Nella metà di agosto 2009 le proteste Mapuche per la svendita delle loro terre "ancestrali" da parte del Governo alle multinazionali ha portato ad una grande manifestazione nella regione dell'Araucania.
In questa manifestazione i carabineros hanno usato la forza sparando in aria e non solo, per cercare di sgomberare un'area che i Mapuche rivendicano. Durante questa operazione un carabinero ha sparato ad un indigeno alle spalle provocando la morte del giovane.
Dopo l'ennesima morte provocata dalla polizia ai danni dei manifestanti Mapuche la protesta è ricominciata con ancora più vigore e decisione.
La Presidenta, Michelle Bachelet, ha inviato una delegazione nella regione dove è accaduto l'omicidio per capire cosa sta accadendo e per capire cosa stanno producendo le politiche statali a favore delle popolazioni indigene.
La comunità indigena che si era riunita per il funerale del giovane Jaime Collio ha deciso che se la politica del governo non interrompe la svendita di regioni fondamentali per la cultura mapuche loro continueranno a manifestare ed arriveranno fino all'occupazione delle terre. Gli indigeni chiedono che lo Stato assegni a loro la gestione delle terre "ancestrali" oltre al blocco delle concessioni che sono state emesse a favore delle multinazionali che ne sfruttano le ricchezze.
Oltre alla morte di Collio i manifestanti protestano per l'arresto indiscriminato di alcuni loro leader, affermando che non hanno commesso nessun delitto e che sono stati arrestati solo perché sono Mapuche e che combattono contro le decisioni scellerate del governo; quindi si considerano prigionieri politici.
La presidenta Bachelet ha risposta a queste accuse affermando: "In Cile non ci sono prigionieri politici mapuche: nel nostro paese nessuno viene arrestato per la sua ideologia o per l'etnia di origine, si va in carcere quando si commette un delitto".
Le parole della Bachelet suonano come un atto dovuto anche se la memoria mapuche trabocca di storie di arresti e detenzioni politiche.
In questa manifestazione i carabineros hanno usato la forza sparando in aria e non solo, per cercare di sgomberare un'area che i Mapuche rivendicano. Durante questa operazione un carabinero ha sparato ad un indigeno alle spalle provocando la morte del giovane.
Dopo l'ennesima morte provocata dalla polizia ai danni dei manifestanti Mapuche la protesta è ricominciata con ancora più vigore e decisione.
La Presidenta, Michelle Bachelet, ha inviato una delegazione nella regione dove è accaduto l'omicidio per capire cosa sta accadendo e per capire cosa stanno producendo le politiche statali a favore delle popolazioni indigene.
La comunità indigena che si era riunita per il funerale del giovane Jaime Collio ha deciso che se la politica del governo non interrompe la svendita di regioni fondamentali per la cultura mapuche loro continueranno a manifestare ed arriveranno fino all'occupazione delle terre. Gli indigeni chiedono che lo Stato assegni a loro la gestione delle terre "ancestrali" oltre al blocco delle concessioni che sono state emesse a favore delle multinazionali che ne sfruttano le ricchezze.
Oltre alla morte di Collio i manifestanti protestano per l'arresto indiscriminato di alcuni loro leader, affermando che non hanno commesso nessun delitto e che sono stati arrestati solo perché sono Mapuche e che combattono contro le decisioni scellerate del governo; quindi si considerano prigionieri politici.
La presidenta Bachelet ha risposta a queste accuse affermando: "In Cile non ci sono prigionieri politici mapuche: nel nostro paese nessuno viene arrestato per la sua ideologia o per l'etnia di origine, si va in carcere quando si commette un delitto".
Le parole della Bachelet suonano come un atto dovuto anche se la memoria mapuche trabocca di storie di arresti e detenzioni politiche.
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