Il villaggio Acteal si trova a circa un'ora e mezzo di auto da San Cristobal e prima del 1997 era una un piccolo villaggio di 471 abitanti. Durante le migrazioni del 1997 causate dall'aumento delle scorribande di gruppi paramilitari, legati ai latifondisti, contro i contadini indigeni si rifugiarono 52 famiglie di zapatisti e circa 540 persone appartenenti a Las Abejas. Le due comunità crearono due campi distinti ma confinanti e con gli aiuti umanitari della Croce Rossa e di altre organizzazioni internazionali riuscirono a sopravvivere.
Las Abejas è un'organizzazione legata alla diocesi di San Cristobal e sostiene le famiglie di diverse comunità indigene locali che si riunirono per protestare contro l'ingiusto e arbitrario arresto di 5 contadini accusati della morte di un latifondista. Con l'insurrezione del EZLN la comunità si schierò con l'esercito Zapatista ma ne condannò da subito la scelta di imbracciare le armi; la loro forma di protesta è del tutto pacifica e si attua con marce, processioni, preghiere collettive e digiuni.
Il 22 dicembre del 1997 furono assassinati 45 indigeni, 7 delle 21 donne uccise erano incinte ed i loro bimbi furono trovati a terra lontano dal grembo materno, mentre erano riuniti in una chiesa in preghiera da un gruppo di paramilitari, si pensa del gruppo Máscara Roja, che si trovavano in zona per opporsi all'esercito del EZLN. La mattanza durò 7 ore e, cosa ancora più sconvolgente, a meno di 200 metri da un presidio di polizia. Alcune persone riuscirono a fuggire e provarono a chiamare in soccorso l'esercito del EZLN e altri abitanti della zona ma l'unico effetto che sortì fu quello di vedere alcune camionette della polizia che portavano in "salvo" i paramilitari dai corpi crivellati dai loro AK-47 o M-16.
La giustizia messicana dopo 10 anni dal massacro ha condannato 82 persone con pene che sommate tra loro arrivano a mala pena a 75 anni di carcere, che nessuno degli imputati conoscerà mai perché legati a doppia corda con esercito, polizia e politici messicani. L'associazione Frayba (http://www.frayba.org.mx/index.php?hl=en) che si occupa di diritti umani ha presentato ricorso per la sentenza farsa che il tribunale messicano ha emesso.
Dopo tutti questi anni il conflitto in Chiapas è sempre vivo e si è inasprito grazie alla guerra a bassa intensità che i gruppi armati attuano giorno dopo giorno. Il massacro di Acteal è uno degli innumerevoli episodi di attacchi che le popolazioni indigene del Chiapas subiscono da parte di paramilitari che si fanno promotori della guerra a bassa intensità. I paramilitari che operano nella zona sono addestrati, dall'esercito Messicano o da agenti Statunitensi che supportano l'esercito, per compiere rapidamente massacri e fughe in modo da non poter capire quale possa essere il loro prossimo bersaglio, e a causa di questi loro caratteristica le popolazioni subiscono anche una forte pressione psicologica.
Oggi ad Acteal non vive quasi più nessuno ma vi è una bellissima ed angosciante scultura donata da un artista norvegese che raffigura i volti delle vittime del massacro in una colonna: "La colonna dell'Infamia" che deve ricordarci gli innocenti massacrati ma anche il diritto alla giustizia ed alla pace che ognuno di noi ha.
Las Abejas è un'organizzazione legata alla diocesi di San Cristobal e sostiene le famiglie di diverse comunità indigene locali che si riunirono per protestare contro l'ingiusto e arbitrario arresto di 5 contadini accusati della morte di un latifondista. Con l'insurrezione del EZLN la comunità si schierò con l'esercito Zapatista ma ne condannò da subito la scelta di imbracciare le armi; la loro forma di protesta è del tutto pacifica e si attua con marce, processioni, preghiere collettive e digiuni.
Il 22 dicembre del 1997 furono assassinati 45 indigeni, 7 delle 21 donne uccise erano incinte ed i loro bimbi furono trovati a terra lontano dal grembo materno, mentre erano riuniti in una chiesa in preghiera da un gruppo di paramilitari, si pensa del gruppo Máscara Roja, che si trovavano in zona per opporsi all'esercito del EZLN. La mattanza durò 7 ore e, cosa ancora più sconvolgente, a meno di 200 metri da un presidio di polizia. Alcune persone riuscirono a fuggire e provarono a chiamare in soccorso l'esercito del EZLN e altri abitanti della zona ma l'unico effetto che sortì fu quello di vedere alcune camionette della polizia che portavano in "salvo" i paramilitari dai corpi crivellati dai loro AK-47 o M-16.
La giustizia messicana dopo 10 anni dal massacro ha condannato 82 persone con pene che sommate tra loro arrivano a mala pena a 75 anni di carcere, che nessuno degli imputati conoscerà mai perché legati a doppia corda con esercito, polizia e politici messicani. L'associazione Frayba (http://www.frayba.org.mx/index.php?hl=en) che si occupa di diritti umani ha presentato ricorso per la sentenza farsa che il tribunale messicano ha emesso.
Dopo tutti questi anni il conflitto in Chiapas è sempre vivo e si è inasprito grazie alla guerra a bassa intensità che i gruppi armati attuano giorno dopo giorno. Il massacro di Acteal è uno degli innumerevoli episodi di attacchi che le popolazioni indigene del Chiapas subiscono da parte di paramilitari che si fanno promotori della guerra a bassa intensità. I paramilitari che operano nella zona sono addestrati, dall'esercito Messicano o da agenti Statunitensi che supportano l'esercito, per compiere rapidamente massacri e fughe in modo da non poter capire quale possa essere il loro prossimo bersaglio, e a causa di questi loro caratteristica le popolazioni subiscono anche una forte pressione psicologica.
Oggi ad Acteal non vive quasi più nessuno ma vi è una bellissima ed angosciante scultura donata da un artista norvegese che raffigura i volti delle vittime del massacro in una colonna: "La colonna dell'Infamia" che deve ricordarci gli innocenti massacrati ma anche il diritto alla giustizia ed alla pace che ognuno di noi ha.
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