Nel 2001 il presidente Hugo Chavez ed il suo governo iniziarono a recuperare la sovranità sulle risorse naturali del Venezuela che fino ad allora erano depredate da multinazionali estere come la Exxon-Mobil, Conoco-Phillips, ENI, Total, BP e Shell; così per dar corso a questo proposito il governo venezuelano propose una modifica della costituzione che, successivamente, fu approvata con larghissima maggioranza.
Per dare corso alla modifica costituzionale il governo venezuelano impose la rinegoziazione dei contratti alle multinazionali con l'obbligo di costituire società miste, con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, qualora le imprese estere avessero deciso di continuare la loro opera in Venezuela.
Per la rinegoziazione dei contratti il governo bolivariano proponeva un indennizzo economico e la creazione di società miste con il 60% in mano alla PDVSA ed il 40% alla società estera; Total, BP e un’altra decina di compagnie petrolifere, hanno accettato gli indennizzi proposti, di formare società miste e di guadagnare un equo 40% (il 50% in meno rispetto ai guadagni prima dell'insediamento del governo Chávez).
A metà febbraio anche ENI ha accettato l'offerta del Venezuela ed in quella occasione il ministro di Energia e Petrolio del Venezuela, Rafael Ramírez, ha ribadito che tutti gli accordi siglati con le multinazionali estere "sono passi nella battaglia per difendere i nostri interessi e le loro risorse naturali" e ha continuato il proprio intervento affermando che "nella cornice delle nostre leggi diamo il benvenuto a tutte le imprese che vogliono lavorare con il controllo e la direzione dello Stato venezuelano in settori tanto strategici come l’industria petrolifera, così come è stabilito nella nostra Costituzione".
Due multinazionali USA la Exxon-Mobil e la Conoco-Phillips si rifiutano da anni di firmare gli accordi con il governo bolivariano e la Exxon si è rivolta al tribunale di New York per congelare beni della PDVSA per 12 miliardi di dollari che corrisponderebbero all'ammontare delle perdite subite dalla società dal momento dell'entrata in vigore della nuova costituzione del Venezuela. Il tribunale di New York ha congelato i beni ed ha affermato che non sarebbe sufficiente un profitto del 40% che genererebbe la società tra Exxon e PDVSA; questo è soltanto il primo round di una battaglia legale che si annuncia molto dura.
Secondo alcuni analisti politici la battaglia legale della Exxon fa parte di una ampia strategia del governo statunitense per indebolire e sostituire il legittimo governo venezuelano; secondo altri analisti, per lo più statunitensi, sarebbe Hugo Chávez che con le minacce di sospensione delle forniture di petrolio agli Stati Uniti, attenterebbe alla sicurezza nazionale a stelle e strisce.
La Exxon-Mobil ha iniziato la battaglia per il controllo del petrolio Venezuelano ma la posta della guerra è la sovranità stessa del Venezuela.
Per dare corso alla modifica costituzionale il governo venezuelano impose la rinegoziazione dei contratti alle multinazionali con l'obbligo di costituire società miste, con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA, qualora le imprese estere avessero deciso di continuare la loro opera in Venezuela.
Per la rinegoziazione dei contratti il governo bolivariano proponeva un indennizzo economico e la creazione di società miste con il 60% in mano alla PDVSA ed il 40% alla società estera; Total, BP e un’altra decina di compagnie petrolifere, hanno accettato gli indennizzi proposti, di formare società miste e di guadagnare un equo 40% (il 50% in meno rispetto ai guadagni prima dell'insediamento del governo Chávez).
A metà febbraio anche ENI ha accettato l'offerta del Venezuela ed in quella occasione il ministro di Energia e Petrolio del Venezuela, Rafael Ramírez, ha ribadito che tutti gli accordi siglati con le multinazionali estere "sono passi nella battaglia per difendere i nostri interessi e le loro risorse naturali" e ha continuato il proprio intervento affermando che "nella cornice delle nostre leggi diamo il benvenuto a tutte le imprese che vogliono lavorare con il controllo e la direzione dello Stato venezuelano in settori tanto strategici come l’industria petrolifera, così come è stabilito nella nostra Costituzione".
Due multinazionali USA la Exxon-Mobil e la Conoco-Phillips si rifiutano da anni di firmare gli accordi con il governo bolivariano e la Exxon si è rivolta al tribunale di New York per congelare beni della PDVSA per 12 miliardi di dollari che corrisponderebbero all'ammontare delle perdite subite dalla società dal momento dell'entrata in vigore della nuova costituzione del Venezuela. Il tribunale di New York ha congelato i beni ed ha affermato che non sarebbe sufficiente un profitto del 40% che genererebbe la società tra Exxon e PDVSA; questo è soltanto il primo round di una battaglia legale che si annuncia molto dura.
Secondo alcuni analisti politici la battaglia legale della Exxon fa parte di una ampia strategia del governo statunitense per indebolire e sostituire il legittimo governo venezuelano; secondo altri analisti, per lo più statunitensi, sarebbe Hugo Chávez che con le minacce di sospensione delle forniture di petrolio agli Stati Uniti, attenterebbe alla sicurezza nazionale a stelle e strisce.
La Exxon-Mobil ha iniziato la battaglia per il controllo del petrolio Venezuelano ma la posta della guerra è la sovranità stessa del Venezuela.
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