L'esercito rivoluzionario delle FARC ha rilasciato il 18 marzo l'ingegnere svedese Erik Roland Larsson che fu rapito nel 2007. Larsson che oggi ha 69 anni e non gode di buona salute fu rapito dalla sua proprietà agricola nella regione a nord di Córdoba e fu richiesto per lui un riscatto da 5 milioni di dollari che secondo le fonti ufficiali non sono mai stati pagati.
Il conflitto tra Stato colombiano e Farc sembra che volga a favore del primo protagonista dopo i numerosi rilasci di ostaggi da parte dell'esercito guerrigliero e dopo anche la simbolica richiesta di perdono da parte di Karina, la guerrigliera delle Farc catturata nel 2008, per il dolore che le sua azioni hanno arrecato ai colombiani.
Tutti questi elementi, amplificati dai media pro Uribe, rafforzano l'immagine di Uribe che rimarca spesso nelle proprie dichiarazioni quanto siano deboli le Farc grazie alla politica del suo governo ed al positivo lavoro dell'esercito anche se in alcune regioni, quelle agricole, le Farc controllano il territorio e lo stato è completamente assente oppure è debole.
Questa campagna mediatica, sui presunti successi contro la guerriglia, cerca di far dimenticare dall'opinione pubblica tutti gli scandali che il governo Uribe e l'esercito stanno attraversando.
La lettera aperta, che riporto sotto, scritta da Don Angelo Casadei da un quadro molto più cupo di quello roseo che i media colombiani dipingono.
Don Angelo Casadei è uno dei missionari italiani che operano a Remolino del Caguán, un paese sperduto nella foresta amazzonica sulle anse del fiume Caguán controllato da sempre dalle Farc a cui, solo nel paese, da poco tempo si è sostituito l'esercito regolare.
Ecco cosa scrive Don Casadei: "Da due lunghi anni qui a Remolino del Caguán conviviamo ogni giorno con l'Esercito Nazionale, l'unica presenza dello Stato in un territorio lasciato per anni in balia della giustizia fai da te. La presenza del governatore e del sindaco è quasi nulla, e quando vengono a farci visita arrivano con un elicottero da guerra, scortati da forze militari. La gente, se vuole sopravvivere, deve obbedire a chi comanda, armi in pugno. In nessun momento si sente libera di agire. Questo è un territorio dove è ancora forte la presenza della guerriglia delle Farc, a cui tutti devono portare rispetto. La guerriglia deve essere informata di qualunque cosa, decisioni, arrivi e partenze. Viviamo in uno stato di guerra permanente, e dei peggiori: qui c'è una guerra tra fratelli del medesimo Paese, qui c'è una guerra civile".
"Qualunque guerra crea solo ingiustizie, da ogni parte, e chi ne porta il peso maggiore sono coloro che stanno nel mezzo: in questo caso i contadini. Sono pochi quelli rimasti da quando è iniziata la repressione nel Caguán, inaugurata dall'attuale Presidente. Una repressione che ha cambiato molto il nostro territorio. Molta gente se ne è andata e dà dolore vedere questo paese quasi vuoto. Qui abbiamo subito una vera "purga": è una repressione che vuole farla finita con la gente. Si stanno attaccando i piccoli commercianti del luogo, i loro líderes comunitari. È una guerra che sta lasciando solo morti. Le persone che restano sono disanimate".
"La cosa più triste di tutta questa storia è che molti dei desplazados fuggiti da Remolino si stanno vendendo all'Esercito e stanno denunciando persone innocenti che ancora vivono qui cercando di rifarsi una vita onestamente. È una guerra tra poveri alimentata dalle stesse forze militari. E a pagare sono sempre gli stessi".
Il conflitto tra Stato colombiano e Farc sembra che volga a favore del primo protagonista dopo i numerosi rilasci di ostaggi da parte dell'esercito guerrigliero e dopo anche la simbolica richiesta di perdono da parte di Karina, la guerrigliera delle Farc catturata nel 2008, per il dolore che le sua azioni hanno arrecato ai colombiani.
Tutti questi elementi, amplificati dai media pro Uribe, rafforzano l'immagine di Uribe che rimarca spesso nelle proprie dichiarazioni quanto siano deboli le Farc grazie alla politica del suo governo ed al positivo lavoro dell'esercito anche se in alcune regioni, quelle agricole, le Farc controllano il territorio e lo stato è completamente assente oppure è debole.
Questa campagna mediatica, sui presunti successi contro la guerriglia, cerca di far dimenticare dall'opinione pubblica tutti gli scandali che il governo Uribe e l'esercito stanno attraversando.
La lettera aperta, che riporto sotto, scritta da Don Angelo Casadei da un quadro molto più cupo di quello roseo che i media colombiani dipingono.
Don Angelo Casadei è uno dei missionari italiani che operano a Remolino del Caguán, un paese sperduto nella foresta amazzonica sulle anse del fiume Caguán controllato da sempre dalle Farc a cui, solo nel paese, da poco tempo si è sostituito l'esercito regolare.
Ecco cosa scrive Don Casadei: "Da due lunghi anni qui a Remolino del Caguán conviviamo ogni giorno con l'Esercito Nazionale, l'unica presenza dello Stato in un territorio lasciato per anni in balia della giustizia fai da te. La presenza del governatore e del sindaco è quasi nulla, e quando vengono a farci visita arrivano con un elicottero da guerra, scortati da forze militari. La gente, se vuole sopravvivere, deve obbedire a chi comanda, armi in pugno. In nessun momento si sente libera di agire. Questo è un territorio dove è ancora forte la presenza della guerriglia delle Farc, a cui tutti devono portare rispetto. La guerriglia deve essere informata di qualunque cosa, decisioni, arrivi e partenze. Viviamo in uno stato di guerra permanente, e dei peggiori: qui c'è una guerra tra fratelli del medesimo Paese, qui c'è una guerra civile".
"Qualunque guerra crea solo ingiustizie, da ogni parte, e chi ne porta il peso maggiore sono coloro che stanno nel mezzo: in questo caso i contadini. Sono pochi quelli rimasti da quando è iniziata la repressione nel Caguán, inaugurata dall'attuale Presidente. Una repressione che ha cambiato molto il nostro territorio. Molta gente se ne è andata e dà dolore vedere questo paese quasi vuoto. Qui abbiamo subito una vera "purga": è una repressione che vuole farla finita con la gente. Si stanno attaccando i piccoli commercianti del luogo, i loro líderes comunitari. È una guerra che sta lasciando solo morti. Le persone che restano sono disanimate".
"La cosa più triste di tutta questa storia è che molti dei desplazados fuggiti da Remolino si stanno vendendo all'Esercito e stanno denunciando persone innocenti che ancora vivono qui cercando di rifarsi una vita onestamente. È una guerra tra poveri alimentata dalle stesse forze militari. E a pagare sono sempre gli stessi".
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