Il nove luglio 2009 a San José in Costa Rica si è tenuto il primo dei colloqui separati di mediazione tra la delegazione del presidente golpista Micheletti ed il presidente legittimo Manuel Zelaya. A mediare tra le due delegazioni è Oscar Arias, Premio Nobel per la pace ed attuale presidente del Costa Rica.
Il presidente Zelaya chiede che i golpisti lascino le poltrone occupate impropriamente per far tornare la democrazia nel paese, mentre i golpisti accusano il legittimo presidente di essere un delinquente e di essersi macchiato di vari reati che però non hanno voluto specificare.
Poco prima che i negoziati iniziassero gli USA hanno stabilito la sospensione dei programmi di assistenza militare (17 milioni di dollari) per tutto il 2009 oltre ad iniziare le pratiche tecniche per bloccare gli aiuti per 250 milioni di dollari che dovevano essere erogati dall'autunno del 2009.
Oltre agli USA anche il Venezuela ha deciso di bloccare la fornitura di petrolio fino a che l'ordine costituzionale non sarà ristabilito perché "Petrocaribe non può trasferire i benefici a una dittatura".
Queste mosse da parte dei due più importanti partner commerciali dell'Honduras indeboliscono ancora di più la posizione del governo golpista e alimenta ancora di più lo scontento della popolazione che partecipa ogni giorno a nuove manifestazioni a favore di Zelaya.
Alla fine della prima giornata di colloqui il mediatore, Oscar Arias, ha affermato in conferenza stampa che le due parti non intendono cedere nelle loro posizioni e che queste, fra loro, sono molto distanti.
Ad alcuni giorni di distanza dai primi colloqui il presidente golpista Micheletti continua ad attaccare Zelaya affermando: "Rientrerà solo se si mette a disposizione dei giudici; se lo facesse potrebbe ottenere l'amnistia."
La risposta di Zelaya non si è fatta attendere ed ha lanciato questo ultimatum: "Se i golpisti, del governo illegittimo oltre che dittatoriale, dell'Honduras, continueranno a non riconoscere la Costituzione del paese e le risoluzioni dell'Organizzazione degli stati americani e dell'Onu, allora dovremo ritenere che il processo di mediazione è sulla strada del fallimento. Vogliamo dare un ultimatum al regime golpista negli incontri previsti questa settimana a San José: le risoluzioni adottate devono essere attuate”.
Il presidente Zelaya chiede che i golpisti lascino le poltrone occupate impropriamente per far tornare la democrazia nel paese, mentre i golpisti accusano il legittimo presidente di essere un delinquente e di essersi macchiato di vari reati che però non hanno voluto specificare.
Poco prima che i negoziati iniziassero gli USA hanno stabilito la sospensione dei programmi di assistenza militare (17 milioni di dollari) per tutto il 2009 oltre ad iniziare le pratiche tecniche per bloccare gli aiuti per 250 milioni di dollari che dovevano essere erogati dall'autunno del 2009.
Oltre agli USA anche il Venezuela ha deciso di bloccare la fornitura di petrolio fino a che l'ordine costituzionale non sarà ristabilito perché "Petrocaribe non può trasferire i benefici a una dittatura".
Queste mosse da parte dei due più importanti partner commerciali dell'Honduras indeboliscono ancora di più la posizione del governo golpista e alimenta ancora di più lo scontento della popolazione che partecipa ogni giorno a nuove manifestazioni a favore di Zelaya.
Alla fine della prima giornata di colloqui il mediatore, Oscar Arias, ha affermato in conferenza stampa che le due parti non intendono cedere nelle loro posizioni e che queste, fra loro, sono molto distanti.
Ad alcuni giorni di distanza dai primi colloqui il presidente golpista Micheletti continua ad attaccare Zelaya affermando: "Rientrerà solo se si mette a disposizione dei giudici; se lo facesse potrebbe ottenere l'amnistia."
La risposta di Zelaya non si è fatta attendere ed ha lanciato questo ultimatum: "Se i golpisti, del governo illegittimo oltre che dittatoriale, dell'Honduras, continueranno a non riconoscere la Costituzione del paese e le risoluzioni dell'Organizzazione degli stati americani e dell'Onu, allora dovremo ritenere che il processo di mediazione è sulla strada del fallimento. Vogliamo dare un ultimatum al regime golpista negli incontri previsti questa settimana a San José: le risoluzioni adottate devono essere attuate”.
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