, oggi agiscono con metodi e strategie di paramilitari e sono "legate" ai partiti per ottenere favori, protezioni e potere a livello locale e nazionale; con cui formano gli ingranaggi di un meccanismo controrivoluzionario per reprimere l’esperienza del EZLN in Chiapas.

Il Frayba, organismo per la difesa dei diritti umani presieduto dal vescovo di Saltillo, Raúl Vera, documentò nei loro rapporti come fu proprio la CIOAC ad attaccare la comunità di Realida EZLN il 30 gennaio 2014, anche se le due parti avevano sottoscritto un patto di “non belligeranza” nel novembre 2013. 
Nell'attacco del gennaio scorso oltre 300 persone della CIOAC, armate di pietre, bastoni e machete, aggredirono la comunità zapatista del Municipio Autonomo XVII de Noviembre e si contarono sei feriti di cui due molto gravi.
Le numerose aggressioni attuate dal CIOAC hanno portato il bilancio nell'ultimo anno a tre vittime ma hanno anche evidenziato come la tipologia delle azioni e gli obiettivi si sono via via sempre più innalzati (l’interruzione del dialogo con le comunità Zapatiste, la numerosità dei gruppi e l'importanza delle vittime) a causa, molto probabilmente, della forza del movimento zapatista e della risonanza della marcia silenziosa dei 40.000 (in ricordo della strage di Acteal avvenuta il 22 dicembre del 1997), la riattivazione delle reti di solidarietà internazionale e nazionale promossa dall’EZLN come il progetto "Escuelitas Zapatistas para la Libertad según los y la Zapatistas" che ha riportato in Chiapas migliaia di attivisti e simpatizzanti dando nuova linfa alla diffusione delle idee zapatiste.

Così continua la militarizzazione le menzogne e la persecuzioni, sempre con il supporto della stampa addomesticata, che continuano con intensità variabile a seconda del periodo politico, economico e storico.

martedì 3 giugno 2014

Cile: Condannati ufficiali della DINA

Il tribunale di Santiago del Cile ha condannato a fine aprile 75 agenti della polizia politica di Pinochet accusati del sequestro e della sparizione nel 1974 di Jorge Grez Aburto militante del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR che combatté contro la dittatura anche con la lotta armata) fu arrestato dagli agenti della DINA in una galleria d'arte a Santiago del Cile il 23 maggio 1974.
La sentenza di oltre 400 pagine del giudice Hernán Crisosto condanna a 13 anni di carcere cinque alti ufficiali della DINA (Dirección de Inteligencia Nacional) César Manríquez, Pedro Espinoza, Marcelo Moren Brito, Miguel Krassnoff Martchenko y Gerardo Urrich González già condannati per altri crimini simili.
Insieme a loro è stato condannato anche il generale  Manuel Contreras Sepúlveda che dirigena la polizia segreta; quest'ultimo è già condannato ad oltre 300 anni di carcere per decine di violazioni dei diritti umani durante la dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990). 
Inoltre sono stati condannati 35 ex-agenti a dieci anni di reclusione ed altri 33 persone come informatori a quattro anni.

Durante il processo molti prigionieri politici sopravvissuti hanno testimoniato di aver visto Grez Aburto in due centri di reclusione, uno dei quali era nel pieno centro di Santiago e per la precisione in calle Londres 38, entrambi gestiti dalla polizia politica cilena.
Il processo ha appurato che Jorge Grez Aburto fu inserito nella lista delle vittime della "Operación Colombo", una operazione fittizia della DINA per "giustificare" la sparizione di 119 prigionieri politici la maggioranza appartenenti al MIR, nella quale la DINA afferma di aver avuto vari scontri a fuoco con questo movimento in cui morirono alcuni militari ed appunto 119 oppositori di Pinochet.

venerdì 23 maggio 2014

Chiapas: nuovo attacco alle comunità Zapatiste

Il due maggio 2014 un gruppo numeroso di paramilitari (alcuni testimoni parlano di circa centocinquanta uomini armati con armi pesanti oltre a machete) ha compiuto una serie di incursioni ai danni di centri che sostengono EZLN nella comunità della Realidad.
L'incursione più violenta è avvenuta mentre si stava svolgendo una riunione tra la Giunta di Buon Govern, due rappresentanti del centro Frayba per i diritti umani ed una delegazione del CIOAC con si trattava la  soluzione al sequestro (attuato dal medesimo gruppo di paramilitari che ha aggredito la comunità il due maggio) di un camion avvenuta il 16 marzo carico di medicine destinate alle comunità (utilizzate per le campagne per la salute degli zapatisti).
La ragione rivendicata dal CIOAC per impossessarsi del mezzo e delle medicine è l'appropriazione indebita di ghiaia ed altro materiale da costruzione da parte degli zapatisti; materiale che in realtà è comunitario indi tutti ne possono usufruire. 

I paramilitari che hanno fatto irruzione nella camunità di Realidad sono appartenenti al CIOAC-H (Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos-Histórica), al PAN (Partido Acción Nacional) e al Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM); durante l'aggressione sono state distrutte la clinica della comunità, due aule della scuola e tagliato la rete idrica che porta acqua al Caracol.
Sono stati compiuti anche due agguati, uno contro tre mezzi che stavano trasportando delle merci a Realidad mentre il secondo attacco ha ucciso José Luis Solís López, che era stato maestro nella Escuelita Zapatista , e ferito quindici persone che sono state trasportate all'ospedale zapatista di San José del Rio.
Numerosi testimoni che sono riusciti a fuggire dalla seconda imboscata hanno raccontato che José Luis Solís López "è stato accerchiato e linciato da una ventina di soggetti armati, infine raggiunto da tre colpi, uno alla gamba, uno al torace e un colpo di grazia alla nuca, oltre che da bastonate e sferzate di machete". 

Le comunità zapatiste vivono da sempre abituate in uno stato di guerra; stato che è voluto ed organizzato organizzato a vari livelli dalle organizzazioni come il CIOAC-H fino alle a governo regionale e nazionale. 
Una delle strategie adottate negli ultimi anni è stata quella di ricostruire i gruppi paramilitari formati da contadini ed attivisti dei partiti politici il cui fine è quello di minacciare ed attaccare i civili che appoggiano l'EZLN con il fine di cacciali dalla terre occupate nel 1994 ed arrestare il lavoro della Giunta di Buon Governo. 

martedì 13 maggio 2014

Paraguay: nasce la Comisión Asesora Permanente de Pueblos Indígenas

Il 24 aprile 2014 il Senato paraguayano ha approvato la creazione della Comisión Asesora Permanente de Pueblos Indígenas.
Il disegno di legge è stato presentato dal Frente Guasú e da altri partiti della sinistra e mira a difendere le popolazioni native dagli abusi derivanti dalle controversie sulle terre ancestrali.
Durante il dibattito in aula la senatrice Esperanza Martínez ha reso noto ed analizzato numerosi casi in cui famiglie o comunità indigene sono state vessate o non hanno visto rispettati i loro diritti di cittadini. Martínez ha sottolineato nel suo intervento i dati raccolti da uno studio condotto da alcune ONG, con il patrocinio della Nazioni Unite, in cui sono stati documentati oltre 112.000 casi di ingiustizie verso i popoli nativi. Inoltre ha ricordato come vi sia un articolo nella Costituzione del Paraguay per la difesa e la preservazione degli usi e costumi (organizzazione sociale, cultura, lingua ed anche i diritti sulle terre) delle popolazioni indigene che invece viene violato troppo spesso dai grandi latifondisti ed anche dai governi.

Sempre durante il dibattimento in Senato sono stati mostrati alcuni filmati con cui si documentava  l'allontanamento forzato da parte delle forze armate, polizia e "milizie" private dei latifondisti (con l'uso di armi, lacrimogeni e bastoni) del popolo Ava Guaraní per poter utilizzare le terre per la produzione della soia. 
Durante questo sgombero sono state allontanate violentemente dalle loro terre 150 famiglie oltre a distruggere (incendiando) le loro case, un ambulatorio medico e la scuola della comunità.

Questa commissione dovrebbe proteggere queste popolazioni non solo dagli abusi dei grandi proprietari terrieri o dalle multinazionali ma anche dalle forze di polizia e dai giudici corrotti che emettono sentenze più che dubbie per compiacere il potente di turno. Sentenze che sono state smascherate da commissioni internazionali che hanno prodotto ingenti ed inconfutabili prove con le quali il Paraguay è stato sanzionato varie volte dalle organizzazioni internazionali per le numerose violazioni dei diritti subite delle popolazioni indigene.

lunedì 5 maggio 2014

Il Salvador alle urne/2

La vittoria al ballottaggio di Salvador Sánchez Cerén (FMLN) si è imposto per 6000 voti mentre al primo turno aveva distanziato il suo diretto avversario di oltre 300.000 voti. 
Cosa è accaduto tra il primo turno ed il ballottaggio?

Sicuramente il candidato del partito ARENA (Norman Quijano) che aveva raccolto al primo turno il 38,9% delle preferenze ha beneficiato al ballottaggio dei voti dell'altro candidato di destra, Antonio Saca, che al primo turno aveva raccolto il 10% circa.
Inoltre dopo la sconfitta al primo turno Quijano ha focalizzato la sua campagna elettorale sul fatto che se avesse vinto il Fmln il Salvador sarebbe diventato il nuovo Venezuela. Questo ha sicuramente avuto un notevole peso su alcuni settori della società salvadoregna che ancora non comprende gli inganni dei media e dei politici. 

I tentativi di manipolazione della realtà da parte dei media che sostengono ARENA fanno acquisire più valore alla vittoria del FMLN che ha addirittura aumentato il numero dei consensi.
Secondo il portavoce di ARENA il paese è "diviso" ma se osserviamo meglio i dati elettorali notiamo che in Salvador vi è da un lato una maggioranza che ha votato per un progetto di sinistra e, dall'altra parte, la destra che è arretrata ed ha raccolto meno consenso di quanto appare dalle percentuali di voto.

martedì 22 aprile 2014

Il Salvador alle urne

Il Tribunal Supremo Electoral salvadoreño ha confermato la vittoria al ballottaggio avvenuto il 9 marzo 2014 del candidato del FMLN, Salvador Sánchez Cerén, contro Norman Quijano del Alianza Republicana Nacionalista (ARENA).

Lo scrutinio dei voti ha visto il FMLN ottenere 1.495.815 preferenze contro il 1.489.451 di ARENA e quindi con il 50,11% Cerén diventa il nuovo presidente del Salvador.
Tutto il processo elettorale è stato seguito dalla Organización de Estados Americanos (OEA) che non ha riscontrato violenze e brogli.

Salvador Sánchez Cerén è un'esponente storico del Frente Farabundo Martí, la "guerriglia" trasformata in partito politico dopo gli accordi di Chapultepec del 1992 ai quali Sánchez Cerén partecipò ed apporse la sua firmai, che succede al compagno di partito Mauricio Funes con la promessa elettorale di continuare e rafforzare il processo di sviluppo sociale ed economico che, l'ormai, ex-presidente aveva iniziato.

Gli analisti politici pensano che il poco scarto con cui Cerén è stato eletto porterà alcune difficoltà al suo governo nello sviluppo delle proprie politiche; ma sottolineano come la vittoria del Fmln su Arena e sulla sua potente macchina propagandistica è una vittoria importante perché il neo-presidente Cerén è il "candidato interno, che viene dalle stesse viscere della guerriglia e del partito".

martedì 15 aprile 2014

Venezuela: continuano le "guarimba"

Per le strade dei quartieri abitati dalla classe media delle città Venezuelane si vedono pupazzi impiccati con le sembianze del presidente Maduro oppure con le sembianze di militari e le scritte "servi dei cubani»", "leccaculi, traditori, codardi". 
Oltre a questo si vede preparare anche cataste di legna ed altri materiali infiammabili (tra i quali immondizia e copertoni) pronti per essere riversati ed incendiati nelle principali strade al fine di bloccare il traffico; inoltre vi sono state incursioni ad edifici governative. 
Questa tecnica in Venezuela prende il nome di "guarimba" e fu adottata anche nel golpe del 2004 contro il Presidente Chavez.
Il fine della "guarimba" è quello di scatenare la risposta delle forze di polizia che sarebbero immediatamente bollate dai media come "una nuova violenta repressione" così per giustificare e/o richiedere aiuto di paesi esteri.

Le strade sono percorribili fino alla sera quando le barricate vengono spostate e date alle fiamme fino a quando la Guardia Naciona bolivariana (Gnb) interviene per disperdere i più violenti e permettere ai vigili del fuoco di spengere gli incendi. 
Spesso la GnB viene fronteggiata dai "pacifici", secondo l'informazione dell'opposizione ed estera, manifestanti con il lancio di pietre e di bottiglie molotov; in alcuni casi i "pacifici" manifestanti hanno 
marciato fino all'emittente televisiva Canal 8 ed hanno forzato l'entrata ferendo alcuni giornalisti e danneggiando anche le attrezzature lanciandoci alcune molotov. 

Le proteste chiedono che l'inflazione e la violenza (storici problemi del Paese) in Venezuela venga combattuta dell'inefficiente Governo di Maduro; ma va ricordato che si sono ri-accese quando il Governo ha emanato alcune leggi contro le speculazioni finanziarie, commerciali e sono stati intensificati i controlli contro il contrabbando. 
Inoltre si deve ricordare come queste pacifiche contestazioni siano nate nelle università private e non hanno il supporto della maggioranza della popolazione che invece si riconosce in un Paese dove l’istruzione è gratuita come gli altri diritti basilari e dove è alla presidenza un ex operaio del metrò che sta cercando di dialogare addirittura con le frange più estreme e violente viene addirittura accusato di calpestare i "diritti umani" degli oppositori.

martedì 8 aprile 2014

Guatemala: che fine ha fatto il Programa Nacional de Resarcimiento?

In Guatemala nel disegno di legge Proyecto Presupuestario de Recetas y Gastos in fase di discussione al parlamento non vi è nessuna traccia o riferimento al Programa Nacional de Resarcimiento (Pnr) che obbliga lo Stato a risarcire i familiari delle vittime della guerra civile guatemalteca (1960 - 1996).
Il Programa Nacional de Resarcimiento fu varato per la prima volta nel 2003 dopo l'adesione del Guatemala ad alcuni accordi internazionali che stabiliscono il risarcimento proporzionale in base alla gravità delle violazioni e del danno sofferto. Inoltre, le leggi internazionali sanciscono anche l’obbligo, da parte degli stati firmatari degli accordi legati ai diritti umani, di non potersi sottrarre alle riparazioni dovute per i danni causati alle persone.

Il Programa Nacional de Resarcimiento è stato eliminato dal ministro delle Finanze perché quest'ultimo sostiene che il programma non poteva essere inserito nel pacchetto di provvedimenti Proyecto Presupuestario de Recetas y Gastos in quanto i risarcimenti sono da inserire nel bilancio statale del 2013 e non del 2014.
L’organizzazione internazionale Impunity Watch sottolinea come le conquiste ottenute da questa legge per i familiari delle vittime della guerra civile non sono sufficienti perché lo stato guatemalteco ha sempre posto regole molto rigide e restrittive per il riconoscimento delle indennità richieste dai familiari dei desaparecidos.
Il mancato rinnovo della legge non è una sorpresa perché la politica del governo del presidente Otto Pérez Molina detto "Mano Dura", all'epoca del conflitto era uno dei generali più "decisi" nelle operazioni di contrainsurgencia, ha da sempre sostenuto che non è sensato parlare di genocidio della popolazione maya perché si è trattato solamente di un conflitto armato tra l’esercito e la guerriglia.
A contrastare la falsa ricostruzione dei fatti di "Mano Dura" si è scomodato il delegato Onu della Comisión para el Esclarecimiento Histórico, Christian Tomuschat, che ha ribadito con forza che in Guatemala ci fu genocidio ed ha sottolineato il fatto che Molina possa essere indagato e giudicato per crimini contro l’umanità durante il periodo in cui era militare.
Nel rapporto Memoria del Silencio, redatto nel 1999 tre anni dopo gli accordi di pace del dicembre 1996, è evidenziato come circa il 93% dei massacri contro la popolazione civile fu commesso dall'esercito e dai paramilitari.

Il 25 febbraio in Guatemala si celebra il Dia Nacional de la Dignidad de las Víctimas del Conflicto Armado Interno in cui vengono ricordati tutti i caduti della guerra civile; in questo giorno la Red de Organizaciones de Víctimas del Conflicto Armado Interno ha chiesto al presidente Pérez Molina di approvare il Programa Nacional de Resarcimiento per i prossimi dieci anni in segno di rispetto per i 250.000 morti e dei due milioni di sfollati durante il conflitto armato.

martedì 1 aprile 2014

Cile: il popolo Mapuche contro la Ley Araucanía

In Cile il popolo Mapuche combatte contro il Governo che vuole promulgare la Ley Araucanía de Chile con la quale i privati cittadini potrebbero richiedere ad un giudice di indennizzare economicamente la popolazione Mapuche invece di restituire le terre ancestrali illegalmente sottratte.

Con questa legge il popolo Mapuche sarà obbligato a rinunciare alle proprie terre ed alla propria cultura; proprio per questo alla fine del 2013 ed all'inizio del 2014 sono state organizzate alcune manifestazioni a Santiado del Cile in cui molti cileni hanno rivendicato i diritti dei popoli nativi.
I diritti delle popolazioni native sono calpestati dallo stato cileno da oltre 10 anni grazie all'applicazione delle Ley antiterrorista (retaggio della dittatura di Augusto Pinochet) in ogni procedimento penale in cui sono implicati esponenti Indio arrestati durante manifestazioni o proteste a favore della restituzione delle loro terre.