L'ultima grande manifestazione contro le multinazionali responsabili dei danni ambientali e delle fumigazioni che uccidono gli ecuadoriani si è svolta a Quito alla fine del novembre 2007. I manifestanti che ingrossavano e ingrossano le fila della protesta provengono dall'oriente dove si estrae petrolio, dal sud minerario, dalla costa e dalla dura serra sono vittime della fame di risorse delle multinazionali che, rispondendo solo al dio profitto, calpestano senza scrupoli migliaia di vite.
Le proteste sono dirette a tutte le compagnie straniere ed ecuadoriane che inquinano e distruggono la pachamama, madre terra.
Ogni manifestante ha la propria storia da raccontare e seppur ogni storia sia diversa tutte confluiscano in una forte e determinata coscienza che pretende il rispetto dei loro diritti da parte del governo che guida il paese.
Dai campesinos, che si fermano a parlare con i giornalisti, si sentono queste parole: "Sono un contadino del sud dell’Amazzonia e sono qui per ricordare al presidente Rafael Correa che mai ci arrenderemo al tragico destino a cui hanno condannato l’Ecuador: un pozzo di ricchezze da depredare, a scapito della gente, sfruttata e dimenticata". E poi anche "Questo governo sta facendo tanto per nazionalizzare le ricchezze, per ridiscutere i contratti con gli stranieri, per ridimensionarne l’influenza e per rilanciare l’economia del nostro piccolo paese – racconta un campesino di mezza eta’, timbro da leader e una gestualità che incanta -, ma sta facendo passare sotto silenzio l’intera protesta ambientale, che nasconde vere tragedie. Intere famiglie costrette a vivere in terreni avvelenati. Per non parlare dei corsi d’acqua. E come se non bastasse non rispettano nemmeno gli accordi su infrastrutture da costruire, scuole e centri di primo soccorso da garantire, o posti di lavoro da assicurare. E, dulcis in fundo, ci perseguitano se solo osiamo denunciare un tale scempio".
Un esempio di scempio che sta dilaniando il paese è OCP (Oleoducto Crudos Pesados) che dal settembre 2001 ha dato il via ai lavori per la costruzione dell'oleodotto ad opera di un consorzio formato dalle maggiori multinazionali del petrolio: Agip, Alberta, Occidental, Ypf, Perez Companc y Techint. Le zone interessate dall'estrazione petrolifera coinvolgono aree di foresta primaria amazzonica finora intatte e mettono a rischio la vita delle popolazioni locali.
Snodandosi fino alla costa pacifica, lungo aree naturali estremamente fragili e abitate anche da popolazioni indigene, ad alto rischio vulcanico, idrogeologico e sismico, l'oleodotto provocherà notevoli danni all'Ecuador, un paese già esposto in termini di debito estero a fronte di uno sviluppo locale praticamente inesistente.
Le manifestazioni contro le potenti multinazionali, che sfruttano barbaramente le risorse della paese ed i lavoratori, spesso sono interrotte e disperse dalla polizia ma la cosa ancor più grave è l'esistenza di squadre speciali della polizia o esercito che il governo ecuadoriano mette a disposizione delle multinazionali stesse per tutelare i loro interessi privati.
La commistione tra il potere economico delle lobby internazionali con la politica ecuadoriana forse è giunta alla fine dato che il nuovo governo sta approntando una nuova Costituzione. Questo governo guidato dal presidente Correa è stato votato dalle persone che manifestano e che sperano in lui per avere riconosciuti il diritto alla vita ed il rispetto dell'ambiente, ma la strada da percorrere per avere una politica giusta è ancora lunga. I campesinos puntualmente fanno sentire la loro voce anche se manganellati, dispersi dai fumogeni, colpiti da veri e propri proiettili, accusati dai media di essere terroristi e sabotatori. Loro rimangono sempre uniti a redarguire chi sbaglia ed adesso chi sta sbagliando li sta avvelenando, ma loro non smetteranno di gridare fino a che la politica non muterà direzione; che questa sia la volta buona?
Le proteste sono dirette a tutte le compagnie straniere ed ecuadoriane che inquinano e distruggono la pachamama, madre terra.
Ogni manifestante ha la propria storia da raccontare e seppur ogni storia sia diversa tutte confluiscano in una forte e determinata coscienza che pretende il rispetto dei loro diritti da parte del governo che guida il paese.
Dai campesinos, che si fermano a parlare con i giornalisti, si sentono queste parole: "Sono un contadino del sud dell’Amazzonia e sono qui per ricordare al presidente Rafael Correa che mai ci arrenderemo al tragico destino a cui hanno condannato l’Ecuador: un pozzo di ricchezze da depredare, a scapito della gente, sfruttata e dimenticata". E poi anche "Questo governo sta facendo tanto per nazionalizzare le ricchezze, per ridiscutere i contratti con gli stranieri, per ridimensionarne l’influenza e per rilanciare l’economia del nostro piccolo paese – racconta un campesino di mezza eta’, timbro da leader e una gestualità che incanta -, ma sta facendo passare sotto silenzio l’intera protesta ambientale, che nasconde vere tragedie. Intere famiglie costrette a vivere in terreni avvelenati. Per non parlare dei corsi d’acqua. E come se non bastasse non rispettano nemmeno gli accordi su infrastrutture da costruire, scuole e centri di primo soccorso da garantire, o posti di lavoro da assicurare. E, dulcis in fundo, ci perseguitano se solo osiamo denunciare un tale scempio".
Un esempio di scempio che sta dilaniando il paese è OCP (Oleoducto Crudos Pesados) che dal settembre 2001 ha dato il via ai lavori per la costruzione dell'oleodotto ad opera di un consorzio formato dalle maggiori multinazionali del petrolio: Agip, Alberta, Occidental, Ypf, Perez Companc y Techint. Le zone interessate dall'estrazione petrolifera coinvolgono aree di foresta primaria amazzonica finora intatte e mettono a rischio la vita delle popolazioni locali.
Snodandosi fino alla costa pacifica, lungo aree naturali estremamente fragili e abitate anche da popolazioni indigene, ad alto rischio vulcanico, idrogeologico e sismico, l'oleodotto provocherà notevoli danni all'Ecuador, un paese già esposto in termini di debito estero a fronte di uno sviluppo locale praticamente inesistente.
Le manifestazioni contro le potenti multinazionali, che sfruttano barbaramente le risorse della paese ed i lavoratori, spesso sono interrotte e disperse dalla polizia ma la cosa ancor più grave è l'esistenza di squadre speciali della polizia o esercito che il governo ecuadoriano mette a disposizione delle multinazionali stesse per tutelare i loro interessi privati.
La commistione tra il potere economico delle lobby internazionali con la politica ecuadoriana forse è giunta alla fine dato che il nuovo governo sta approntando una nuova Costituzione. Questo governo guidato dal presidente Correa è stato votato dalle persone che manifestano e che sperano in lui per avere riconosciuti il diritto alla vita ed il rispetto dell'ambiente, ma la strada da percorrere per avere una politica giusta è ancora lunga. I campesinos puntualmente fanno sentire la loro voce anche se manganellati, dispersi dai fumogeni, colpiti da veri e propri proiettili, accusati dai media di essere terroristi e sabotatori. Loro rimangono sempre uniti a redarguire chi sbaglia ed adesso chi sta sbagliando li sta avvelenando, ma loro non smetteranno di gridare fino a che la politica non muterà direzione; che questa sia la volta buona?
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