La mancata estradizione in Uruguay di Jorge Nestor Fernández Troccoli, nato a Montevideo da genitori italiani il 20 marzo del 1947, non ha sollevato scalpore o echi mediatici anche se la Giustizia è stata nuovamente calpestata.
La motivazione per la mancata estradizione è stata: "Nestor Jorge Troccoli è un cittadino italiano per 'diritto di sangue' e non è possibile che possa essere consegnato al governo uruguayano per il trattato in vigore tra i due paesi quindi non è estradabile".
Troccoli fece richiesta del passaporto italiano, rilasciatogli nel 2002, e cinque anni più tardi, nel settembre del 2007, riceve la cittadinanza italiana e si stabilisce definitivamente a Marina di Camerota nel salernitano perché la situazione in Uruguay, nel suo perfetto "italiano", è "indecente e non sicura per la sua famiglia".
Lo stato italiano che ha concesso la cittadinanza era a conoscenza dei suo passato trascorso nelle unità segrete del SII, l'intelligence del Fusna (Fusileros Navales), della marina militare uruguayana dove con il grado di tenente, alla fine del 1977, è il responsabile degli interrogatori (torture) condotti da questa unità.
Dopo l'arresto avvenuto a Marina di Camerota nel dicembre 2007 la Corte di Appello di Salerno lo aveva rimesso in libertà perché il 23 marzo 2008 non erano ancora pervenuti i documenti dall'Uruguay per la richiesta di estradizione. Questo intoppo burocratico scatenò nel paese sudamericano una forte indignazione e le polemiche travolsero a Roma l'ambasciatore uruguayano Carlos Abin e il suo fido collaboratore Tabarè Bocalandro, che secondo la stampa locale avrebbero ritardato volontariamente il transito dei documenti consegnandoli solo dopo il termine previsto dalla legge di 90 giorni.
Per questo motivo ed anche per cercare di riprendere l'iter burocratico per l'estradizione di Troccoli, i due funzionari furono rimossi dai loro incarichi dal governo uruguaiano.
Sfortunatamente la sentenza del 23 ottobre 2008 firmata dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano rifiuta la richiesta della Giustizia uruguayana. Oltre a questo danno vi è anche la beffa perché nella sentenza si legge che "l’Uruguay potrà sempre chiedere all’Italia che venga sottoposto a processo per reato di sparizione forzata".
La motivazione per la mancata estradizione è stata: "Nestor Jorge Troccoli è un cittadino italiano per 'diritto di sangue' e non è possibile che possa essere consegnato al governo uruguayano per il trattato in vigore tra i due paesi quindi non è estradabile".
Troccoli fece richiesta del passaporto italiano, rilasciatogli nel 2002, e cinque anni più tardi, nel settembre del 2007, riceve la cittadinanza italiana e si stabilisce definitivamente a Marina di Camerota nel salernitano perché la situazione in Uruguay, nel suo perfetto "italiano", è "indecente e non sicura per la sua famiglia".
Lo stato italiano che ha concesso la cittadinanza era a conoscenza dei suo passato trascorso nelle unità segrete del SII, l'intelligence del Fusna (Fusileros Navales), della marina militare uruguayana dove con il grado di tenente, alla fine del 1977, è il responsabile degli interrogatori (torture) condotti da questa unità.
Dopo l'arresto avvenuto a Marina di Camerota nel dicembre 2007 la Corte di Appello di Salerno lo aveva rimesso in libertà perché il 23 marzo 2008 non erano ancora pervenuti i documenti dall'Uruguay per la richiesta di estradizione. Questo intoppo burocratico scatenò nel paese sudamericano una forte indignazione e le polemiche travolsero a Roma l'ambasciatore uruguayano Carlos Abin e il suo fido collaboratore Tabarè Bocalandro, che secondo la stampa locale avrebbero ritardato volontariamente il transito dei documenti consegnandoli solo dopo il termine previsto dalla legge di 90 giorni.
Per questo motivo ed anche per cercare di riprendere l'iter burocratico per l'estradizione di Troccoli, i due funzionari furono rimossi dai loro incarichi dal governo uruguaiano.
Sfortunatamente la sentenza del 23 ottobre 2008 firmata dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano rifiuta la richiesta della Giustizia uruguayana. Oltre a questo danno vi è anche la beffa perché nella sentenza si legge che "l’Uruguay potrà sempre chiedere all’Italia che venga sottoposto a processo per reato di sparizione forzata".
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