Da metà marzo in Argentina il settore agropecuario è in sciopero per l'innalzamento delle imposte sull'export, soprattutto per le esportazioni di soia e semi di girasole, che hanno un grande mercato ed il cui prezzo negli ultimi mesi è salito molto.
Le imposte sono state pensate per redistribuire parte della ricchezza generata dall'esportazione, ma i grandi latifondisti, le multinazionali ed i piccoli proprietari terrieri hanno visto in questa nuova imposta una misura che li metterà in ginocchio.
Tutto il settore è sceso in piazza fomentato anche dall'opposizione del governo Kirchner con le immancabili pentole (che l'Occidente ha conosciuto nella grande crisi economica argentina del 2001), slogan e blocchi stradali (nelle prime due settimane se ne sono contati circa quattrocento) che hanno fatto sì che le scorte alimentari inizino a scarseggiare in alcune aree dell'Argentina.
Il 2 per cento dei produttori argentini è proprietaria del 55 percento della terra, con circa 15mila ettari cadauno. Mentre l'85 per cento dei piccoli e medi produttori è proprietario del 10 per cento della terra.
La protesta molto ferma e dura dei braccianti, dei piccoli e grandi proprietari terrieri ha portato il governo di Cristina Kirchner a rivedere la metodologia di applicazione delle imposte; si prevede la restituzione delle tasse pagate dall'11 marzo per i coltivatori che non hanno superato le 500 tonnellate di soia e semi di girasole; una sovvenzione per il 50 per cento del costo del trasporto, la riapertura del registro delle esportazioni di grano, l'incremento dei compensi per i produttori di latte.
Dopo questa nuova proposta gli scioperanti guidati dai grandi latifondisti hanno bocciato il nuovo decreto ed hanno rifiutato di sedersi al tavolo delle trattative.
Il prezzo della soia prima del 11 marzo era di 237 dollari a tonnellata mentre oggi si aggira intorno ai 279 dollari, quindi secondo i calcoli delle governo argentino con la nuova imposta, non hanno subito perdite.
Il governo ha fatto un grosso passo verso i piccoli e medi proprietari terrieri ma ha ribadito la propria posizione verso coloro che detengono i grandi latifondi.
Il rifiuto a sospendere lo sciopero dimostra che si tratta di uno sciopero padronale visto disponibilità del governo a trattare ed aiutare i piccoli produttori da una parte e dall'altra i grandi latifondisti che non hanno ricevuto niente da questa nuova proposta.
Il popolo argentino dopo il nuovo no dei latifondisti ha dato una forte risposta, è sceso in piazza a manifestare il proprio appoggio al governo di Cristina Fernandez ritrovandosi nella storica Plaza de Mayo.
Oggi gli agropecuari sono isolati e non hanno più l'appoggio iniziale della popolazione argentina; chissà se i piccoli e medi proprietari terrieri capiranno che dopo l'ultima proposta del governo sono stati manovrati dai grandi latifondisti.
Le imposte sono state pensate per redistribuire parte della ricchezza generata dall'esportazione, ma i grandi latifondisti, le multinazionali ed i piccoli proprietari terrieri hanno visto in questa nuova imposta una misura che li metterà in ginocchio.
Tutto il settore è sceso in piazza fomentato anche dall'opposizione del governo Kirchner con le immancabili pentole (che l'Occidente ha conosciuto nella grande crisi economica argentina del 2001), slogan e blocchi stradali (nelle prime due settimane se ne sono contati circa quattrocento) che hanno fatto sì che le scorte alimentari inizino a scarseggiare in alcune aree dell'Argentina.
Il 2 per cento dei produttori argentini è proprietaria del 55 percento della terra, con circa 15mila ettari cadauno. Mentre l'85 per cento dei piccoli e medi produttori è proprietario del 10 per cento della terra.
La protesta molto ferma e dura dei braccianti, dei piccoli e grandi proprietari terrieri ha portato il governo di Cristina Kirchner a rivedere la metodologia di applicazione delle imposte; si prevede la restituzione delle tasse pagate dall'11 marzo per i coltivatori che non hanno superato le 500 tonnellate di soia e semi di girasole; una sovvenzione per il 50 per cento del costo del trasporto, la riapertura del registro delle esportazioni di grano, l'incremento dei compensi per i produttori di latte.
Dopo questa nuova proposta gli scioperanti guidati dai grandi latifondisti hanno bocciato il nuovo decreto ed hanno rifiutato di sedersi al tavolo delle trattative.
Il prezzo della soia prima del 11 marzo era di 237 dollari a tonnellata mentre oggi si aggira intorno ai 279 dollari, quindi secondo i calcoli delle governo argentino con la nuova imposta, non hanno subito perdite.
Il governo ha fatto un grosso passo verso i piccoli e medi proprietari terrieri ma ha ribadito la propria posizione verso coloro che detengono i grandi latifondi.
Il rifiuto a sospendere lo sciopero dimostra che si tratta di uno sciopero padronale visto disponibilità del governo a trattare ed aiutare i piccoli produttori da una parte e dall'altra i grandi latifondisti che non hanno ricevuto niente da questa nuova proposta.
Il popolo argentino dopo il nuovo no dei latifondisti ha dato una forte risposta, è sceso in piazza a manifestare il proprio appoggio al governo di Cristina Fernandez ritrovandosi nella storica Plaza de Mayo.
Oggi gli agropecuari sono isolati e non hanno più l'appoggio iniziale della popolazione argentina; chissà se i piccoli e medi proprietari terrieri capiranno che dopo l'ultima proposta del governo sono stati manovrati dai grandi latifondisti.
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