"E' in corso una campagna per screditarci orchestrata da Washington che mira a collegare il governo ecuadoriano con la Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), per spingere il paese al conflitto con la Colombia destabilizzando l'area e poter instaurare un governo fantoccio" sono le gravi parole che il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, ha pronunciato dopo la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Colombia, Ecuador e Venezuela.
La tensione è scemata dopo l'incontro dei capi di stato di Colombia, Ecuador e Venezuela a Santo Domingo nella riunione del Gruppo di Rio; ma non è del tutto eliminata perché Alvaro Uribe non ha dichiarato che sconfinamenti e bombardamenti dell'esercito colombiano in territorio dell'Ecuador non si ripeteranno, ma ha semplicemente affermato che una fase del conflitto con le FARC è terminato per cui non si rendono necessarie altre incursioni.
A questo si somma la mano degli USA che hanno operato nell'azione del primo di marzo contro le FARC, fornendo la loro miglior tecnologia militare ed il loro appoggio politico ad Uribe durante l'aumento della tensione con i paesi confinanti.
Le parole di Correa non suonano inverosimili dato che non sarebbe la prima volta che la Casa Bianca compie vergognosi atti di ingerenza nella regione; in passato sono arrivati al rovesciamento dei governi democraticamente eletti con la successiva instaurazione di dittature. E' sufficiente ricordare il Cile che dal governo Allende passò alla dittatura di Pinochet oppure più recentemente il fallito golpe in Venezuela ai danni di Chávez.
Le accuse rivolte da Uribe, con il supporto delle prove e delle informazioni ricevute dalla CIA, a Correa e Chávez di supportare la guerrilla delle FARC si collocano in un contesto di discredito mediatico dei due governi.
Le crescenti pressioni e sospetti derivati dalle accuse hanno come fine quello di generare instabilità nell'area e di indebolire il governo Ecuadoriano, in vista della proroga degli accordi firmati nel 1999, in scadenza nel 2009, che hanno dato vita all'ennesima base militare (Manta) USA sparsa nel globo.
Il vicepresidente ecuadoriano, Lenin Morero, interpellato all'inizio del 2008 sulla questione, rispondeva così: "Realmente non so con chi stiano negoziando il rinnovo, con questo governo sicuramente no, noi non siamo disposti a concederlo. Noi vogliamo solo essere rispettati. Gli ecuadoriani sono gente molto rispettosa della società nordamericana, rispettiamo e ammiriamo il popolo nordamericano. Non riteniamo però che sia corretto che il loro presidente prenda decisioni che diminuiscano o ledano la nostra dignità. La autodeterminazione dei popoli è una risorsa fondamentale".
Forse adesso, alla luce di ciò che è accaduto dal primo marzo, la risposta non sarebbe così perentoria ma si spera che la decisione non cambi perché l'abitudine da parte dei governi statunitensi d'intervenire nella politica dei paesi Latino Americani subisca un nuovo e fondamentale ridimensionamento.
La tensione è scemata dopo l'incontro dei capi di stato di Colombia, Ecuador e Venezuela a Santo Domingo nella riunione del Gruppo di Rio; ma non è del tutto eliminata perché Alvaro Uribe non ha dichiarato che sconfinamenti e bombardamenti dell'esercito colombiano in territorio dell'Ecuador non si ripeteranno, ma ha semplicemente affermato che una fase del conflitto con le FARC è terminato per cui non si rendono necessarie altre incursioni.
A questo si somma la mano degli USA che hanno operato nell'azione del primo di marzo contro le FARC, fornendo la loro miglior tecnologia militare ed il loro appoggio politico ad Uribe durante l'aumento della tensione con i paesi confinanti.
Le parole di Correa non suonano inverosimili dato che non sarebbe la prima volta che la Casa Bianca compie vergognosi atti di ingerenza nella regione; in passato sono arrivati al rovesciamento dei governi democraticamente eletti con la successiva instaurazione di dittature. E' sufficiente ricordare il Cile che dal governo Allende passò alla dittatura di Pinochet oppure più recentemente il fallito golpe in Venezuela ai danni di Chávez.
Le accuse rivolte da Uribe, con il supporto delle prove e delle informazioni ricevute dalla CIA, a Correa e Chávez di supportare la guerrilla delle FARC si collocano in un contesto di discredito mediatico dei due governi.
Le crescenti pressioni e sospetti derivati dalle accuse hanno come fine quello di generare instabilità nell'area e di indebolire il governo Ecuadoriano, in vista della proroga degli accordi firmati nel 1999, in scadenza nel 2009, che hanno dato vita all'ennesima base militare (Manta) USA sparsa nel globo.
Il vicepresidente ecuadoriano, Lenin Morero, interpellato all'inizio del 2008 sulla questione, rispondeva così: "Realmente non so con chi stiano negoziando il rinnovo, con questo governo sicuramente no, noi non siamo disposti a concederlo. Noi vogliamo solo essere rispettati. Gli ecuadoriani sono gente molto rispettosa della società nordamericana, rispettiamo e ammiriamo il popolo nordamericano. Non riteniamo però che sia corretto che il loro presidente prenda decisioni che diminuiscano o ledano la nostra dignità. La autodeterminazione dei popoli è una risorsa fondamentale".
Forse adesso, alla luce di ciò che è accaduto dal primo marzo, la risposta non sarebbe così perentoria ma si spera che la decisione non cambi perché l'abitudine da parte dei governi statunitensi d'intervenire nella politica dei paesi Latino Americani subisca un nuovo e fondamentale ridimensionamento.
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