sabato 3 maggio 2008

La continua violenza in Colombia

La situazione colombiana è molto critica: secondo le stime di varie organizzazioni non governative ci sono circa 4 milioni di persone che sono state obbligate ad abbandonare le proprie terre, circa trecentomila morti violente l'anno, quindicimila desaparecidos ed il 40 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Oltre a questi dati allarmanti si ha la quasi completa assenza del diritto alla salute e all'istruzione.

La Colombia sta vivendo da circa 40 anni una vera e propria guerra civile dove si fronteggiano i guerriglieri delle FARC da una parte e lo Stato con l'esercito ed i paramilitari dall'altra.
Il 6 marzo 2008 un'imponente manifestazione ha raccolto migliaia di persone: le stime ottimistiche parlano di circa quattrocentomila manifestanti, mentre quelle ritenute più attendibili si fermano a duecentocinquantamila, per denunciare e fermare il Terrorismo di Stato. Alle manifestazioni che si sono svolte in molte città colombiane hanno partecipato studenti, operai, contadini, casalinghe, ex-ostaggi delle FARC, sindacalisti e la famiglia di Ingrid Betancourt.

La manifestazione per far terminare le violenze nel paese si fonda su basi solide e ben comprovate; ci sono moltissime persone minacciate di morte, innumerevoli torturati, rapiti ed infine molti omicidi mirati (nel 2007 sono stati uccisi 70 sindacalisti) e la gran parte di queste violenze si possono ricondurre alla polizia ed ai paramilitari.
Alcuni giorni dopo l'invasione pacifica delle piazze del paese andino sono stati uccisi quattro organizzatori, due sono stati sequestrati e gli altri sono stati minacciati di morte con lettere a loro recapitate in cui si leggeva: "Vi colpiremo uno a uno e non permetteremo alla società civile colombiana di alzare la testa".

Lo Stato risponde che ogni violenza è da ricondursi alle FARC, ma la verità non è proprio questa! Sicuramente le FARC usano le mine antiuomo, negli scontri a fuoco con l'esercito o i paramilitari non fanno caso a chi si trova nell'area della battaglia, fucilano dopo processi sommari chiunque sia sospettato di collaborare con l'esercito o metta in pericolo la causa rivoluzionaria ma secondo i contadini e le popolazioni che vivono, o meglio sono costrette a conviverci, non uccidono per il proprio piacere e non distruggono villaggi interi per vendere i terreni usurpati alle multinazionali per pochi dollari, non uccidono i sindacalisti e coloro che manifestano per la pace.

Le persone comuni che raccontano la loro convivenza forzata con le FARC, sicuramente non sono felici della situazione in cui si trovano e piangono i morti, le angherie e gli altri svariati crimini che subiscono da parte dell'esercito e dei paramilitari, che lo Stato appoggia senza nessuna vergogna, che si scontrano con la guerriglia.
Le organizzazioni paramilitari ufficialmente non esistono più ma sotterraneamente continuano le loro sporche operazioni per eliminare coloro che si oppongono al Governo e che vogliono migliorare la situazione nel paese.
Secondo alcune stime, sempre di organizzazioni non governative, circa il 35% dei parlamentari e senatori sono legati o fanno parte di gruppi paramilitari.
A riprova di come il Governo sia legato ai gruppi paramilitari a fine marzo sono stati arrestai tre politici. Il senatore Miguel Pinedo e Alonso de Jesus (del partito Cambio Radical che appoggia il presidente Alvaro Uribe) sono stati arrestati insieme al senatore Luis Fernando Velasco (del Partito Liberale attualmente all'opposizione). La Corte Suprema e la Procura nell'ultimo anno è riuscita a bloccare molti gruppi armati, a condannare sei politici collusi o facenti parti di gruppi paramilitari ed aprire circa 80 indagini a carico di politici.
E' di questo periodo la pubblicazione di un appello per far pressioni sul governo colombiano per porre fina alle violenze del paese (http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=2&idart=10577)

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