Domenica 2 dicembre si è svolto in Venezuela il referendum per la modifica della costituzione appoggiata dal presidente Chavez e dal suo governo.
Le modifiche costituzionali proposte al referendum riguardavano molti articoli; si vorrebbe distribuire terreni che i latifondisti non usano a contadini senza terra ed alle cooperative, controllare i prezzi di alcuni generi di largo consumo per bloccare le speculazioni, ridurre l'orario di lavoro a 6 ore il giorno con la garanzia di un minimo salariale ed infine non limitare il numero massimo di incarichi presidenziali.
La giornata elettorale si è svolta nella massima tranquillità smentendo le preoccupazioni del governo di Bush che sperava negli scontri tra il fonte del Si e del No ma anche nei brogli per avere il pretesto di continuare o di inasprire l'attacco mediatico, già ad oggi molto violento, verso il governo Chavez.
I media venezuelani ed internazionali, che da sempre si oppongono a Chavez, ultimamente hanno aumentato la campagna di disinformazione, per paura della vittoria del fronte del SI; lo hanno accusato di manipolare il risultato referendario, di uccidere la libertà in Venezuela, di minacciare la proprietà privata, di chiudere le TV non allineate al governo, di essere solo un populista feroce, di essere una minaccia per il mondo, di essere maleducato col re di Spagna, e infine di essere un dittatore.
I media si scagliano contro la sua politica descrivendo un paese in rivolta con morti e feriti nelle strade, miseria, violenza; chi ha la possibilità fugge mentre la Chiesa prega per un miracolo che salvi la democrazia. Chavez alcuni giorni prima del referendum, per paura di ingerenze nel voto e dei brogli che potevano essere pilotati dall'estero e soprattutto dagli USA, ha minacciato il taglio dei rifornimenti petroliferi agli Stati Uniti se la volontà del popolo è l'integrità nazionale fosse stata messa in discussione o osteggiata.
Domenica, a tarda sera, il Consiglio Nazionale Elettorale ha reso pubblici i risultati delle votazioni. Il NO ha vinto con un 50,7% delle preferenze quindi con uno scarto di 125.000 voti; l'affluenza è stata del 56%, l'astensionismo è arrivato al 45% ed è dato molto importatane da tenere in considerazione.
Il presidente Chavez ha accettato la sconfitta nel referendum ma può rallegrarsi della maturità politica del popolo Venezuelano e del clima tranquillo e disteso in cui si è votato.
Chavez ha perso la battaglia sulla costituzione ma grazie a questo referendum, che ha portato in Venezuela gli osservatori super partes del Onu, ha dimostrato che il paese non è allo sbando o infiammato dalle rivolte che la lobby della disinformazione descriveva.
Non è un paese diviso come già hanno iniziato a descriverlo, dato l'esito del voto che ha portato il fronte del NO alla vittoria con poco scarto, si è trattato di un referendum in cui il popolo ha espresso il proprio parere su alcune riforme e non come si vuol far credere che la sconfitta referendaria significhi l'automatica richiesta di dimissioni del presidente.
Con il No alla modifica della costituzione del 2 dicembre si apre un interrogativo interessante; la politica bolivariana, sia sociale che regionale, ha due terzi di elettori ma la modifica a stato socialista perde una buona fetta di elettori in gran parte nell'area socialdemocratica del movimento che sta alle spalle di Chavez; questo significa che la "rivoluzione" bolivariana con la confitta nel referendum ha trovato il limite massimo oltre il quale non si può spingere?
Nel discorso che Chavez ha tenuto dopo la pubblicazione dei dati il presidente afferma che "in una situazione di sostanziale pareggio è preferibile aver perso piuttosto che aver dovuto sostenere e gestire una vittoria così importante con un margine così stretto".
In Venezuela non si votava per le elezioni presidenziali con la relativa scadenza del mandato del vincitore ma di un radicale cambiamento di uno stato. Con il 51% dei voti un ipotetico presidente ed il relativo governo si devono insediare mentre la trasformazione di uno stato così profonda non può avvenire con una manciata di voti di differenza.
Le accuse a Chavez di essere un dittatore si sbriciolano come enormi castelli di sabbia al vento dato che la Commissione Elettorale venezuelana ratifica la vittoria del NO seppur con un piccolo margine senza nessuna pressione. Quindi la censura e la relativa mancanza di libertà nei mezzi di informazione, tanto sbandierate dai media occidentali, non esistono, così come non esiste la dittatura ed il relativo regime.
Adesso vorrei che mi si mostrassero i fatti, dato che il vero giornalismo è basato su fatti concreti e riscontrabili e non su illazioni come la propaganda ci insegna, per cui lo Stato venezuelano è governato da un dittatore!
Il Venezuela di oggi è una democrazia che in occidente ci sogniamo e forse, almeno in Italia, non avremo mai dato che la spinta dal "basso" si è fermata alle primarie con candidati predefiniti oppure alla trasformazione di uno slogan calcistico con uno più altisonante slogan che porta la libertà solo a chi comanda ed non al popolo.
Le modifiche costituzionali proposte al referendum riguardavano molti articoli; si vorrebbe distribuire terreni che i latifondisti non usano a contadini senza terra ed alle cooperative, controllare i prezzi di alcuni generi di largo consumo per bloccare le speculazioni, ridurre l'orario di lavoro a 6 ore il giorno con la garanzia di un minimo salariale ed infine non limitare il numero massimo di incarichi presidenziali.
La giornata elettorale si è svolta nella massima tranquillità smentendo le preoccupazioni del governo di Bush che sperava negli scontri tra il fonte del Si e del No ma anche nei brogli per avere il pretesto di continuare o di inasprire l'attacco mediatico, già ad oggi molto violento, verso il governo Chavez.
I media venezuelani ed internazionali, che da sempre si oppongono a Chavez, ultimamente hanno aumentato la campagna di disinformazione, per paura della vittoria del fronte del SI; lo hanno accusato di manipolare il risultato referendario, di uccidere la libertà in Venezuela, di minacciare la proprietà privata, di chiudere le TV non allineate al governo, di essere solo un populista feroce, di essere una minaccia per il mondo, di essere maleducato col re di Spagna, e infine di essere un dittatore.
I media si scagliano contro la sua politica descrivendo un paese in rivolta con morti e feriti nelle strade, miseria, violenza; chi ha la possibilità fugge mentre la Chiesa prega per un miracolo che salvi la democrazia. Chavez alcuni giorni prima del referendum, per paura di ingerenze nel voto e dei brogli che potevano essere pilotati dall'estero e soprattutto dagli USA, ha minacciato il taglio dei rifornimenti petroliferi agli Stati Uniti se la volontà del popolo è l'integrità nazionale fosse stata messa in discussione o osteggiata.
Domenica, a tarda sera, il Consiglio Nazionale Elettorale ha reso pubblici i risultati delle votazioni. Il NO ha vinto con un 50,7% delle preferenze quindi con uno scarto di 125.000 voti; l'affluenza è stata del 56%, l'astensionismo è arrivato al 45% ed è dato molto importatane da tenere in considerazione.
Il presidente Chavez ha accettato la sconfitta nel referendum ma può rallegrarsi della maturità politica del popolo Venezuelano e del clima tranquillo e disteso in cui si è votato.
Chavez ha perso la battaglia sulla costituzione ma grazie a questo referendum, che ha portato in Venezuela gli osservatori super partes del Onu, ha dimostrato che il paese non è allo sbando o infiammato dalle rivolte che la lobby della disinformazione descriveva.
Non è un paese diviso come già hanno iniziato a descriverlo, dato l'esito del voto che ha portato il fronte del NO alla vittoria con poco scarto, si è trattato di un referendum in cui il popolo ha espresso il proprio parere su alcune riforme e non come si vuol far credere che la sconfitta referendaria significhi l'automatica richiesta di dimissioni del presidente.
Con il No alla modifica della costituzione del 2 dicembre si apre un interrogativo interessante; la politica bolivariana, sia sociale che regionale, ha due terzi di elettori ma la modifica a stato socialista perde una buona fetta di elettori in gran parte nell'area socialdemocratica del movimento che sta alle spalle di Chavez; questo significa che la "rivoluzione" bolivariana con la confitta nel referendum ha trovato il limite massimo oltre il quale non si può spingere?
Nel discorso che Chavez ha tenuto dopo la pubblicazione dei dati il presidente afferma che "in una situazione di sostanziale pareggio è preferibile aver perso piuttosto che aver dovuto sostenere e gestire una vittoria così importante con un margine così stretto".
In Venezuela non si votava per le elezioni presidenziali con la relativa scadenza del mandato del vincitore ma di un radicale cambiamento di uno stato. Con il 51% dei voti un ipotetico presidente ed il relativo governo si devono insediare mentre la trasformazione di uno stato così profonda non può avvenire con una manciata di voti di differenza.
Le accuse a Chavez di essere un dittatore si sbriciolano come enormi castelli di sabbia al vento dato che la Commissione Elettorale venezuelana ratifica la vittoria del NO seppur con un piccolo margine senza nessuna pressione. Quindi la censura e la relativa mancanza di libertà nei mezzi di informazione, tanto sbandierate dai media occidentali, non esistono, così come non esiste la dittatura ed il relativo regime.
Adesso vorrei che mi si mostrassero i fatti, dato che il vero giornalismo è basato su fatti concreti e riscontrabili e non su illazioni come la propaganda ci insegna, per cui lo Stato venezuelano è governato da un dittatore!
Il Venezuela di oggi è una democrazia che in occidente ci sogniamo e forse, almeno in Italia, non avremo mai dato che la spinta dal "basso" si è fermata alle primarie con candidati predefiniti oppure alla trasformazione di uno slogan calcistico con uno più altisonante slogan che porta la libertà solo a chi comanda ed non al popolo.
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