In Argentina all'inizio di settembre 2010 è entrata in vigore la legge sul riassetto dei media, voluta con molta forza dalla Presidenta Cristina Fernandez Kirchner e dal suo esecutivo ma avversata da tutti i grandi gruppi editoriali.
La legge limita il numero di frequenze, massimo 10, e di canali che posso essere controllate da soggetti privati e destina i due terzi delle frequenze alla stato ed alle parti sociali. Inoltre che possiede in un'area del paese una frequenza in chiaro non potrà nella stessa area possederne una via cavo.
L'opposizione parlamentare ed i grandi gruppi editoriali (Clarin che fino ad agosto controllava il 70% dei media argentini) hanno cercato in tutti i modi possibili di bloccare la legge, tutto questo perché la vecchia legge non regolamentava i settori del via cavo, del digitale e del satellitare.
Un esempio su tutti riguarda il Gruppo Clarin che ha concentrato 24 frequenze nazionali, è riuscita ad acquistare nel 2007 la principale emittente via cavo del paese (Cablevision).
Con il riassetto della Ley de Medios i gruppi editoriali che attualmente non rispettano i limiti imposti dalla legge hanno un anno di tempo per rientrare nei limiti, quindi nel settembre del 2011 in Argentina la proprietà dei media sarà divisa tra tre possibili soggetti: pubblico, privato e no profit.
I partiti di opposizione sono da sempre stati contro la riforma del settore perché sono convinti che con questa legge il Governo può mettere il bavaglio all'informazione o agli editori. Questa versione dei fatti è stata sconfessata da molti analisti internazionali che hanno studiato attentamente la Ley de Medios affermando che la legge attacca i monopoli mediatici e ne rende impossibile la riformazione, che assicura la pluralità e che rende accessibile il settore ad un numero più vasto di possibili editori.
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