martedì 23 ottobre 2012

Honduras: Giornalisti sotto tiro


In Honduras sono ventiquattro i giornalisti uccisi, nell'impunità assoluta, da quando è stato "eletto" (vedi Golpe Honduras e successivi post) il presidente Porfirio Lobo.
La maggior parte dei giornalisti assassinati sono l'avvertimento che l'oligarchia invia alla popolazione per mantenere alta la tensione e per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica e dei giornalisti, che hanno sempre più paura di esporsi ed indagare, sulla corruzione e malaffare che regna nella politica.
Altro elemento che ha ha portato i giornalisti ad essere un bersaglio dell'oligarchia politica è l'importante ruolo nella difesa della libertà di espressione portata avanti con ancora più forza dal giugno 2009 quando avvenne il colpo di stato che destituì il presidente Manuel Zelaya.

Secondo l'analisi del giornalista di Radio Globo, Félix Molina conduttore ed ideatore del programma Resistencia, la chiave per comprendere le violenze che si susseguono giorno per giorno in Honduras è “il contesto d’insicurezza, di violenza e di morte che si è cominciato a vivere in tutto il Paese dopo la rottura del filo costituzionale nel 2009. Un elemento che ha ridotto alla sua minima espressione la fiducia della popolazione nelle istituzioni dello Stato”. 
Questa analisi viene rafforzata dal fatto che da quando è presidente Porfirio Lobo sono stati uccisi circa 13.000 cittadini, una media di 20 al giorno, con un altissimo tasso di impunità; impunità che per il momento è totale per quanto riguarda gli omicidi dei giornalisti in cui non vi è stato neanche un arresto.
La percezione generale è che esistano gruppi nelle istituzioni le cui braccia sono la polizia, l'esercito o sicari privati, che realizzano "lavori" per aumentare il loro potere o per avere visibilità anche all'estero.
L'analisi di Molina viene ripresa ed ampliata da Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh), la quale afferma che "attaccando i giornalisti si sta cercando di distruggere la memoria collettiva, zittire la verità, far tacere i processi popolari in atto e militarizzare la società, aprendo la porta ad una maggiore presenza militare straniera nel Paese."

La popolazione dell'Honduras vive nell'insicurezza e nella confusione sempre maggiore per cui diventa "più semplice" uccidere i giornalisti, che si impegnano per la legalità e per la libertà di stampa, senza che l'opinione pubblica abbia il polso di quello che sta accadendo.

lunedì 15 ottobre 2012

Cile: continuano le proteste studentesche


Le proteste studentesche in Cile, per una profonda ed equa riforma del sistema educativo, continuano e nei primi giorni di agosto sono arrivati ad occupare tre istituti a Santiago del Cile.
Il Governo cileno ha disposto lo sgombero delle scuole ad opera dei Carabineros che nell'occasione hanno arrestato 139 persone per occupazione abusiva, interruzione di pubblico servizio, fortunatamente non si sono verificati scontri durante le operazioni di sgombero anche se le forze dell'ordine sono state duramente contestate da studenti e comuni cittadini.

La risposta agli sgomberi da parte del movimento studentesco è stato immediato; sono state proclamate tre settimane di manifestazioni ed azioni per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'educazione gratuita, di qualità e la fine del mercato dell’educazione in Cile.

Il 28 di agosto si sono svolte numerose ed imponenti manifestazioni organizzate dalla Confederazione di Studenti del Cile (Confech), dall'Assemblea di Coordinamento degli Studenti delle scuole Superiori (Aces), e dal Coordinamento Nazionale degli Studenti delle scuole Superiori(Cones) a cui ha aderito il Collegio dei Professori ed il sindacato Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT).
I carabineros che sono intervenuti per vigilare sulle manifestazioni non erano in assetto anti sommossa "per evitare di essere accusati di provocare i manifestanti", secondo la dichiarazione del generale Luis Valdés, dato che in alcune precedenti cortei vi erano stati scontri provocati, secondo le testimonianze dei manifestanti e dei giornalisti, dall'intervento delle forze dell'ordine.

giovedì 4 ottobre 2012

Colombia: ancora in pericolo le popolazioni Nasa


All'inizio del mese di luglio 2012 circa 750 persone della comunità indigena dei Nasa del Nord del Cauca, Colombia,
sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e terre, tutelati da leggi nazionali ed accorti internazionali, a causa dei sempre più numerosi e frequenti scontri tra FARC ed esercito colombiano.

La Guardia Nasa (armata solo di un bastone colorato) ha da sempre utilizzato il dialogo, il rispetto e la non violenza per far rispettare i propri territori ancestrali da parte dei guerriglieri FARC ma la presenza dell'esercito nei villaggi degli Indio ha di fatto militarizzato i propri territori ed allargato l'area del conflitto rendendo vana ogni forma di dialogo che la Gurdia era riuscita ad instaurare con le FARC.

Per questo motivo il popolo Nasa ha chiesto e chiede a gran voce il ritiro delle truppe al presidente colombiano, Juan Manuel Santos, che ha addirittura visitato l'area di Toribio (centro delle terre ancestrali Nasa) ed ha ammesso la grave e pericolosa situazione di Toribio ma non ha voluto ascoltare le richieste per la smilitarizzazione dell'area. 
Dopo questo rifiuto la popolazione Indio si è rivolta alla comunità internazionale che ha risposto nominando come mediatore presso Palazzo Narino l'ex magistrato spagnolo ed attuale membro del Tribunale internazionale dell’Aja Baltazar Garzón.

Il portavoce dell'associazione indigena Acin, che si batte da sempre per difendere le terre ancestrali dei Nasa e la loro incolumità, ha commentato così l'emergenza che stanno vivendo: "Non accetteremo mai che i militari invadano i nostri villaggi. Averli nelle nostre strade e nelle nostre piazze significa portarsi la guerra in casa. Siamo stanchi. E sia chiaro che non condividiamo nemmeno il modus operandi delle Farc che, scendendo nei nostri villaggi pretendono che ci disperdiamo per avere campo libero contro i militari. Non resteremo a mani in mano a guardare le due parti in lotta che rovinano il nostro territorio e i nostri progetti di vita. Marceremo in lungo e largo ovunque si schiereranno gli attori armati per dire loro che non li vogliamo, che se ne devono andare, che devono lasciarci vivere in pace. E se resteremo uniti, ce la faremo".

Il video di questo link testimonia ciò che sta accadendo alle popolazioni Nasa