venerdì 7 agosto 2009

Il golpe in Honduras/3

A distanza di una settimana dal golpe che lo ha destituito il presidente legittimo dell'Honduras, Manuel Zelaya, ha tentato di rientrare nel paese a bordo di un aereo venezuelano.
All'aeroporto di Tegucigalpa, l'aereo di Zelaya ha cercato di atterrare ma la sulla pista c'erano vari camion dell'esercito che bloccavano ogni tentativo di atterraggio; mentre all'esterno dell'aeroporto si erano radunati migliaia di manifestanti che sostengono il presidente deposto.
Zelaya durante il volo era in contatto con la redazione giornalistica di TeleSur a cui ,nei momenti concitati in cui i piloti cercavano di atterrare, ha dichiarato: "Ci minacciano. Dicono che ci mandano contro un aereo militare. Ci stanno ostacolando. Ora ci riuniremo con l'OEA per vedere come comportarci. Se potessi mi butterei dall'aereo. Non possiamo davvero atterrare. E' una barbarie quello che è successo contro la mia gente. Un gruppo armato che assalta il paese. Onu o altri devono intervenire. E' un movimento golpista senza componente sociale. E' un'elite che persegue il suo interesse con le armi. Va repressa. Il governo più forte, ossia gli Usa, potranno convivere con un golpista? Obama non può permetterlo. Sono un gruppo di mafiosi. Vogliono appropriarsi della ricchezza nazionale. Mi appello agli Usa che prendano misure immediate contro questo governo. Barbarie e terrore, ecco cosa sta accadendo. Dobbiamo pianificare nei giorni che vengono il mio ritorno in Honduras. Il popolo honduregno è capace di giudicare e si ribellerà contro un governo golpista, come sta già facendo. Questi golpisti lo manterranno nella miseria, senza permettergli partecipazione cittadina. Mi appello all'OEA"
Mentre il presidente si stava avvicinando alla capitale migliaia di manifestanti si accalcavano alle recinzione dell'aeroporto per salutare il rientro del loro presidente. La folla era in pacifica attesa quando i militari hanno iniziato la repressione con il lancio di gas lacrimogeni e spari sulla folla. Questo violento intervento dell'esercito ha un bilancio gravissimo denunciato per primo da TeleSur che ha contato due manifestanti uccisi.
Grazie a TeleSur ,che trasmetteva dall'interno della manifestazione, si è potuto assistere a ciò che stava accadendo con persone che cercavano di fuggire dalla repressione brutale delle forze dell'ordine. E' stata raccolta la testimonianza di un uomo che ha raccontato:"L'esercito ha massacrato un ragazzo di sedici anni. Lo hanno massacrato, sparandogli in testa".
Un'altra testimonianza dalla manifestazione racconta: "C'era molta sicurezza e inoltre c’era un buon servizio d’ordine formato da giovani studenti universitari e da attivisti dei movimenti. Poi alla fine, eravamo già arrivati circondando l’aeroporto pacificamente sono saltati i telefoni cellulari e ho visto in azione molti provocatori che invitavano soprattutto ragazzi ad invadere l’aeroporto, cosa che era stata esclusa dal primo momento. Avevano aperto vari passaggi nella rete di recinzione. Io ho iniziato a cercare la gente per portarla via. Ed è lì che c’è stata la carica più dura.”
Alcune ONG presenti in Honduras parlano di un Paese spaccato in due; da una parte i manifestanti che attendono il ritorno di Zelaya e dall'altra l'esercito e la polizia che cercano di reprimere le manifestazioni ed intimorire il popolo. Oltre a questa divisione ve ne è un'altra nel paese, i cui artefici sono i mezzi di informazione che non diffondono notizie su ciò che accade nella capitale Tegucigalpa.
Dopo il fallito rientro nel proprio paese il presidente deposto Zelaya ha tenuto, martedì 7 luglio, un incontro con il segretario di stato degli USA, Hillary Clinton, che ha continuato la strada tracciata dal presidente Obama con le seguenti dichiarazioni: "Gli Stati Uniti appoggiano il ritorno di Mel Zelaya in Honduras anche se questo si è fermamente opposto alle politiche nordamericane. Non appoggiamo Zelaya perché siamo d’accordo con lui. Lo appoggiamo in nome di un principio universale per il quale i popoli debbono poter eleggere i propri dirigenti, che ci piacciano o no. E dobbiamo riconoscere chiaramente: gli Stati Uniti non hanno sempre agito correttamente su questo punto ma il mio governo non cercherà di imporre governi ad altri paesi”
La Clinton nell'incontro con il deposto presidente honduregno ha accettato come mediatore il premio Nobel 1987, il costaricense Oscar Arias che era stato proposto dal gruppo dei paesi Latino Americani che avevano subito condannato il golpe.
Oltre all'appoggio all'azione di mediazione di Arias il governo USA ha condannato con forza le diplomatiche parole del Ministro degli Esteri del dittatore di Roberto Micheletti, Enrique Ortez, che ha affermato che "Quel negretto di Obama non sa neanche dov’è Tegucigalpa".

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