mercoledì 22 maggio 2013

Ecuador: il Governo ignora la Costituzione


La protesta dei popoli indigeni e delle associazioni in Ecuador e sempre più osteggiata dal Governo del presidente Rafael Correa; nell'ultima manifestazione, del 21 marzo 2013, per difendere l'accesso alle risorse idriche tre rappresentanti delle comunità del Tarqui, che da molti anni si oppongono alle concessioni mineraria nell'area di Kimsacocha, stati condotti in carcere.
Carlos Pérez, Federico Guzmán e Efraín Arpi sono stati arrestati durante la manifestazione, pacifica, 
e condannati a un anno di detenzione dal Tribunale di Cuenca che ha poi ridotto la pena ad otto giorni perché, secondo la corte, "protestare per il diritto all'acqua è una lotta altruista".
Mentre nei primi giorni di aprile del 2013 sono stati arrestati, sempre per "sabotaggio", "terrorismo" e "blocco della circolazione", dieci attivisti di sinistra conosciuti come i "dieci di Luluncoto" (perché provenienti dal barrio dove sono stati catturati, a sud di Quito) per "punire" la loro partecipazione attiva ai movimenti per la tutela dell’acqua pubblica e contro lo sfruttamento delle risorse minerarie.

I fermi a cui sono sottoposti i rappresentanti delle associazioni e degli indio arresti sono arbitrari e senza fondamento; i fermati vengono fantasiosamente accusati di atti di "sabotaggio", di "terrorismo" e di blocco della circolazione (se un cittadino vine dichiarato colpevole di obstrución ilegal de vías in Ecuador rischia fino a 3 anni di carcere) durante le manifestazioni in cui non si è mai verificato uno scontro con le forze di polizia. A tutto ciò si aggiunge il fatto di aver ritirato loro il passaporto e quindi gli viene impedito di recarsi agli incontri dei popoli indio che si svolgono in tutto il Sud America.

Le associazioni rivendicano il loro diritto a manifestare pacificamente affermando che lo Stato deve garantirgli questo diritto oltre a mantenere l’ordine pubblico qualora ci fossero incidenti (ad oggi mai verificati).
I movimenti indio e le associazioni denunciano che in Ecuador non è mai stato effettuato un referendum per convalidare la Ley de Aguas; il referendum fu chiesto a gran voce nel maggio 2010 con La Marcha de la Pachamama y el Agua, indetta dal Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador), per sensibilizzare il paese sul fatto che l’acqua era esclusivamente nelle mani delle multinazionali e che l'accesso a questo bene fondamentale e per la popolazione era difficile e costoso. 
Inoltre l’estrazione di oro, argento e rame contamina le faglie ed i corsi d'acqua riducendo così la possibilità di approvvigionamento delle popolazioni.

Quello che colpisce è l'accanimento con cui lo stato ecuadoriano persegue e gli attivisti impegnati a difendere i diritti umani e ambientali; il tutto appare ancora più assurdo se si pensa che la stessa Costituzione del Ecuador stabilisce il diritto fondamentale all'acqua  alla sovranità alimentare, e riconoscere il diritto alla resistenza di fronte a decisioni prese dallo stato che violano i diritti costituzionali dei suoi abitanti. 

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