giovedì 28 gennaio 2010

Colombia: Chiquita alla sbarra

La Procura della Repubblica di Bogotà ha chiesto l'estradizione di John Paul Olivo, Charles Dennis Keiser e Dorn Robert Wenninger (che sono i vertici della Chiquita Brands Inc, un tempo United Fruit Company) perché accusati di "associazione a delinquere aggravata". Oltre alle tre persone già citate presto potranno essere richieste altre 19 estradizioni per altrettanti dirigenti della società.
L'accusa che la Procura colombiana muove contro i vertici della Chiquita è quella di aver finanziato i paracos per effettuare operazioni di "protezione" nei confronti della multinazionale. La "protezione" consisteva nell'allontanare con la forza gli indios o i piccoli proprietari terrieri che si rifiutavano di abbandonare le terre; ma anche l'omicidio dei sindacalisti che non sottostavano al volere della multinazionale.

Le indagini della Procura colombiana si fondano anche sull'azione legale che il Dipartimento di Giustizia statunitense ha intentato contro la Chiquita per i reati della Banadex, società affiliata, la quale aveva effettuato dei pagamenti, dal 2001 al 2004, al Autodefensas Unidas de Colombia. In questo caso Chiquita si è dichiarata colpevole perché ha violato le leggi USA avendo finanziato gruppi paramilitari illegali ed ha pagato una multa di 25 milioni di dollari.

Le richieste di estradizione si basano sulle confessioni di alcuni dei capi paracos più importatnti della Colombia come Salvatore Mancuso, Raúl Emilio Hasbún, Ever Veloza e Fredy Rendón.
Le loro confessioni sono state rese possibili dalla legge "Giustizia e Pace" che assicura l'impunità a coloro che abbandonano i gruppi paramilitari e risarciscono i familiari delle vittime da loro provocati.
I capi paracos hanno riferito ai giudici che la Chiquita ha effettuato numerosi ed ingenti pagamenti in dollari (si parla di importi con un minimo sei zeri) al gruppo AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) per far cedere ai piccoli proprietari terrieri le loro terre alla multinazionale con minacce e violenza.
Il rapporto tra la multinazionale statunitense e le AUC era molto stretto; un capo paracos, Raúl Emilio Hasbún, descrive con moltissimi particolari lo scarico di circa 4500 fucili AK-47 e circa 5 milioni di proiettili effettuato da un mercantile della United Fruit Company che proveniva dalla Bulgaria.
Altri paracos parlano della creazione di un porto "franco" ad Antioquia grazie alle tangenti pagate ai dipendenti della dogana del luogo. Questo porto sarebbe servito per inviare carichi di frutta all'estero senza pagare alcun dazio, ma anche per spedire ingenti quantità di stupefacenti da cui i gruppi paramilitari traevano il proprio sostentamento. Alcune testimonianze affermano che nel 2001 le navi Chiquita Bremen e Chiquita Belgie avrebbero caricato circa due tonnellate di cocaina insieme al normale carico di frutta.

Gli avvocati della multinazionale affermano che ogni fatto addebitato è frutto della fantasia dei paracos colombiani e degli inquirenti; e sono certi che smaschereranno questa montatura orchestrata contro la Chiquita.
Dal momento in cui gli inquirenti iniziarono le indagini e la ricostruzione dei fatti la Chiquita ha annunciato il proprio disimpegno dalla Colombia vendendo ogni proprietà, ha creato un proprio codice etico e di eco-sostenibilità. Ma a fronte di questi fatti il procuratore che si occupa del caso, Alicia Domínguez, ha evidenziato molte incongruenze.
Alicia Domínguez ha raccolto numerose prove che dimostrano come la Chiquita abbia creato società fittizie come Olinsa, Invesmar e Banacol S.A. a cui ha ceduto le proprie attività in Colombia anche se di fatto rimangono sotto il controllo della potente multinazionale statunitense.

domenica 24 gennaio 2010

In Honduras non esiste pace

In Honduras dopo le finte elezioni, il cui risultato è stato riconosciuto dagli USA, indette per legittimare il colpo di stato del 28 giugno 2009, la situazione nel paese non è migliorata come invece i media hanno sbandierato.
Alcune organizzazioni che si occupano di difesa dei diritti umani denunciano un forte e preoccupante aumento di atti repressivi nei confronti di attivisti e simpatizzanti del Fronte nazionale di resistenza popolare (Fnrp) con perquisizioni e detenzioni illegali, sparizioni e esecuzioni sommarie.
Ci sono molti esempi che dimostrano l'esistenza di questa ondata di violenza: il 14 dicembre 2009 è stato ucciso nel centro di Tegucigalpa Walter Tróchez, un attivo difensore dei diritti umani, dopo che una settimana prima era riuscito a sfuggire ad un sequestrato con relativo pestaggio subito da uomini che lo accusavano di far parte del Fronte nazionale contro il colpo di Stato.
All'inizio di dicembre cinque giovani membri del Fronte nazionale contro il colpo di Stato sono stati uccisi nel quartiere, Colonia Villanueva, della capitale dell'Honduras; sempre all'inizio di dicembre altri cinque attivisti furono sequestrati e poi liberati in quattro dopo alcun giorni di torture; il quinto attivista, Santos Corrales García, invece è stato decapitato.
Il 4 dicembre Santos Corrales García insieme ad altri quattro uomini sono stati sequestrati, incappucciati e condotti in un centro di detenzione segreto dove sono stati torturati per estorcere informazioni sull'organizzazione del Fronte nazionale contro il colpo di Stato. Le persone torturate hanno però riconosciuto una persona e le armi che i torturatori avevano in dotazione; quest armi, fucili Galil e pistole 9 mm, sono in dotazione alla polizia.
La violenza non è sola quella che porta all'eliminazione fisica degli avversari politici ma è anche quella che colpisce gli organi di informazione che ancora non si sono piegati al volere della dittature. Esempio di questo caso è l'irruzione nella redazione del giornale El Libertador in cui il personale è stato minacciato con colpi di mitra, oltre agli spari sono stati sequestrati molti computer e macchine fotografiche. L'8 dicembre sono stati liberati quattro dei cinque attivisti della Resistenza che erano stati sequestrati alcuni giorni prima.
La situazione in Honduras è molto preoccupante, la strategia del terrore, la cui pressione aumenterà sicuramente nelle prossime settimana, ha l'obbiettivo di eliminare la resistenza che il Fronte nazionale contro il colpo di Stato sta portando avanti oltre a contrastare l'insediamento di Lobo alla Presidenza il prossimo 27 gennaio.
In questo momento buio per l'Honduras diventa fondamentale che la politica e la società civile internazionale incrementi il loro appoggio e la loro solidarietà per far si che le violenze e le persecuzioni che la popolazione sta subendo venga alla luce e non nascosta come sta accadendo.

mercoledì 20 gennaio 2010

Ancora morte a Ciudad Juárez

L'ultima sabato di novembre del 2009 è stato ucciso da alcuni sicari Jesús Alfredo Portillo Santos, di 27 anni, genero della fondatrice di Nuestras Hijas de Regreso a Casa, l'associazione più importante e rappresentativa di Ciudad Juárez (Messico) che lotta contro i femminicidi.
Santos era un attivista del movimento guidato da Marisela Ortiz Rivera ed anche uno studente dell'Università Autonoma di Ciudad Juárez (UACJ). Il suo omicidio è avvenuto vicino un centro commerciale ad alcuni chilometri da Ciudad Juárez dove alcuni sicari, armati di pistola, si erano nascosti nell'attesa del suo arrivo.

L'uccisione di Santos allunga l'elenco delle vittime tra gli attivisti di Nuestras Hijas de Regreso a Casa. Prima dell'omicidio del giovane, il professore universitario Galvan Manuel Arroyo fu ucciso nel maggio 2009, mentre Alicia Orrantia fu rapita il 19 novembre del 2009 e dopo alcuni giorni fu ritrovata dalla polizia.
La famiglia di Alicia Orrantia è stata falcidiata dalla violenta intimidazione di chi cerca di insabbiare le indagini sui femminicidi che insanguinano da molti anni la regione Ciudad Juárez. Alicia ha perso suo figlio nel 2008, e suo marito nell'ottobre 2009.

Per l'appello di Humberto Rombles (drammaturgo, autore di "Donne di sabbia") clicca qui.

sabato 16 gennaio 2010

La violenza aumenta in Guatemala

Il rapporto annuale presentato dal Gruppo di mutuo appoggio del Guatemala, organizzazione non governativa che si occupa di dare assistenza ai familiari delle vittime della dittatura e monitora la situazione dei diritti umani, fotografa un aumento importante delle violenze nel paese.
L'incremento della violenza è provato dai dati raccolti: nel 2008 erano state uccise 3305 persone mentre nel 2009 a ottobre si era già arrivati a 3286 vittime.

La diminuzione della sicurezza nella società guatemalteca non sembra arrestarsi anche perché il governo agli inizi del 2009 aveva varato un piano per la sicurezza per provare a debellare la criminalità organizzata coinvolgendo cinque diversi ministeri, le forze di polizia e l'esercito. Il cattivo risultato ottenuto fino ad ora dimostra la poca sinergia tra gli attori impegnati in questa lotta.
Altro problema importante è la bassa presenza della polizia, perché non ha i mezzi per almeno tentare di opporsi alla criminalità. La mancanza di mezzi porta ad avere un alto numero di agenti che vengono corrotti dai malavitosi per avere informazioni o addirittura l'impunità. Quest'ultimo aspetto è figlio della scarsità di risorse economiche perché ogni anno migliaia di casi arrivano nelle cancellerie dei tribunali arrivando alla sentenza anche 30 anni dopo la denuncia.
A causa della mancanza di giustizia in Guatemala si moltiplicano anche i casi di "giustizia fai da te"; solo in ottobre si sono verificati 35 linciaggi e 140 ferimenti; un altro aspetto inquietante è l'alto numero di morti extra giudiziarie circa 65 nei primi dieci mesi del 2009.
Lo Stato è assente o meglio mette davanti ai problemi ed alle esigenze del paese l'interesse dei politici e dei potenti; questo genera solo ingiustizia, confusione e violenza che il Gruppo di mutuo appoggio del Guatemala denuncia ogni anno.

martedì 12 gennaio 2010

Colombia: Rapporto annuale sulla tortura

La Coalición Colombiana contra la Tortura ha presentato a novembre 2009 il rapporto annuale sulle torture che insanguinano il paese. Il rapporto consegnato all'ONU denuncia che la tortura in Colombia è ancora usata in modo sistematico da tutti i gruppi armati (esercito, paramilitari e guerriglia) che combattono nel territorio.
La tortura non è solo fisica ma anche psicologica, e viene utilizzata per intimidire, perseguitare ed estorcere informazioni soprattutto dalla popolazione inerme.
L'uso della tortura psicologica è in ascesa e mira ad aumentare i combattenti o coloro che aiutano i gruppi armati nascondendo o movimentando armi, oppure facendo gli informatori o i messaggeri. A causa di questa pratica si calcola che circa 15.000 combattenti (sia nelle fila della FARC che dei gruppi paramilitari) siano ragazzi con meno di 18 anni; riprendendo i dati di uno studio dell'UNICEF nel 2009, si scopre che l'età media dei bambini soldato è scesa a 12 anni!
Anche la violenza sessuale e lo sfruttamento sessuale delle giovani ragazze viene inclusa nei casi di tortura perché è sistematica ed ha il fine di indurre le giovani donne a prostituirsi per racimolare il denaro per i gruppi combattenti.

Dal 2005 la Coalición Colombiana contra la Tortura ha creato un'archivio dove si raccolgono le testimonianze di chi ha subito delle torture ed ha avuto il coraggio di raccontarle; per adesso sono state documentate mille episodi di tortura di cui più di 300 sono protagonisti bambini e ragazzi con meno di diciotto anni.
Le denunce raccolte sono una piccola parte dei fatti che realmente si compiono in Colombia e sicuramente il Governo Uribe minimizzerà i numeri affermando che le FARC sono state quasi sgominate e che i paramilitari sono stati debellati. Insomma la Colombia sarà rappresentata dal Governo come un paese democratico e sicuro, anche se dopo oltre 45 anni di conflitto interno vi sono circa 4 milioni di deslpazados, la violenza aumenta, come aumenta vertiginosamente la povertà.

venerdì 8 gennaio 2010

Fumigazioni in Paraguay

Continuano le fumigazioni di terreni di proprietà di grandi latifondisti in Sud America, in questo caso in Paraguay alcuni aerei hanno spruzzato su oltre 15.000 ettari di campi coltivati a soia agenti chimici tossici.
L'episodio è avvenuto nella provincia dell'Alto Paranà, dove le fumigazioni hanno intossicato circa 200 indio della 200 membri della comunità Ava Guaranì coi gravi convulsioni ed emicranie.

Secondo Instituto Nacional del Indigena de Paraguay (INDI) le attività di irrorare le colture con sostanze tossiche per l'uomo ha lo scopo di far allontanare gli indio che abitano nei latifondi che da molti anni reclamano come proprie terre.
Anche il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, ha deciso di fare chiarezza su questi episodi che si stanno intensificando ed ha chiesto al magistrato competente di aprire un'indagine per capire chi sono i responsabili di tali episodi.

domenica 3 gennaio 2010

La fine degli Akuntsu

Nel novembre 2009 Survival International, l'Ong che cerca di difendere i popoli indigeni, ha denunciato che il popolo degli Akuntsu si è quasi estinto.
Gli indiani Akuntsu vivono nudi nella foresta amazzonica del Brasile, è un popolo non contattato (per molto tempo non hanno avuto contatti con l'uomo contemporaneo), che vive di caccia e di piccole coltivazioni di manioca e mais. Le loro abitazioni sono piccole case di paglia, hanno sviluppato tecniche per la costruzioni di strumenti musicali come i flauti e per la costruzione di monili ricavati da conchiglie e fibre vegetali.
L'area dove vivono si estende nello stato di Rondônia, ma la loro terra ancestrale gli è stata sottratta dagli allevamenti di bestiame e dai latifondi.

Lo sterminio del popolo Akuntsu ha avuto inizio negli anni '60 per mano degli allevatori e latifondisti che oltre ad assoldare dei killer veri e propri distruggevano al foresta per espandere i terreni su cui coltivare o allevare. Tutto questo fu autorizzato da un lungimirante ed avido governo nazionale che desiderava sfruttare l'enorme foresta amazzonica colonizzandola e costruendo infrastrutture come la tristemente famosa superstrada BR 364 che attraversa lo stato di Rondônia.
L'avanzata dei latifondisti costrinse il popolo Akuntsu a ritirarsi sempre più all'interno della foresta fino a che non arrivò il contatto con l'uomo bianco che con ruspe e fucili distrusse interi villaggi e uccise la quasi totalità degli Akuntsu. In uno degli scontri più sanguinosi si salvarono solo due indigeni, Konibú e Pupak, che ancora oggi portano i segni della mattanza sulla propria pelle (cicatrici di pallottole).
Il Funai(è l'organo ufficiale del governo brasiliano per proteggere i diritti dei popoli indigeni) riuscì a mettersi in contatto con gli Akuntsu solo nel 1995 e ne contò sette. Dopo questo contatto il Funai perlustrò le aree dove vivevano gli indio e trovarono le tracce del loro sterminio, che gli assassini tentarono di nascondere.

Oggi gli Akuntsu sono rimasti in cinque, tre donne e due uomini, tutti anziani; la più giovane è morta nell'inverno del 2000 ed a fine ottobre del 2009 si è spento anche l'indio più anziano, Ururú. La conferenza stampa di Survival si ricorda che Ururú "era un combattente, era forte ed ha resistito fino all'ultimo momento. [...] Purtroppo, sta molto male anche suo fratello Konibu".
Stephen Corry, direttore generale di Survival, afferma con amarezza che "con la morte di Ururú stiamo assistendo agli atti finali di un genocidio in pieno XXI secolo. A differenza degli stermini di massa della Germania nazista e del Ruanda, il genocidio dei popoli indigeni continua negli angoli più remoti del mondo, sfuggendo alla vista e alla condanna dell'opinione pubblica. Anche se i numeri sono inferiori, il risultato non cambia. Le speranze di salvezza dei popoli indigeni cominceranno solo quando le loro persecuzioni saranno state finalmente riconosciute gravi tanto quanto la schiavitù o l'apartheid".

Nessuno è riuscito a comprendere la loro lingua e quindi lo sterminio che hanno subito è stato ricostruito con le prove recuperate nella foresta; con la loro scomparsa perderemo un altro importante tassello di umanità che non siamo riusciti a proteggere.